“È veramente buio su tutta la terra, ma ci abbandoniamo a te o Signore”
"Tutto ciò che accade - precisa monsignor Valentinetti - non è volontà di Dio, ma attraverso ciò che accade – come diceva Dietrich Bonhoeffer (teologo) – “noi possiamo capire i segni e le tracce di ciò che Dio vuole dire oggi alla nostra vita e alla nostra storia”

In una Cattedrale di San Cetteo senza popolo, viste le restrizioni alla socialità imposte dagli ultimi decreti governativi per limitare il contagio da Coronavirus Covid-19, stamani l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti ha aperto le celebrazioni della Settimana santa con la santa messa della Domenica delle palme trasmessa in diretta, dalle 10, su Rete 8 e Radio Speranza Inblu.
Una liturgia solenne, durante la quale è stato accompagnato sull’altare dal solo concelebrante, il vicario generale e parroco di San Cetteo monsignor Francesco Santuccione, e dal servizio liturgico. Dopo la benedizione iniziale delle palme e la liturgia della Parola, il presule ha così pronunciato l’omelia partendo dalla seconda lettura, ovvero la lettera di San Paolo apostolo ai filippesi: «“Cristo Gesù – cita –, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso assumendo la condizione di servo”. La pagina del Vangelo dell’ingresso a Gerusalemme, che abbiamo ascoltato all’inizio della celebrazione, poteva far capire come il popolo d’Israele, il popolo di Gerusalemme, aveva riconosciuto Gesù come il Messia, il Salvatore. “Osanna al Figlio di Davide, benedetto colui che viene nel nome del Signore”. E le folle stendevano mantelli e rami di palme sulla strada per onorare il Re d’Israele, per onorare il Messia, l’atteso dalle genti. Ma in realtà, questa scelta fu molto particolare. Gesù non sceglie i segni della potenza, della forza, ma sceglie di cavalcare un puledro figlio di un’asina per sottolineare ancora una volta che sì quel figlio di Dio era entrato nel mondo, ma era entrato nel mistero dell’umiliazione, della povertà, del silenzio. Dalla grotta di Betlemme parte questo messaggio di piccolezza che, sicuramente, accompagna Gesù per tutti i giorni della sua vita. Del resto, così come abbiamo ascoltato dal Vangelo, anche quando viene tentato (le ultime tentazioni sotto la croce) di esercitare il suo potere, la sua potenza, Gesù rifiuta “Sei il figlio di Dio, scendi dalla croce e crederemo in te. Hai salvato gli altri, salva te stesso e anche noi”. Ma Gesù è umile re mansueto, agnello condotto al macello, umile con gli umili, povero con i poveri, solo con i soli, abbandonato con gli abbandonati. Ancora una volta si ripete il mistero di questo essere di natura divina, ma l’essersi spogliato della prerogativa divina per assumere la condizione di servo e diventare simile agli uomini».
A questo punto, l’arcivescovo Valentinetti si è così interrogato su quale sia il vero potere: «È quella della forza? Della supremazia con gli altri? Stiamo assistendo in questi giorni a come i potenti di questo mondo sembrano impossibilitati, incapaci di reagire di fronte a un nemico (il Coronavirus) che è stato imprevisto, arrivando all’improvviso. Fabbrichino pure le armi i potenti di questo mondo, ma che cosa faranno con quelle armi contro un nemico invisibile? Preparino pure gli strumenti di morte per odiarsi a vicenda, ma che cosa faranno con quegli strumenti di morte quando questa viene seminata da una malattia invisibile, che continua a rapire il cuore, la mente, il corpo e l’esperienza di tanta umanità? È veramente buio su tutta la terra! Così come la pagina del Vangelo ci ha detto “Dall’ora sesta all’ora nona si fece buio su tutta la terra”, ma che quel buio non rimanga per sempre. La nostra speranza e la nostra fiducia oggi è “Ci abbandoniamo a Te o Signore, così come Tu o Gesù ti sei abbandonato nelle mani del Padre, così come Tu hai rimesso tutto dentro la Sua vita”. Certo, tutto ciò che accade non è volontà di Dio, ma attraverso ciò che accade – come diceva Dietrich Bonhoeffer (teologo) – “noi possiamo capire i segni e le tracce di ciò che Dio vuole dire oggi alla nostra vita e alla nostra storia”».
Infine, l’arcivescovo di Pescara-Penne ha rivolto un’esortazione ai fedeli sintonizzati alla televisione: «Sentiamoci ancora una volta – conclude – raccolti in una preghiera unanime, seppur distante. Accogliamo la benedizione, seppur distante, del ramoscello d’ulivo perché continui ad essere benedizione, forza e preghiera per ciascuno di noi».