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“Per uscire dalla pandemia occorre curarsi e curarci a vicenda”

"Qual è l’antidoto per non prendersi cura della casa comune? - s'interroga il Papa - La contemplazione. Senza contemplazione, è facile cadere in un antropocentrismo squilibrato e superbo, l’io al centro di tutto, che sovradimensiona il nostro ruolo di esseri umani, posizionandoci come dominatori assoluti di tutte le altre creature"

Lo ha affermato oggi Papa Francesco nella catechesi dell’udienza generale

Papa Francesco arriva all'udienza generale - Ph: Cristian Gennari

Nella catechesi pronunciata oggi, nel corso dell’udienza generale che si è svolta oggi nel Cortile di San Damaso davanti a 500 fedeli, Papa Francesco ha esordito utilizzando il termine spagnolo “cuidadores” per fare riferimento a coloro che si prendono cura dei malati: «Svolgono un ruolo essenziale nella società di oggi – sottolinea il Papa -, anche se spesso non ricevono il riconoscimento e la rimunerazione che meritano. Per uscire da una pandemia, occorre curarsi e curarci a vicenda. E bisogna sostenere chi si prende cura dei più deboli, dei malati e degli anziani. C’è l’abitudine di lasciare da parte gli anziani, di abbandonarli, è brutto questo. Il prendersi cura è una regola d’oro del nostro essere umani, e porta con sé salute e speranza. Prendersi cura di chi è malato, di chi è lasciato da parte, è una cura umana, e anche cristiana».

Quindi il Pontefice ha ripreso l’enciclica Laudato si’: «Tutte le forme di vita sono interconnesse – afferma -, e la nostra salute dipende da quella degli ecosistemi che Dio ha creato e di cui ci ha incaricato di prenderci cura. Abusarne, invece, è un peccato grave che danneggia e che fa male, e che fa ammalare. Il migliore antidoto contro questo uso improprio della nostra casa comune è la contemplazione. Quando non si impara a fermarsi ad ammirare e apprezzare il bello, non è strano che ogni cosa si trasformi in oggetto di uso e abuso senza scrupoli, anche in un oggetto usa e getta. Ma come mai, non c’è un vaccino per questo, per la cura casa comune? Qual è l’antidoto per non prendersi cura della casa comune? La contemplazione. Senza contemplazione, è facile cadere in un antropocentrismo squilibrato e superbo, l’io al centro di tutto, che sovradimensiona il nostro ruolo di esseri umani, posizionandoci come dominatori assoluti di tutte le altre creature». È questa la convinzione del Santo Padre, il quale ha osservato che «una interpretazione distorta dei testi biblici sulla creazione ha contribuito a questo sguardo sbagliato, che porta a sfruttare la terra fino a soffocarla. Sfruttare il creato, questo è il peccato. Crediamo di essere al centro, pretendendo di occupare il posto di Dio; e così roviniamo l’armonia del disegno di Dio».

Questo il monito del Papa: «Diventiamo predatori, dimenticando la nostra vocazione di custodi della vita – avverte -. La nostra casa comune, il creato, non è una mera risorsa. Le creature hanno un valore in sé stesse e riflettono, ognuna a suo modo, un raggio dell’infinita sapienza e bontà di Dio. Questo valore e questo raggio di luce divina va scoperto e, per scoprirlo, abbiamo bisogno di fare silenzio, abbiamo bisogno di ascoltare, abbiamo bisogno di e contemplare. La contemplazione guarisce l’anima».

Quindi Papa Bergoglio ha approfondito il tema dell’ecosostenibilità: «Possiamo e dobbiamo lavorare la terra per vivere e svilupparci – precisa -, ma il lavoro non è sinonimo di sfruttamento, ed è sempre accompagnato dalla cura. Arare e proteggere, lavorare e prendersi cura… Questa è la nostra missione. Non possiamo pretendere di continuare a crescere a livello materiale, senza prenderci cura della casa comune che ci accoglie. I nostri fratelli più poveri e la nostra madre terra gemono per il danno e l’ingiustizia che abbiamo provocato, e reclamano un’altra rotta, reclamano da noi una conversione, un cambio di strada: prendersi cura anche della terra, del creato».

L’udienza generale nel Cortile di San Damaso

Da qui l’ulteriore appello del Papa a recuperare la dimensione contemplativa: «Cioè – approfondisce – guardare il creato come un dono, non come una cosa da sfruttare a mio profitto. Quando contempliamo, scopriamo negli altri e nella natura qualcosa di molto più grande della loro utilità. È qui il nocciolo del problema. Contemplare è andare oltre l’utilità della cosa. Contemplare il bello non vuol dire sfruttarlo, è gratuito. Contemplare, inoltre, è scoprire il valore intrinseco delle cose conferito loro da Dio. Come hanno insegnato tanti maestri spirituali, il cielo, la terra, il mare, ogni creatura possiede questa capacità iconica, questa capacità mistica di riportarci al Creatore e alla comunione con il creato. L’esempio ripreso da Papa Francesco è quello di Sant’Ignazio di Loyola che, alla fine dei suoi Esercizi spirituali, invita a compiere la “contemplazione per giungere all’amore”: «Cioè – spiega Francesco – a considerare come Dio guarda le sue creature e gioire con loro; a scoprire la presenza di Dio nelle sue creature e, con libertà e grazia, amarle e prendersene cura».

E a detta del Pontefice, infine, c’è ancora una cosa che non bisogna dimenticare: «Chi non sa contemplare la natura, il creato – sottolinea -, non sa contemplare le persone nelle proprie ricchezze». Questo per spiegare come, ancora una volta, la contemplazione rappresenti l’esatto opposto dello sfruttamento: «Chi vive per sfruttare la natura – ammonisce Papa Francesco – finisce per sfruttare la gente e trattarla come schiava. Questa è una legge universale. Se tu non sai contemplare la natura, sarà molto difficile che saprai contemplare la gente, la bellezza delle persone, il fratello, la sorella, tutti noi. Chi sa contemplare, più facilmente si metterà all’opera per cambiare ciò che produce degrado e danni alla salute. Si impegnerà a educare e promuovere nuove abitudini di produzione e consumo, a contribuire ad un nuovo modello di crescita economica che garantisca il rispetto per la casa comune e il rispetto per le persone. Il contemplativo in azione tende a diventare custode dell’ambiente – è bello questo, ognuno di noi deve esser custode dell’ambiente, della purità dell’ambiente – cercando di coniugare saperi ancestrali di culture millenarie con le nuove conoscenze tecniche, affinché il nostro stile di vita sia sempre sostenibile».

Così il Pontefice ha messo in primo piano due atteggiamenti: «Contemplare e prendersi cura – ribadisce – mostrano la via per correggere e riequilibrare il nostro rapporto di esseri umani con il creato. Tante volte il nostro rapporto col creato sembra essere un rapporto di nemici. Distruggere il creato a mio profitto, sfruttare il creato a mio profitto. Non dimentichiamo che questo si paga caro. Non dimentichiamo quel detto spagnolo: Dio perdona sempre, noi perdoniamo delle volte, la natura non perdona mai». Infine un riferimento fuori testo: «Oggi leggevo sul giornale di quei due grandi ghiacciai dell’Antartide, che stanno per cadere – racconta il Papa ai fedeli -. Sarà terribile, perché il livello del mare crescerà e questo porterà tante difficoltà e tanto male. E perché? Per il riscaldamento, per non curare l’ambiente, non curare la casa comune». In chiusura la proposta del Papa: «Quando abbiamo questo rapporto fraternale con il creato – conclude – diventeremo custodi della casa comune, custodi della vita e della speranza». E l’esortazione ad essere persone che «custodiscono il patrimonio che Dio ci ha affidato, affinché possano goderne le generazioni future».

About Davide De Amicis (3928 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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