Caritas: “Nuovi poveri aumentati dal 31% al 45% in un anno”
"Un incremento - secondo Caritas italiana - sicuramente sottostimato e molto diverso dal passato, quando la povertà era sempre più cronica, multidimensionale, legata a vissuti complessi"
Da un anno all’altro l’incidenza dei “nuovi poveri” che si rivolgono ai centri di ascolto diocesani e parrocchiali della Caritas è passata dal 31% al 45%. Quasi una persona su due lo fa per la prima volta. In tre mesi (marzo-maggio) la rete Caritas ha registrato un forte incremento del numero di persone sostenute a livello diocesano e parrocchiale: circa 450 mila persone. Sono aumentate le donne, più fragili e svantaggiate sul piano occupazionale, e gli italiani (52% rispetto al 47,9 % dello scorso anno). Sono gli effetti economici e sociali della pandemia individuati dal Rapporto 2020 su povertà ed esclusione sociale in Italia di Caritas italiana, intitolato “Gli anticorpi della solidarietà”, pubblicato ieri in occasione della Giornata mondiale di contrasto alla povertà. Un incremento, secondo Caritas italiana, «sicuramente sottostimato e molto diverso dal passato, quando la povertà era sempre più cronica, multidimensionale, legata a vissuti complessi». Lo scenario italiano nel quale le Caritas operano registra nel secondo trimestre del 2020 una marcata flessione del Pil, un calo di 841mila occupati rispetto al 2019 e l’aumento degli inattivi: «Sembra dunque profilarsi il tempo di una grave recessione economica – osservano i curatori del Rapporto – che diventa terreno fertile per la nascita di nuove forme di povertà, proprio come avvenuto dopo la crisi del 2008».
Aumenta il peso delle famiglie con minori, delle donne, dei giovani, dei nuclei di italiani e delle persone in età lavorativa; cala di contro la grave marginalità. A fare la differenza rispetto al 2008 è il punto di partenza: nell’Italia del pre-pandemia (2019) il numero di poveri assoluti è più che doppio rispetto al 2007. Una crisi che, secondo i dati pubblicati da Banca d’Italia, nei mesi di aprile e maggio, ha provocato una riduzione di reddito per la metà delle famiglie italiane, anche tenendo conto degli eventuali strumenti di sostegno ricevuti; per il 15% del campione il calo è di oltre la metà del reddito complessivo. In base ai dati raccolti, quasi l’80% dei lavoratori indipendenti che si sono rivolti ai centri di ascolto della Caritas durante il lockdown ha subito un calo nel reddito e per il 36% la caduta è di oltre la metà del reddito familiare. In 136 diocesi italiane sono stati quindi attivati fondi dedicati ai lavoratori per sostenere le spese più urgenti (affitto, rate del mutuo, utenze, acquisti utili alla ripartenza dell’attività, ecc.). In totale sono stati 2.073 i piccoli commercianti e lavoratori autonomi accompagnati in questo periodo. Il mondo del lavoro, duramente colpito dalla chiusura delle attività durante il lockdown, ha infatti inciso decisamente sull’attività dei Centri di ascolto diocesani e parrocchiali. In estate, con la riapertura dei centri di ascolto “in presenza” il 54% delle Caritas diocesane ha registrato segnali di miglioramento rispetto alla primavera, con un calo del numero degli assistiti: la media per diocesi è scesa da 2.990 persone (del periodo marzo-maggio) a circa 1.200.
In linea con il dato generale, cala anche il numero medio dei nuovi ascolti, scesi da 868 a 305 per diocesi. Anche se da maggio a settembre sono aumentate del 12,7% le persone seguite rispetto al 2019. Il peso della situazione di eccezionalità viene però ancora avvertito: per il 54% delle Caritas diocesane le richieste di aiuto registrate in estate sono ancora riconducibili all’emergenza Covid-19. Inoltre, il 43% delle Caritas ha valutato come positivo l’impatto del Reddito di emergenza per le persone e le famiglie prive di altri ammortizzatori sociali. L’83% delle diocesi si è messo infatti a disposizione per aiutare le persone ad accedere ai sostegni pubblici prevfisti dal Decreto “Cura Italia” e “Decreto Rilancio”. Da un’indagine condotta su un campione di 756 nuclei beneficiari dei servizi Caritas nei mesi di giugno-luglio 2020, il Rem (Reddito di emergenza) è risultata la misura più richiesta (26,3%), ma con un tasso di accettazione delle domande più basso (30,2%) rispetto alla indennità per lavoratori domestici (61,9%), al bonus per i lavoratori stagionali (58,3%) e al bonus per i lavoratori flessibili (53,8%). Il Rem è stato fruito prevalentemente da nuclei composti da adulti over 50, soprattutto single e monogenitori con figli maggiorenni, con un reddito fino a 800 euro e bassi tassi di attività lavorativa. (32,5%) all’interno dello stesso campione intervistato: nuclei a reddito molto basso (49,7%), single (45,3%) e coppie senza figli (43,7%), prevalentemente anziani (42,2%). Questo dice che, tra le due misure, «rispetto alle caratteristiche dei beneficiari, vi sia sovrapposizione piuttosto che compensazione».
In un focus group specifico sulle misure emergenziali è emerso, tra l’altro, che le misure sono state «attivate con lentezza e ottenute con ritardo», con «poca chiarezza sugli strumenti» ed il «paradosso di misure emergenziali che creano esclusione, favorendo chi è già inserito nel sistema di welfare e scoraggiando o sfavorendo gli esterni». E la Caritas si è anche chiesta quale sarà il futuro che ci aspetta sul fronte delle povertà? Quello che il Covid-19 ha dimostrato è «il carattere mutevole della povertà. Stiamo ora entrando in una nuova fase nel nostro Paese». A tal proposito, il Rapporto 2020 su povertà ed esclusione sociale in Italia di Caritas italiana elenca alcune ipotesi: il Reddito di cittadinanza protegge chi è incluso, «ma gli esclusi vedranno peggiorare la loro situazione in una situazione in cui le possibilità di ripresa economica hanno prospettive lunghe».
I lavoratori autonomi saranno più esposti al rischio povertà per la mancanza di lavoro, «considerata l’assenza di un regime di tutela stabile in loro favore». Ci saranno molte oscillazioni cosiddette “dentro-fuori” per chi è a ridosso della soglia di povertà. I minori subiranno un “doppio colpo”: le difficoltà del presente (minori in famiglie povere e intermittenza dei percorsi di istruzione) e il futuro messo a rischio dalla «difficoltà di uscire dalla condizione di povertà e l’incertezza di percorsi di istruzione solidi, stabili, duraturi». Di fronte a questa situazione “inedita”, Caritas italiana propone nuovi strumenti di analisi e di intervento. In particolare, chiede di «mettere in relazione i dati sulla povertà (assoluta e relativa) con dati sui percettori delle misure di contrasto; realizzare analisi di lungo periodo per monitorare come cambiano le condizioni di vita delle persone in povertà e se e come su di esse incidano le misure pubbliche; concepire le misure nazionali di contrasto alla povertà come un work in progress», ossia periodicamente “aggiustate” per meglio rispondere alle trasformazioni in corso e affrontare l’incertezza.
Ma in questa difficile situazione economica nel bel mezzo di una pandemia, c’è stato anche un aspetto positivo, la solidarietà. Sono infatti nate moltissime iniziative a sostegno dei più fragili (da parte di aziende, enti, negozi, supermercati, famiglie, singoli cittadini) e molte sono state attivate in coordinamento con altre realtà del territorio, di natura ecclesiale, laica ed istituzionale. Accanto all’impegno degli operatori Caritas, prezioso è stato l’apporto dei volontari, molti dei quali giovani, in sostituzione delle persone over 65 rimaste a casa durante il lockdown. Dai dati forniti da 153 Caritas diocesane (il 70,1% del totale), il numero di volontari risulta pari a 62.186 (in media circa 406 a diocesi); di questi 19.087 sono gli over 65 che si sono dovuti fermare per ragioni di sicurezza sanitaria e 5.339 le nuove leve (under 34). Purtroppo anche tra gli operatori e i volontari non sono mancati contagi e vittime da Covid-19: il monitoraggio di giugno rileva 179 casi di infezione e venti persone decedute.