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“Dio si è fatto “carne” per dirci che ci ama nelle nostre fragilità”

"Non sappiamo che cosa ci riserverà il 2021 - ricorda Papa Francesco -, ma ciò che ognuno di noi e tutti insieme possiamo fare è di impegnarci un po’ di più a prenderci cura gli uni degli altri e del creato, la nostra casa comune"

Lo ha ricordato oggi Papa Francesco pronunciando l’Angelus della seconda domenica di Natale

Papa Francesco pronuncia l'Angelus

Nell’Angelus della seconda domenica dopo Natale, Papa Francesco ha ripreso il Vangelo del giorno – ovvero il prologo del Vangelo di Giovanni – che inizia così “In principio era il Verbo” (Gv 1,1): «“In principio” – spiega il Papa – sono le prime parole della Bibbia, le stesse con cui comincia il racconto della creazione. “In principio Dio creò il cielo e la terra” (Gen 1,1). Oggi il Vangelo dice che Colui che abbiamo contemplato nel suo Natale, come bambino, Gesù, esisteva prima. Prima dell’inizio delle cose, prima dell’universo, prima di tutto. Egli è prima dello spazio e del tempo. “In Lui era la vita” (Gv 1,4) prima che la vita apparisse».

San Giovanni lo chiama Verbo, intendendo la Parola: «Che cosa vuole dirci con ciò? – s’interroga il Pontefice -. La parola serve per comunicare. Non si parla da soli, si parla a qualcuno. Sempre si parla a qualcuno. Quando noi per la strada vediamo gente che parla da sola, diciamo “Questa persona, qualcosa le succede…”. No, noi parliamo sempre a qualcuno. Ora, il fatto che Gesù sia fin dal principio la Parola significa che dall’inizio Dio vuole comunicare con noi, vuole parlarci. Il Figlio unigenito del Padre (cfr v. 14) vuole dirci la bellezza di essere figli di Dio; è «la luce vera» (v. 9) e vuole allontanarci dalle tenebre del male; è «la vita» (v. 4), che conosce le nostre vite e vuole dirci che da sempre le ama. Ci ama tutti. Ecco lo stupendo messaggio di oggi. Gesù è la Parola, la Parola eterna di Dio, che da sempre pensa a noi e desidera comunicare con noi».

E per farlo, a detta del Santo Padre, è andato oltre le parole: «Infatti – approfondisce -, al cuore del Vangelo di oggi ci viene detto che la Parola “si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (v. 14). Si fece carne. Perché san Giovanni usa questa espressione, “carne”? Non poteva dire, in modo più elegante, che si fece uomo? No, utilizza la parola carne perché essa indica la nostra condizione umana in tutta la sua debolezza, in tutta la sua fragilità. Ci dice che Dio si è fatto fragilità per toccare da vicino le nostre fragilità. Dunque, dal momento che il Signore si è fatto carne, niente della nostra vita gli è estraneo. Non c’è nulla che Egli disdegni, tutto possiamo condividere con Lui, tutto. Caro fratello, cara sorella, Dio si è fatto carne per dirci, per dirti che ti ama proprio lì, che ci ama proprio lì, nelle nostre fragilità, nelle tue fragilità; proprio lì, dove noi ci vergogniamo di più, dove tu ti vergogni di più. È audace questo, è audace la decisione di Dio. Si fece carne proprio lì dove noi tante volte ci vergogniamo; entra nella nostra vergogna, per farsi fratello nostro, per condividere la strada della vita».

Successivamente Papa Bergoglio ha precisato come il Signore si è fatto carne, senza più tornare indietro: «Non ha preso la nostra umanità come un vestito – sottolinea -, che si mette e si toglie. No, non si è più staccato dalla nostra carne. E non se ne separerà mai. Ora e per sempre Egli è in cielo con il suo corpo di carne umana. Si è unito per sempre alla nostra umanità, potremmo dire che l’ha “sposata”. A me piace pensare che quando il Signore prega il Padre per noi, non soltanto parla. Gli fa vedere le ferite della carne, gli fa vedere le piaghe che ha sofferto per noi. Questo è Gesù. Con la sua carne è l’intercessore ha voluto portare anche i segni della sofferenza. Gesù, con la sua carne è davanti al Padre. Il Vangelo dice infatti che venne ad abitare in mezzo a noi. Non è venuto a farci una visita e poi se n’è andato, è venuto ad abitare con noi, a stare con noi». Quindi Papa Francesco si è domandato “Che cosa desidera allora da noi?”: «Desidera una grande intimità – la replica -. Vuole che noi condividiamo con Lui gioie e dolori, desideri e paure, speranze e tristezze, persone e situazioni. Facciamolo, con fiducia. Apriamogli il cuore, raccontiamogli tutto. Fermiamoci in silenzio davanti al presepe a gustare la tenerezza di Dio fattosi vicino, fattosi carne. E senza timore invitiamolo da noi, a casa nostra, nella nostra famiglia. E anche – ognuno lo sa bene – invitiamolo nelle nostre fragilità. Invitiamolo, che Lui veda le nostre piaghe. Verrà e la vita cambierà». Quindi l’affidamento prima dell’Angelus: «La Santa Madre di Dio, nella quale il Verbo si fece carne – invita il Papa -, ci aiuti ad accogliere Gesù, che bussa alla porta del cuore per abitare con noi».

Dopo l’Angelus il Papa ha innanzitutto rinnovato i suoi auguri per l’anno appena iniziato. E poi ha rivolto un monito ai credenti sul tempo complesso che viviamo: «Come cristiani – afferma – rifuggiamo dalla mentalità fatalistica o magica. Sappiamo che le cose andranno meglio nella misura in cui, con l’aiuto di Dio, lavoreremo insieme per il bene comune, mettendo al centro i più deboli e svantaggiati. Non sappiamo che cosa ci riserverà il 2021, ma ciò che ognuno di noi e tutti insieme possiamo fare è di impegnarci un po’ di più a prenderci cura gli uni degli altri e del creato, la nostra casa comune».

È vero, c’è la tentazione di prendersi cura soltanto dei propri interessi, continuare a fare la guerra, per esempio, concentrarsi solo sul profilo economico, vivere edonisticamente, cioè cercando solamente di soddisfare il proprio piacere… C’è, quella tentazione. Ho letto sui giornali una cosa che mi ha rattristato abbastanza. In un Paese, non ricordo quale, per fuggire dal lockdown e fare le vacanze bene, sono usciti quel pomeriggio più di 40 aerei. Ma quella gente, che è gente buona, ma non ha pensato a coloro che rimanevano a casa, ai problemi economici di tanta gente che il lockdown ha buttato a terra, agli ammalati? Soltanto fare le vacanze e fare il proprio piacere. Questo mi ha addolorato tanto».

In seguito il Pontefice ha rivolto un pensiero alle persone fragili: «Ai malati – precisa -, ai disoccupati, a quanti vivono situazioni di oppressione o sfruttamento. E con affetto desidero salutare tutte le famiglie, specialmente quelle in cui ci sono bambini piccoli o che aspettano una nascita. Sempre una nascita è una promessa di speranza. Sono vicino a queste famiglie. Il Signore vi benedica!». Quindi la buona domenica del Papa: «A tutti – conclude – auguro una buona domenica, pensando sempre a Gesù che si fece carne proprio per abitare con noi, nelle cose buone e in quelle brutte, sempre. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me».

About Davide De Amicis (4483 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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