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“San Francesco aiuti il mondo a non rassegnarsi di fronte alla guerra”

"Aiutare gli altri ci fa trovare noi stessi! - questa la lezione di San Francesco -. Questo il giogo dolce e soave - sottolinea il cardinale Zuppi - che ci unisce a chi per primo si è legato a noi, Gesù. Un legame di amore che ci libera dal giogo, quello sì, pesante e insopportabile dell’individualismo. Se ne esce solo insieme! Le difficoltà non sono affatto finite. Lo vediamo drammaticamente nel mondo e nel nostro Paese"

Lo ha auspicato oggi il cardinale presidente della Cei Matteo Zuppi, celebrando la messa in onore del patrono d’Italia San Francesco d’Assisi

Il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, presiede l'Eucaristia - Ph: Gennari/Siciliani
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella accende la lampada votiva (Foto di Paolo Giandotti – Ufficio Stampa per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

È stato il cardinale presidente della Conferenza episcopale italiana Matteo Zuppi, stamani ad Assisi, a presiedere la santa messa nella basilica superiore dedicata alla festa del patrono d’Italia. Un appuntamento che ha visto la partecipazione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il quale ha acceso la lampada votiva dei Comuni d’Italia: «Grazie perché ci rappresenta e ci incoraggia a sentirci parte di questo nostro bellissimo Paese, patria – afferma il porporato rivolgendosi al Capo della Stato -. Francesco d’Assisi si mette in cammino perché lui per primo è “Fratello di tutti” e non aspetta che lo diventino gli altri. Compie lui il primo passo verso il prossimo, come Gesù. È il nostro Patrono ed è una gioia particolare, in questo tempo così segnato da tanta sofferenza e preoccupazione, trovarci qui con tutte le Chiese che sono in Italia e con il presidente del nostro Paese, che rappresenta tutti gli italiani e le italiane e che ringrazio di cuore per la sua presenza e per il suo servizio, raddoppiato, pieno di saggezza e di convinta passione per difendere gli ideali costitutivi del nostro Paese».

E, nel proseguo dell’omelia, il cardinale Zuppi ha fatto notare come «Fratelli tutti è il contrario della pandemia del Covid. San Francesco è innamorato di Gesù. Il suo è un amore molto reale perché ama l’altro sempre “quando fosse lontano da lui, quanto se fosse accanto a lui”. Così, mite e umile di cuore come il suo Gesù, San Francesco – in un mondo che era e che è segnato da lupi e cittadini violenti o paurosi, da torri e spade, da cavalieri e briganti, da guerre e inimicizia, inquinato da troppo odio tanto da rendere impossibile parlare di pace – progetta e inizia a vivere un mondo fraterno, disarmato, dove c’è spazio per ognuno, a cominciare dai più poveri e fragili. Oggi sentiamo la consolazione di essere con lui, con questo nostro fratello maggiore, con questo nostro patrono, e di vedere la sua stella – come è noto le stelle brillano maggiormente quando la notte è più fonda – che ci accoglie come un astro mattutino fra le nubi».

Da qui l’esortazione del presidente della Cei: «Abbiamo bisogno di luce, che vuol dire speranza – rilancia -. E il nostro Patrono ci fa sentire a casa – tutti si sentono a casa ad Assisi – e ci aiuta a guardare anche le difficoltà con la forza dell’amore. Nella tempesta della pandemia abbiamo sperimentato tanto buio, inatteso e prolungato continua il cardinale che ha citato la “memorabile preghiera” recitata da Papa Francesco in piazza San Pietro: “Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo trovati impauriti e smarriti”. Non lo dimentichiamo. Non vogliamo dimenticare, come quando si vince il dolore rimuovendolo o divorandolo nella bulimia di emozioni che non diventano mai sentimento, consapevolezza, scelte, umanità. Tutto è digitale, e un cuore digitale è un po’ preoccupante, perché non svolge quello per cui l’abbiamo».

Quindi il ricordo delle vittime del Covid, a cui il cardinale Matteo Zuppi ha voluto dedicare un’iniziativa particolare: «Raccogliamo oggi il testamento affidatoci da chi non c’è più per colpa del Covid – ricorda -. Alcuni dei loro nomi li deporremo accanto a questa lampada. Li abbiamo raccolti proprio sapendo quanta amarezza e sconforto ha generato non poter essere vicini a loro nell’ultimo tratto della vita. Ricordiamo tutti coloro i cui nomi portiamo nei nostri cuori e li affidiamo all’amore di Dio, perché siamo nella luce dell’amore che non finisce. Non sono più tornati a casa e non abbiamo potuto accompagnarli, come loro e noi avremmo desiderato. Per molti di loro solo le videochiamate hanno rappresentato dei veri e propri testamenti struggenti. Resta l’amarezza lacerante per un discorso interrotto, lo sconforto che fa apparire tutto vano».

I fedeli nella basilica superiore di Assisi

Partendo da questo presupposto, il porporato ha rivolto un monito agli italiani: «Che non sia stato l’ennesimo grave evento storico da cui non siamo stati capaci di imparare – afferma -. Ci aiuta San Francesco che non scappa dalla sofferenza, ma la affronta. Un amore così grande da sconfiggere la morte guardandola negli occhi e chiamandola sorella. In quella notte terribile – aggiunge riferendosi al Covid – abbiamo visto anche tante luci, tutte, consapevolmente o meno, riflesso di un amore più grande. Abbiamo capito che non si può lasciare nessuno solo e anche che il buio può essere sconfitto, pure solo con una piccola lampada di umanità. Sono state le luci che il personale sanitario, gli infermieri, i volontari, hanno acceso con i piccoli grandi gesti di umanità: consolando lacrime, stringendo mani, dando sicurezza, anche solo una carezza o uno sguardo. Ricordo quanti di loro come delle forze dell’ordine, dei farmacisti, operatori di carità hanno perso la vita per motivo del servizio, continuando ad aiutare nell’emergenza. Essi sono tra i giusti che ascoltano quelle tenere parole di gratitudine di Dio: ero malato e sei venuto a visitarmi, prendi parte alla gioia che non finisce. Oggi siamo nella casa di San Francesco, Patrono dell’Italia, a ricordare, a ringraziare ma anche a scegliere perché non vogliamo dimenticare velocemente le lezioni della storia e per questo vogliamo cambiare, scegliere. Voglia il Cielo che alla fine non ci siano più ‘gli altri’, ma solo un ‘noi’”. Aiutare gli altri ci fa trovare noi stessi!questa la lezione di San Francesco -. Questo il giogo dolce e soave che ci unisce a chi per primo si è legato a noi, Gesù. Un legame di amore che ci libera dal giogo, quello sì, pesante e insopportabile dell’individualismo. Se ne esce solo insieme! Le difficoltà non sono affatto finite. Lo vediamo drammaticamente nel mondo e nel nostro Paese».

Nella parte finale dell’omelia, il cardinale Zuppi ha affidato l’Italia all’intercessione del suo Patrono: «Sostenga, in un momento così decisivo – esorta Zuppi -, l’amore politico e di servizio alla casa comune, perché nella necessaria diversità tutti concorrano all’interesse nazionale, indispensabile per rafforzare le istituzioni senza le quali nessun piano può essere realizzato e per affrontare delle sfide così grandi. Il nostro Patrono, uomo universale, aiuti l’Europa a essere all’altezza della tradizione che l’ha creata e il mondo intero a non rassegnarsi di fronte alla guerra. Lui, amico di tutti, ci aiuti a sconfiggere ogni logica speculativa, piccola o grande, anonima e disumana. La speculazione è sempre una forma di sciacallaggio che aumenta le ingiustizie e crea tanta povertà, e mi sembra che non manchi. Fratelli tutti, ad iniziare dai più fragili, come gli anziani, che sono una risorsa e non un peso, che vanno protetti a casa dove conservano tutte le loro radici e dove ci aiutano a trovarle. Fratelli tutti che guardano al futuro, che lo desiderano per gli altri lottando contro il precariato dei giovani, dando loro fiducia e sicurezza perché possano dimostrare le loro capacità senza paternalismi insopportabili. Futuro che chiede rispetto dell’unica casa, dell’ambiente, perché possiamo continuare a cantare la bellezza del creato. Curiamo le ferite profonde nascoste nelle pieghe della psiche – quante il Covid ne ha lasciate! – o con la competenza professionale, ma anche tessendo comunità e fraternità che donano sicurezza e fanno sentire protetti e amati. La nostra comunità è forte, ha tanta storia e umanità, per essa nessuno è straniero e insieme si trova il futuro che tutti desiderano. Viviamo la benedizione che sempre è la vita, la sua bellezza perché sia anche appassionante trasmetterla e donarla, garantendo la grandezza della maternità».

About Davide De Amicis (4553 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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