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Universitari: “Evangelizzate con la vita e aiutatevi. Sarete più credibili”

"L'invito – conclude Loredana Reitano, coordinatrice della Pastorale universitaria - è di non storcere il naso sentendo parlare di Pastorale universitaria o di Chiesa, seguendo degli stereotipi, ma di avere la voglia di provare, di vedere e di capire che è un ambiente dove si è tutti accolti, chi crede, chi non crede, chi ha dubbi. Si viene per discutere su cose importanti, che sono di tutti, e anche per confrontarsi con il Vangelo perché, forse, ha da stupirci e può dirci qualcosa che non ci aspettiamo. Quindi l’invito è ad uscire dagli stereotipi, ad avere il coraggio di interrogarsi e provare"

È l’invito rivolto agli universitari di Pescara dall’arcivescovo Valentinetti all’inizio dell’anno accademico

L'arcivescovo Valentinetti pronuncia l'omelia

Anche la Pastorale universitaria dell’Arcidiocesi di Pescara-Penne ha ripreso il suo cammino, all’inizio dell’anno accademico 2022-2023 per gli studenti che frequentano le facoltà pescaresi dell’Università D’Annunzio e non solo, con la santa messa presiedutamartedì 18 ottobredall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti presso la parrocchia di San Luigi, che è anche cappellania universitaria.

Don Domenico Di Pietropaolo, don Amadeo Rossi e monsignor Tommaso Valentinetti

Una liturgia, concelebrata dal direttore della Pastorale Giovanile, universitaria e vocazione diocesana don Domenico Di Pietropaolo e dal parroco don Amadeo Rossi, che ha avuto luogo nel giorno in cui la Chiesa faceva memoria di San Luca evangelista e proprio da quest’ultimo il presule ha preso spunto per rivolgersi agli universitari presenti: «La scelta di questo brano evangelico, sempre secondo l’evangelista Luca, per solennizzare la sua festa è sicuramente oculata e significativa, perché Luca – fondamentalmente lo abbiamo ascoltato già dalla prima lettura (la pagina di San Paolo apostolo a Timoteo) – fu associato in maniera molto significativa all’evangelizzazione di Paolo. Tant’è vero che il testo dice “Crescente è andato in galassia Tito, in Dalmazia, solo Luca è con me”. Da qui la necessità, che poi Luca ha elaborato, di mettere per iscritto un vangelo usando uno stile letterario già in uso. Probabilmente Luca è il terzo evangelista. Prima viene Marco, poi viene Matteo, poi viene Luca, poi viene Giovanni. Ma, usando già uno stile e uno schema già prestabilito, Luca fa ricerche accurate per mettere per iscritto il Vangelo. Dunque, la sua vita si caratterizza fondamentalmente per l’evangelizzazione. Luca, potremmo dire, è un evangelizzatore. Un evangelizzatore a tutto tondo, a 360 gradi. D’altra parte, la sua preoccupazione, ciò che sottende tutto il Vangelo, è il mistero della misericordia. “Dio è buono e grande nell’amore, Dio è misericordioso e la misericordia ci arriva attraverso Gesù”. Le parabole del figlio perdonato, la pecorella smarrita, la dracma perduta, ma tante altre ancora si trovano nel suo Vangelo. È la misericordia che converte il cuore degli uomini, è l’amore di Dio che si avvicina per primo a noi a convertire la nostra vita e la nostra persona».

Ma tutto questo, ricorda l’arcivescovo Valentinetti, si deve evangelizzare: «Allora il testo dice che Gesù – sottolinea -, arrivato ad un certo punto della sua missione pubblica, oltre aver scelto i 12 ne scegli altri 72. Così come il numero 12 è un numero simbolico, il numero 72 è anch’esso un numero simbolico. Sceglie cioè una certa quantità di persone o, perlomeno, più che scegliere, chiama una certa quantità di persone perché questa evangelizzazione possa essere efficace. E quando li manda usa dei termini che potremmo dire molto moderni “Ecco, vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”. Molte volte ci lamentiamo perché, forse, viviamo in un’epoca in cui la fede potrebbe sembrare contraddetta, in un’epoca in cui la fede potrebbe sembrare abbandonata. Ecco, abbiamo festeggiato da poco l’anniversario dell’inizio del Concilio ecumenico Vaticano II. Non dobbiamo mai dimenticare quella bellissima introduzione di Papa Giovanni XXIII, quando diceva in maniera molto chiara che la Chiesa doveva gioire, doveva godere perché i profeti di sventura non dovevano più avere significato dentro la storia della Chiesa. L’importante è che la Chiesa si rappresentasse per quella che era, madre di misericordia dentro il mondo. Non di fianco al mondo, non dirimpettaia rispetto al mondo, ma essa stessa un pezzo di mondo».

Alcuni universitari presenti alla messa

Partendo da questo presupposto, l’arcivescovo Valentinetti ha fatto un paragone con l’attualità: «E allora – osserva -, pensando al nostro tempo, quando ci lamentiamo sempre perché “Questa sera potevamo essere di più, siamo pochi”. Ma non è questo il problema, assolutamente. Se facciamo il peccato di Davide, che voleva contare il suo popolo, facciamo un peccato grave. Noi dobbiamo essere pronti a vivere dentro una storia e, dentro questa storia, considerare che forse la contraddizione c’era, c’è adesso e ci sarà. Ma non è questa la cosa importante, l’importante è lo stile della nostra vita, è lo stile della nostra esistenza. Perché se “vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”, vi dico anche “Vivete una vita semplice, una vita essenziale. Non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. Vivete praticamente alla giornata”. Ma attenzione, non banalizziamo e non facciamo diventare queste parole regole di vita che poi, alla fine, sono in contraddizione con la realtà e quei tempi. Andiamo alla sostanza di quello che significa. Vivete tutti i giorni, vivete continuamente la vostra vita con la credibilità del Vangelo, con la credibilità della vita, dentro una storia e vivendo questa credibilità siate annunciatori, ma non con le parole, con la propria esperienza e con la propria vita. Poi la parte finale è molto bella e che è nota ancora la dimensione della misericordia. “Mangiate quello che vi danno e guarite i malati”. Che forse più che “Guarite miracolosamente malati” è Prendetevi cura dei malati, prendetevi cura di chi soffre nel fisico, ma soprattutto oggi di chi soffre nell’anima, nella mente, nel cuore, nel lavoro, di chi soffre dentro le contraddizioni della vita, di tutti coloro che soffrono e che comunque hanno delle malattie che possono essere fisiche o spirituali o situazionali della propria vita e della propria esistenza. Ma a queste persone, a questi fratelli dovete annunciare una grande verità “È vicino a voi il Regno di Dio”. Ma non per consolarli, non per dire “Beh, pazienza, state soffrendo. È vicino il Regno di Dio. Tutto questo, quanto prima, finirà”. No no! È vicino il Regno di Dio, è vicina, cioè, quella presenza trasformante dell’amore di Dio che ci fa sentire il suo camminare davanti a noi, dietro di noi e accanto a noi, proprio perché ci introduce al mistero del Regno che è già presente e non ancora realizzato. Quel mistero del Regno di cui la nostra vita, se siamo minimamente credibili, fa già parte. Credo che questo sia il modo più bello per iniziare un anno accademico per voi che avete scelto di vivere un’esperienza di preghiera e di eucarestia questa sera, perché possiate non dire tante parole nella storia del vostro ateneo o dei vostri atenei o delle vostre facoltà, ma che possiate essere evangelici, che possiate avere questo questo afflato evangelico dentro la vostra storia personale».

Un auspicio, quest’ultimo, a cui monsignor Tommaso Valentinetti ha aggiunto una postilla importante: «San Paolo – conclude – è vero che ha evangelizzato da solo, ma è anche vero che si è appoggiato ad alcuni fratelli. Si era appoggiato a  Crescente, si era appoggiato a Tito, si è appoggiato a Luca, si è appoggiato a Timoteo, tanto da chiedergli “Stammi vicino, portami il mantello, portami le pergamene, portami i libri. Stiamo insieme, viviamo insieme, aiutiamoci”. Ecco, aiutiamoci, stiamo uniti, aiutiamoci, perché aiutandoci – forse – questa parola del Vangelo è più credibile ed è più vera. Vi auguro un buon inizio di anno accademico pieno, spero, di tante soddisfazioni accademiche, tutti 30 spero. Non so se sarà così, ma mi voi mettetecela tutta. Noi facciamo come Mosè, saliamo sul Monte e intercediamo. Qualcuno ci verrà a sostenere le braccia, perché questi 30 si moltiplichino in abbondanza. Auguri».

Adelia dell’equipe di Pastorale universitaria

Al termine della santa messa, dopo l’invito del presule agli studenti di frequentare la Biblioteca diocesana “Carlo Maria Martini” al secondo piano della Curia in piazza Spirito Santo 5 a Pescara, c’è stata anche la testimonianza di Adelia, una componente dell’equipe della Pastorale universitaria: «Faccio parte della Pastorale universitaria orma da parecchi anni e vi porto la mia esperienza – racconta -, la testimonianza di un’esperienza davvero splendida, in cui si affianca un percorso di crescita spirituale a un percorso di crescita personale, umana, ma anche a un insieme di emozioni che si vanno a vivere con tutte le persone che poi si conoscono. Quindi si vanno ad instaurare dei rapporti umani che davvero rimangono nel tempo, che porterete sempre con voi, così come ho fatto io. Brevemente vorrei illustrarvi cosa facciamo. Un percorso che prevede degli incontri settimanali ogni mercoledì, qui nel salone della parrocchia e alle 21, affiancati da una messa che si terrà il quarto mercoledì di ogni mese, a partire dal mese di novembre alle ore 20, seguita poi da una cena fraterna. Ma ci saranno anche attività di volontariato, in base alle nostre esigenze e alla nostra volontà di aiutare il prossimo. Inoltre è attivo uno sportello di ascolto, sempre a nostra disposizione, che possiamo contattare al numero 371 1338233. Altrimenti potete anche trovarci su tutti i canali social, su Instagram e Facebook. Vi auguro di poter partecipare il più impossibile a questi incontri e che lascino quel segno indimenticabile come è stato per me».

Loredana Reitano, coordinatrice della Pastorale universitaria di Pescara-Penne

Tutti appuntamenti, quelli della Pastorale universitaria, inseriti in un percorso che, non a caso, è denominato “Appigli”: «Noi – spiega Loredana Reitano, coordinatrice della Pastorale universitaria diocesana di Pescara-Penne – vogliamo essere un punto di riferimento, un luogo accogliente, una piccola famiglia per i tanti giovani che da tante parti e anche da altre regioni (soprattutto Molise, Puglia e Campania), vengono a studiare qui. Proponiamo innanzitutto un cammino di crescita umana, per capirsi come persone, crescere come persone, e anche spirituale. Cioè scoprire che dentro di noi ci sono bisogni interiori, anche molto profondi, e quindi combiniamo insieme le due cose in diversi modi, sia attraverso percorsi, giornate di fraternità fuori, momenti di festa, lo sportello di counseling. Tante piccole cose che ci fanno camminare insieme. Il desiderio è che questa parrocchia, che è cappellania universitaria, e noi, che animiamo questa pastorale, possiamo diventare un punto di riferimento, nel senso che non ci si ritrova soli. Si possono trovare amici, altri giovani persone che ti stanno accanto e che ti aiutano intanto a inserirti in un posto nuovo e anche a camminare, a non rimanere da solo, da sola. I ragazzi, oggi, chiedono innanzitutto di essere amati come sono e di essere compresi nelle loro fragilità. È un mondo complesso, che quindi li mette molto alla prova e la complessità di questo mondo, a volte, le difficoltà che non sono poche, le grandi e le piccole, creano delle situazioni proprio di disagio. E i giovani, questi giovani, chiedono di essere voluti bene, di essere accompagnati, di essere ascoltati, di essere accolti in questa loro fragilità e di trovare poi un sostegno libero, cioè che li renda liberi, ma nello stesso tempo li aiuti a maturare, a crescere, a camminare sulle loro gambe. Quindi chiedono tanto e chiedono cose anche giuste, cose belle perché in loro c’è tanta bellezza e tanto bisogno di autenticità. È un gruppo piccolo, composto da poche decine di ragazzi, che può e deve crescere».

Infine l’appello a tutti gli studenti a non mancare: «L’invito – conclude la coordinatrice della Pastorale universitaria – è di non storcere il naso sentendo parlare di Pastorale universitaria o di Chiesa, seguendo degli stereotipi, ma di avere la voglia di provare, di vedere e di capire che è un ambiente dove si è tutti accolti, chi crede, chi non crede, chi ha dubbi. Si viene per discutere su cose importanti, che sono di tutti, e anche per confrontarsi con il Vangelo perché, forse, ha da stupirci e può dirci qualcosa che non ci aspettiamo. Quindi l’invito è ad uscire dagli stereotipi, ad avere il coraggio di interrogarsi e provare».

About Davide De Amicis (4359 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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