Preghiera: “Unica arma per chiudere nella tomba i conflitti dell’umanità”
"In questi giorni – monsignor Valentinetti - ci sono tanti riti storici che, in qualche modo, fanno rivivere l'evento della morte di Gesù in croce. Ma attenzione, guai se questi riti diventano solo attrazione turistica, se questi riti non ripercorrono in profondità l'animo umano che ha bisogno di comprendere, di capire ancora una volta che la passione di Cristo è stampata dentro le carni dell'umanità"
Dalla Cattedrale di San Cetteo a via della Caserme – passando per via D’Annunzio, piazza Garibaldi, Corso Manthoné e piazza Unione, guidata dalle effigi del Cristo morto e della Beata Vergine Maria addolorata, una folla silenziosa e orante ha preso parte alla Via Crucis che ieri sera anche a Pescara ha rievocato la passione e la morte di Cristo. Un appuntamento, curato dall’Ufficio liturgico diocesano diretto da don Emilio Lonzi, caratterizzato da una lunga riflessione sul tema della guerra – che imperversa in questi mesi nel mondo – dalla quale è scaturita una forte invocazione di pace grazie alle meditazioni scritte dall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti e lette dalle voci narranti di Florena Iavarone e Toni Pesce, con il contributo di monsignor Vincenzo Amadio, Giuseppe Baldonieri e Francesca Mazzocchetti e l’animazione liturgica del Coro diocesano diretto da Roberta Fioravanti.
Al termine, dal palco posto in via delle Caserme, il presule ha rivolto un messaggio finale alla comunità pescarese raccolta in preghiera: «Questa Via crucis – sottolinea l’arcivescovo Valentinetti – è un grido per chiedere preghiera, per chiedere digiuno, per chiedere offerta di qualche sacrificio perché le immagini, le notizie che ci arrivano continuamente dai fronti delle guerre non sono certamente incoraggianti. E non è incoraggiante la pervicacia con cui sembra che tutto voglia far pensare che i conflitti, invece che fermarsi, debbano aumentare. E allora, non abbiamo altre armi a nostra disposizione, non abbiamo forze capaci di deterrenza, ma abbiamo una grande arma, la preghiera, questa sì. Una preghiera incessante, una preghiera continua, una preghiera e un’intercessione, che ci mettono ai piedi di Gesù, che questa sera ci hanno fatto ripercorrere il suo calvario in filigrana con le realtà che ci circondano, ma che vuole essere ancora una volta, “Signore, non farci perdere la speranza. Signore, dacci la tua pace”. E per questo che vogliamo pregare, vogliamo impegnarci perché la nostra impotenza umana di forze, si trasformi in quella potenza divina per chiudere dentro quella tomba, così come ho scritto alla quattordicesima stazione, tutti i conflitti dell’umanità, ma anche i conflitti tra le persone, anche i conflitti tra le famiglie. Chiudere tutto dentro quella tomba, perché da quella tomba si possa risorgere donne e uomini in novità di vita, donne e uomini di fede, donne e uomini che sanno annunciare l’amore del Signore».
Prima della Via Crucis, all’interno della Cattedrale di San Cetteo, l’arcivescovo Valentinetti ha presieduto la liturgia della Passione di Cristo ricordandone il senso: «Tutte le volte che riviviamo la passione di Cristo, la rievocazione della passione di Gesù, corriamo un grosso rischio. Quello di pensare che questa passione sia circoscritta nel passato, che non abbia più niente a che fare con la realtà in cui noi stiamo vivendo. Ma questo non è vero, perché la passione di Cristo si perpetua e si vive costantemente dentro la storia dell’umanità. Tutte le volte che si sperimenta un tradimento, Giuda, tutte le volte che si sperimenta un rinnegamento, Pietro, tutte le volte che si sperimenta accuse infondate, la marmaglia dei giudei contro Gesù, quando si sperimenta il giudice iniquo, Pilato, che addirittura non sa nemmeno che cos’è la verità e quanti giudici non conoscono la verità! E quando ci sono dei soldati che deridono l’umanità. Tutte queste volte c’è la passione di Gesù che continua ad esistere nel tempo e nella storia. Nella Via crucis che abbiamo fatto, c’è una lettura in filigrana della situazione di morte e di odio e di guerra che si sta perpetrando nel mondo. Anche quella è passione di Gesù, anche quella è morte di Gesù».
Infine un monito riferito alle rievocazioni della passione e della morte di Cristo: «In questi giorni – ammonisce il presule – ci sono tanti riti storici che, in qualche modo, fanno rivivere l’evento della morte di Gesù in croce. Ma attenzione, guai se questi riti diventano solo attrazione turistica, se questi riti non ripercorrono in profondità l’animo umano che ha bisogno di comprendere, di capire ancora una volta che la passione di Cristo è stampata dentro le carni dell’umanità. Per questo noi abbiamo fatto una grande preghiera, per essere ancora una volta compenetrati. Adoriamo la tua croce, Signore, proclamiamo la tua risurrezione nell’attesa della tua venuta. Ma adoriamo questo mistero di morte, così come saremo chiamati il giorno di Pasqua ad adorare il mistero della risurrezione».