Ultime notizie

6 milioni 134 mila italiani all’estero: “Mobilità va governata, non negata”

"È importante – esorta la Fondazione Migrantes - costruire percorsi di cittadinanza che aiutino a rileggere l’uguaglianza sociale delle persone, mentre il dibattito odierno è da troppo tempo ancorato su posizioni ideologiche e di parte. Per una società generativa, occorre cambiare con urgenza la prospettiva di lettura rendendoci conto della realtà che ci circonda ancorata, se non proprio fondata, sulla mobilità"

Emerge dal Rapporto Italiani nel mondo 2024, realizzato dalla Fondazione Migrantes, presentato ieri a Roma

Sono 6 milioni 134 mila gli italiani che vivono all’estero. Si conferma, questa, come l’unica Italia che continua a crescere. Lo rende noto il Rapporto Italiani nel mondo 2024 realizzato dalla Fondazione Migrantes, presentato ieri a Roma, che ha aggiunto anche uno speciale dedicato alla cittadinanza. In base ai dati, nel 2024 il 54,2% dei 6,1 milioni di iscritti all’Aire (l’Anagrafe degli italiani all’estero) si trova in Europa (più di 3,3 milioni, di cui oltre 2,5 milioni nell’Ue a 15), il 40,6% in America (oltre 2,4 milioni, di cui 2 milioni in quella centro-meridionale), oltre 167 mila in Oceania (2,7%), più di 78 mila in Asia (1,3%) e 70 mila in Africa (1,1%).

La Sicilia si conferma, nel 2024, la regione con la comunità di iscritti Aire più numerosa (+826 mila), seguita dalla Lombardia (+641 mila) e dal Veneto (+563 mila). Il 45,8% degli iscritti all’Aire è di origine meridionale (oltre 2,8 milioni, di cui 956 mila isolani). Oltre 2,3 milioni sono del Settentrione e 966 mila sono gli iscritti del Centro Italia (15,7%). Il 23,2% di chi risiede all’estero ha tra i 35 e i 49 anni; il 21,7% appartiene alla fascia di età 18-34 anni e il 19,5% a quella 50-64 anni. Il 14,6% di chi è all’estero è minorenne, mentre gli anziani sono il 21,0%. Di questi: il 9,5% ha tra i 65 e i 74 anni, il 6,7% ha tra i 75 e gli 84 anni e il 4,8% ha più di 85 anni. Lo scorso anno sono espatriati 89.462 italiani, il 9,1% in più rispetto al 2022, per quanto non si è ancora tornati agli alti livelli pre-pandemia.

Tra gli 89.462 italiani che si sono iscritti all’Aire nel 2023 con motivazione “espatrio”, il 54,8% sono maschi, il 66,9% celibi/nubili, il 26,9% coniugati/e lo 0,3% sono unioni civili. Il 45,5% del totale ha tra i 18 e i 34 anni, il 5,5% ne ha più di 65. In una generale crescita (+9,1%), gli over sessantacinquenni sono aumentati del 12,9%, con la variazione più consistente (+14%) tra chi ha tra i 65 e i 74 anni. I giovani e i giovani adulti nell’insieme (68,8%) sono la componente indiscussa dell’attuale esperienza migratoria italiana accompagnata dal 14,7% di minori (oltre 13 mila) e dal 5,5% di over 65 anni (5 mila circa). Il restante 11,1% ha tra i 50 e i 64 anni. L’Europa ha accolto il 71,4% di chi si è spostato da gennaio a dicembre 2023 (quasi 64 mila connazionali). In base al rapporto, gli italiani sono partiti da tutte le province di Italia verso 187 Paesi del mondo di tutti e cinque i continenti.

Tra gli over 65 in aumento (+12,9%) c’è chi torna nel Paese in cui era emigrato per anni, dove sono nati anche i nipoti; c’è chi fa il nonno o la nonna baby-sitter raggiungendo figli e nipoti; c’è chi parte per la prima volta e chi, invece, va all’estero per vivere meglio e pagare meno tasse: «Sono cinque – rileva noto il Rapporto Italiani nel mondo 2024 della Fondazione Migrantes – gli indicatori di opportunità che influenzano gli anziani italiani nella scelta di emigrare: il clima clemente, il regime di tassazione, il sistema sanitario, il costo della vita e il dinamismo culturale».

Nel 2022 e 2023 i principali Paesi di destinazione sono stati ancora il Regno Unito e la Germania che hanno accolto, rispettivamente, il 15,1% e il 13,3% degli emigrati italiani, seguiti da Svizzera, Francia, Spagna, Brasile e Stati Uniti d’America. Leggendo questi dati sulla base del livello di istruzione, riferito all’anno 2022, gli emigrati italiani hanno soprattutto un titolo di studio medio-alto (circa il 69% ha il diploma). Nel decennio 2013-2022, la perdita complessiva di giovani laureati nella classe di età 25-34 anni a favore dell’estero ammonta nel Nord a circa 43 mila unità, nel Centro è di circa 14 mila unità, mentre nel Mezzogiorno è di circa 30 mila unità. Ma c’è anche chi in Italia è tornato. Nel 2022 e nel 2023 sono stati infatti 129.962 i connazionali ad essere tornato in patria, di cui 56.117 sono donne (43,2%). In generale, gli emigrati hanno un’età media di 31 anni per gli uomini e 29 anni per le donne, mentre l’età media degli italiani che rientrano è 35 anni per gli uomini e 32 per le donne.

Mentre nel 2022 il numero di nuovi contribuenti provenienti dall’estero e beneficiari delle agevolazioni fiscali è cresciuto di 11.500 unità, portando il totale a oltre 32.500 con una crescita del 90% (dopo il balzo del +144% nel 2021), gli esperti si dicono certi del fatto che il 2024 registrerà “un collasso dei rientri”, a causa dell’abrogazione del regime agevolativo per i lavoratori del settore privato contenuto nel decreto legislativo 209/2023. A tal proposito, la Fondazione Migrantes ne he messo in luce “gli effetti negativi”: «Scoraggiare paradossalmente l’ingresso di soggetti giovani e con figli – sottolinea il rapporto -, proprio mentre il Paese è alle prese (da anni) con sfide quali la denatalità e l’inverno demografico».

Per quanto riguarda la mobilità all’interno del Paese, su circa 2 milioni di trasferimenti annuali complessivi circa tre quarti riguardano movimenti tra Comuni italiani. Il Nord-Est continua a essere l’area del Paese più attrattiva. Dal 2014 gli abitanti delle aree interne sono diminuiti del 5%, ovvero 700 mila unità. Gli abitanti si riducono e quindi si rimpiccioliscono le attività commerciali (-26 mila dal 2014) e anche i servizi, come scuole, bar, filiali di banche e non solo, chiudono generando nuovi esodi. 

Guardando poi all’ultimo decennio, tra il 2012 e 2022 sono emigrati all’estero anche 146 mila neo cittadini italiani di origine straniera. Nel corso del 2022 ne sono emigrati poco meno di 19 mila. Lasciano il nostro Paese soprattutto gli emigrati italiani di origine brasiliana, bangladesi, ghanesi, pakistani e indiani. E sono i Paesi europei ad accogliere l’82% dei flussi degli emigrati che hanno acquisito la cittadinanza italiana tra il 2012 e il 2022. Tra il 2021 e il 2022 si è registrato anche un picco di acquisizioni di cittadinanza italiana per discendenza, con oltre 20 mila provvedimenti, mentre l’anno precedente erano meno di 8 mila. Essere italiani significa anche possedere un passaporto “forte”, il quale permette l’accesso senza visto in 192 Paesi.

Infine, non è mancata una riflessione del Rapporto italiani nel mondo 2024 della Fondazione Migrantes sul diritto di cittadinanza: «Oggi – rileva il documento – assistiamo a una sorta di distribuzione scalare dei diritti di cittadinanza come se fossero dei “gironi concentrici”. Nel primo ci sono i cittadini comunitari, i cui diritti sono regolati secondo il principio della reciprocità; nel secondo i cittadini non comunitari, dove valgono accordi bilaterali, convenzioni, patti coloniali; nel terzo ci sono i rifugiati, i richiedenti asilo, gli apolidi, fino ad arrivare agli irregolari».

Da qui l’invito della Fondazione Migrantes: «È importante – esorta il Rapporto – costruire percorsi di cittadinanza che aiutino a rileggere l’uguaglianza sociale delle persone, mentre il dibattito odierno è da troppo tempo ancorato su posizioni ideologiche e di parte. Per una società generativa, occorre cambiare con urgenza la prospettiva di lettura rendendoci conto della realtà che ci circonda ancorata, se non proprio fondata, sulla mobilità. Una mobilità che però va governata, non negata o fermata. In Italia, dove la migrazione è strutturale, conta molto l’estensione e non la limitazione della cittadinanza, cioè della responsabilità sociale e politica».

About Davide De Amicis (4522 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
Contact: Website

Rispondi