Malattie del feto: a Pescara cure gratis
La Asl pescarese diventerà un polo d’eccellenza per la ricerca scientifica ed il trattamento dell’infezione da citomegalovirus, un pericoloso disturbo che colpisce il feto in gravidanza, portandolo alla nascita con patologie ed handicap gravissimi, come disturbi alla vista, all’udito, il mutismo ed altri disturbi neurologici.
Fortunatamente, presso l’Ospedale Civile, è al via la sperimentazione clinica “Ricerca per crescere” con la quale, nei prossimi due anni, sarà possibile trattare le gestanti positive all’infezione attraverso un trattamento gratuito di immunoglobulina, cioè di anticorpi. È questa la rivoluzionaria scoperta del professor Giovanni Nigro, direttore della Clinica pediatrica dell’università dell’Aquila che, a seguito del trattamento, ha riscontrato una marcata riduzione delle conseguenze sul feto: «Con questa terapia, praticata solo in Italia, ridurremo di 10 volte il numero dei bambini nati con handicap e Pescara diverrà un polo d’attrazione internazionale per i pazienti colpiti».
Del resto, la casistica è rilevante nel nostro paese, infatti l’1% dei nati presenta infezioni congenite da citomegalovirus: «Non
possiamo – ha evidenziato il luminare – concentrarci solo su altre malattie, come la sindrome di Down, che colpiscono molto meno». Dunque, la sperimentazione pescarese servirà un bacino d’utenza immenso grazie all’investimento di 400mila euro, compiuto dalla Regione Abruzzo, a favore di un lavoro di squadra: «Come Regione – ha spiegato Claudio D’Amario, direttore generale della Asl di Pescara – abbiamo scelto di puntare a progetti di prevenzione collettiva come questo, che ci permetterà di lavorare in rete unendo le migliori esperienze clinico-assistenziali a disposizione».
Sul citomegalovirus, quindi, lavorerà un’equipe multidisciplinare con il nosocomio di Chieti, impegnato nella diagnostica delle immagini con l’innovativa risonanza fetale, e quello pescarese, grazie all’unità operativa di Malattie Infettive diretta dal professor Giustino Parruti:«Sei anni fa – racconta il responsabile del progetto – rimasi scioccato da una donna che, colpita dall’infezione, abortì senza più riprendersi. Oggi la patologia citomegalica, deve rappresentare un’eventualità più serena».