Il popolo di Giovanni Paolo II
Lo abbiamo visto tutti quanti il popolo di Giovanni Paolo II: quello che ha riempito piazza San Pietro e le vie intorno, nonostante un’organizzazione non proprio esemplare. Impossibile quantificare con precisione, anche se si parla di un milione e mezzo, perchè di quei tanti fedeli molti non erano lì con viaggi organizzati da parrocchie o diocesi, ma come semplici pellegrini che si sono organizzati autonomamente. Il primo maggio è stato però soltanto il culmine di una serie di momenti davvero intensi. Il colpo d’occhio regalato è stato di quelli davvero impressionanti. Non solo perchè la piazza era gremita, ma anche perchè si incontrava gente da tutto il mondo.
Già solo all’inizio della festa, nella Veglia di preghiera tenutasi al Circo Massimo sabato 30 aprile, bastava spostarsi di qualche passo per rendersene conto: “Giovanni Paolo II è stato importante per la mia vocazione” ci dice don Roberto, che viene dal Messico. “Vederlo è stato un momento molto speciale perchè è stato il successore di Cristo, il capo di tutta la Chiesa”. Fra i circa duecentomila ragazzi presenti e innamorati del nuovo Beato ci sono anche due fidanzati “internazionali”: lui, Vincenzo, è italiano e viene da Acquaviva della Fonti in provincia di Bari, mentre lei, Ruth, nome biblico come lei stessa sottolinea, viene dagli Sati Uniti, il Paese in cui si sono incontrati: “Mi ha toccato nei suoi discorsi alle Giornate Mondiali” racconta Vincenzo “quando forte è riuscito ad animare i cuori dei giovani per portarli a Gesù, quando soprattutto incitava ad aprire i nostri cuori a Cristo”. “Siamo venutti da Baltimora proprio per la Beatificazione” racconta invece lei aggiungendo: “Sono davvero molto contenta di condividere questo momento con tutti questi giovani”.
Al Circo Massimo è tornato anche l’ormai famoso Santo subito: “Lo sentiamo sempre vicino a noi!” racconta Federica, del Movimento dei Focolari, che era tra quanti hanno fatto riapparire lo striscione. Un momento caratterizzato dalla recita del Santo Rosario , quel Rosario che il Papa Beato amava tanto. Quel Rosario, recitato dai vari punti della Terra che Giovanni Paolo II ha toccato nei suoi numerosi viaggi apostolici. Quel Rosario che, tra le altre cose, ha toccato anche un nostro famoso collega, Paolo Brosio: “Quando vedi i giovani che pregano, è una grande cosa” ha detto il giornalista ai microfoni di Radio Speranza “perchè trovano nella preghiera dei valori, dei punti di riferimento. E oggi è difficile! Però, quando ci sono delle grandi figure come Giovanni Paolo, come altre che ci sono state, come don Bosco, che hanno, con i fatti della loro vita, trascinato tanti giovani a Gesù, ti rendi conto che figure ce ne sono state tante. Ce ne vorrebbero di più perchè le chiese in Italia, diciamo la verità, sono vuote! Vuote di giovani! Soltanto quando ci sono sono questi grandi personalità, questi grandi santuari dove si respira tanta spiritualità, allora lì vanno anche tanti giovani. Altrimenti è un problema gravissimo! Perchè sono molti di più quelli che non pregano purtroppo! E allora bisogna parlare a quelli che non pregano, non a quelli che pregano!”.
I giovani si sono avvicinati al rito della Beatificazione senza dormire, percorrendo Roma di notte e facendo tappa nelle varie chiese, otto in tutto, dislocate lungo il percorso verso San Pietro. E, nel giorno della cerimonia, Radio Speranza ha trasmesso in diretta l’evento, grazie all’aiuto, tra l’altro, di un giornalista polacco, Pavel Palka. Proprio parlando nella sua lingua il Papa Benedetto XVI pronuncia una parola – chiave per capire il rapporto tra Giovanni Paolo II ed il suo Paese, cioè la parola libertà: “Eravamo un Paese comunista e nessuno aveva mai pensato che la libertà potesse esistere anche per noi”, racconta in diretta il cronista. “Nel 1979 Giovanni Paolo II, visitando la Polonia, fu il primo a farci capire che invece potevamo averla anche noi!”
Le emozioni si rincorrono, insomma, e ognuno ha un suo ricordo particolare di Giovanni Paolo II. Come accade a Perdonis Vellieux, un sacerdote canadese del Québec, che ricorda una visita fatta a Roma con suo padre nel 1986: “Ero in partenza per un anno sabbatico a Gerusalemme e mio padre volle venire con me a Roma. Volevamo vedere Giovanni Paolo II ma dicevo a mio padre che non sarebbe stato possibile. Lui era a Castelgandolfo e chiedemmo il permesso di andare alla Messa del Papa. Fu possibile. Vedemmo il Papa – racconta il sacerdote – alla fine della Messa. Fece il giro. Ebbene: ci fu un incontro tra il Papa, mio padre, me e uno studente. Mi ricorderò sempre della frase di Giovanni Paolo II, che guardando mio padre disse: “È suo figlio! Avevo trentasei anni ed era la prima volta che venivo riconosciuto pubblicamente come il figlio di mio padre! Sapevo di esserlo, ma è stato il modo in cui Giovanni Paolo II ha ripreso la frase che mi ha colpito!”.
Esperienze personali che s’intrecciano alla grande storia, come ricorda mons. Luttwig Schwarz, arcivescovo di Linz, in Austria: “Lui ha fatto tanto per l’Europa, anche per l’Europa unita. Ha detto che il cristianesimo è la radice della Casa comune dell’Europa“. Proprio questo è forse il segno che più di tutti colpisce alla fine di questi giorni di festa: l’unità. Perchè su una cosa tutti sono stati uniti e concordi: Giovanni Paolo II è stato santo nella sua vita!