Martinez: “L’idealismo cristiano sta rinascendo”
Un grande stimolo è arrivato dalla quinta edizione del Convegno dei laici, svoltosi sabato scorso presso l’Oasi dello Spirito di Montesilvano Colle, che ha visto circa 500 persone, tra genitori, insegnanti, catechisti, sacerdoti e religiosi, ritrovarsi e confrontarsi sul grande tema dell’emergenza educativa, alla luce dei nuovi orientamenti della Chiesa “Educare alla vita buona del Vangelo”, per trarne nuove metodologie per favorire la crescita delle giovani generazioni sull’impronta di un rinnovato stile di vita cristiano. “Radicati in Cristo con la grazia del Battesimo”, questo il tema del meeting rafforzato dalla presenza di Salvatore Martinez, presidente del movimento ecclesiale “Rinnovamento nello Spirito Santo”, che “LaPorzione.it” ha intervistato.
Martinez, lei, nella sua relazione, ha visto in una profonda crisi spirituale l’origine della crisi sociale, politica ed economica che in questi anni sta affliggendo il mondo…
«Sì, abbiamo pensato che il potere dell’uomo potesse rendere l’uomo più capace di dominare la storia. Più cresce il potere dell’uomo, più l’uomo diventa un pover’uomo. Questa è l’evidenza del nostro tempo e la Chiesa si chiede come far crescere una nuova umanità, perché educare questo significa. Noi riteniamo che, in primo luogo, bisogna dare fiducia allo Spirito Santo, colui che ha la capacità di allenare i martiri del nostro tempo e di suscitare, nel cuore dei credenti, una nuova passione, una nuova responsabilità verso l’altro, soprattutto quando quest’ultimo sembra essere così diverso, così lontano da noi. Ci sono tante povertà, tante emergenze che la Chiesa osserva ogni giorno con grande senso di responsabilità. Ormai ci chiediamo da mesi, dopo la pubblicazione di questi orientamenti, come suscitare una vita buona in un tempo, in cui individualismo e pessimismo porterebbero molti a dichiarare lo sciopero della speranza. Eppure, ritengo che non ci sia un momento più provvidenziale di questo, per evangelizzare. Il crollo delle grandi ideologie, sembrava aver pensionato gli ideali. L’idealismo cristiano sta rinascendo e, tra le pieghe di un’umanità scontenta e delusa, c’è una nuova generazione di famiglie, di giovani che sta riprendendo sul serio il Vangelo, che si sta impegnando a riproporlo nella vita delle proprie comunità, attraverso i cammini di movimenti e di associazioni. Allora c’è speranza, ma prima dobbiamo avere chiara un’intuizione che fu prima di Giovanni Paolo II e oggi è di Benedetto XVI: per far crescere l’uomo, bisogna far crescere Dio. È direttamente proporzionale questa legge, più cresce l’uomo più cresce Dio. Meno cresce l’uomo meno cresce Dio».
Si dice che una volta toccato il fondo, non si può che risalire. Ma come siamo arrivati a tutto questo?
«Abbiamo ritenuto che si potesse separare lo spirituale dal sociale. Abbiamo ritenuto che il materiale, in nome di una felicità sempre più a portata d’uomo, fosse la risposta a tutti i bisogni, soprattutto ai più intimi dell’uomo. Invece, ci si accorge che l’onnipotenza della scienza, della tecnologia non riescono a soddisfare tutti i bisogni che sono nel cuore dell’uomo e nell’esistenza umana. Ecco perché la Chiesa dice di formare questa vita nuova dando credito, dando fiducia allo Spirito Santo. La nostra è, prima di tutto, un’esistenza spirituale. L’uomo è anche spirito e la società non può essere aliena dai valori dello Spirito. Il fallimento che abbiamo conosciuto, partiva da questa pretesa: un’antropologia atea che non riconoscesse il primato di Dio. Un’antropologia che confinasse Dio nell’aldilà, ponendo nel di qua soltanto il primato di egoismi autoreferenziali. Questa stagione credo che, ormai, si stia svelando in tutto il suo fallimento e le conseguenze sono evidenti. La crisi è nella politica, nell’economia, negli stati. La crisi è nelle politiche d’integrazione, di promozione sociale. Questo è il momento favorevole perché la Chiesa, che ha il Vangelo e la dottrina sociale della Chiesa, esca allo scoperto e mostri quella sapienza antica che oggi risulta essere provvidenziale».
E allora, quali sono gli spunti per ripartire? Cosa deve maturare nei laici, affinché possano essere lievito nelle proprie chiese locali e come la Chiesa stessa può essere lievito per recuperare questa situazione?
«Ripartire da Cristo, diceva Giovanni Paolo II tra la fine di un millennio e l’inizio di un altro. Come ripartire? Ripartire da Cristo che è un corpo, innanzi tutto, è la comunità cristiana e bisogna scegliere di esserne membri, scegliere di aderirvi, di sostenerla con tutte le forze, le energie, le capacità che abbiamo. Poi, ripartire dall’uomo: dobbiamo avere uno sguardo misericordioso, uno sguardo improntato alla giustizia, uno sguardo aperto, capace di dialogo con questa umanità che troviamo ogni giorno lungo il nostro cammino, lungo le nostre strade. Bisogna ripartire dall’uomo per ridargli la sua immagine primigenia. L’uomo è creato per essere felice e non per essere devastato dai non sensi e dall’incapacità di capire in che modo si sta su questa terra. Occorre anche ripartire dal Vangelo, perchè non c’è ispirazione più profonda, umanizzazione più alta, non c’è condotta sociale, politica, economica più fondata di quella che i vangeli ci rappresentano. Ripartire dal Vangelo significa ridare ispirazione e unità di fede alla nostra vita cristiana. E poi, direi di ripartire dai carismi che lo Spirito Santo continua ad elargire alla Chiesa, mediante i movimenti, le associazioni e le comunità che portano una ricchezza di doni, di carismi, di talenti che è ancora tutta da spendere. Noi non dobbiamo piangere miseria, perché abbiamo ricchezze spirituali enormi che possiamo offrire al Paese. È ancora viva una morale religiosa, un’etica cristiana. È ancora vivo un tessuto spirituale: l’Italia non ha perduto la fede, ma dobbiamo stare attenti che non si confini nell’insignificanza».
È impossibile non spendere delle parole anche per la prima agenzia educativa, la famiglia a cui segue un sacerdozio anch’esso ostacolato da questa crisi globale. Come intervenire per far ripartire questi importanti “anelli” della catena educativa, peraltro fondamentali per la formazione dei giovani?
«Una vocazione sacerdotale, ha bisogno intanto di una coppia di sposi che generi un figlio. Una vocazione politica, economica o di rappresentanza nell’agone sociale, ha bisogno ancora una volta di una coppia che generi figli. Insomma, intanto bisogna fare figli. È questa fecondità della famiglia uno dei primi segni che oggi, fortemente, bisogna rimettere in auge. La famiglia deve generare vita umana, deve generare vita cristiana, deve generare vita spirituale. La famiglia deve vivere un nuovo protagonismo: non essere solo oggetto di attenzione di politiche di sostegno. C’è una sua soggettività retta da un sacramento che rende il padre, la madre, gli sposi sacerdoti nella loro casa, piccola chiesa domestica. Tutto questo, però, deve rendersi manifesto in uno stile di vita familiare che sia cristiano, dove quelli che sono i fondamenti di vita, l’accoglienza, il rispetto, il dialogo, il sostegno reciproco, la solidarietà, vengono sperimentati. Se saranno sperimentati in famiglia, saranno poi testimoniati nella società e nella Chiesa dai figli che verranno e dalle nuove generazioni».
Il cardinal Bagnasco ha espresso la voglia di “aria pulita”, nella politica. Ma allora come, dopo il congresso di Todi, la Chiesa potrà far circolare idee nuove?
«La Chiesa non è mai di parte. Non ci si può certo attendere, che la gerarchia pronunci giudizi politici che favoriscano o penalizzino un partito o una formazione sociale. La Chiesa ha sempre inspirato, in sé stessa, un agire politico. Anche i movimenti, i laici impegnati sperimentano ogni giorno cosa significa un impegno politico, non soltanto quando si sostituiscono ai temi della giustizia sociale. Il grande lavoro che ordinariamente facciamo a vantaggio dei poveri, dei carcerati, degli emarginati, degli immigrati. Dove non arriva la politica parlamentare arriva la politica che, per le strade, nei luoghi e negli istituti, la Chiesa è capace dio fare e testimoniare. Se per politica, intendiamo invece un impegno determinato in una forma propriamente detta, è bene ricordare che, in questa fase, noi proponiamo una rievangelizzazione della politica, dei partiti, che rimetta in auge l’idealismo cristiano, che ridia credito a quel grande contributo valoriale che troviamo nella dottrina sociale della Chiesa, ritornando così ad interloquire con la comunità cristiana. Comunità politica e comunità cristiana devono tornare a dialogare. Ed è questo che la Chiesa sostiene di fare ed incoraggia a fare. E noi laici cristiani, abbiamo un ruolo fondamentale da svolgere in questa direzione».
Il cardinal Bagnasco ha espresso la voglia di “aria pulita”, nella politica. Ma allora come, dopo il congresso di Todi, la Chiesa potrà far circolare idee nuove?
Andando a Montecassino, senza far troppo casino. http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=196&ID_articolo=1453&ID_sezione=396
Ops, ho fatto casino… Alla prossima