Gli inglesi riscoprono la Bibbia
Nell’Europa secolarizzata di oggi, unita sui trattati e divisa dalla crisi non solo economica, ma anche etica e morale, fa un certo scalpore tornare ad ascoltare un primo ministro affermare frasi come: «La Bibbia è un libro che ha forgiato non solo il nostro Paese, ma il mondo intero». Eppure quella frase David Cameron, il primo ministro britannico, l’ha pronunciata davvero intervenendo alle celebrazioni del quarto centenario della King James Bible, la traduzione della Bibbia in inglese attribuita a re Giacomo, tenutesi pochi giorni fa nella cattedrale di Canterbury. Da quel momento, le parole di Cameron hanno immediatamente attraversato i confini arrivando fin sulle colonne de “L’Osservatore Romano”, che le ha pubblicate in una delle ultime edizioni.
Giunge, dunque, inaspettato il riconoscimento al testo sacro la cui traduzione, dal leader inglese, viene definita una delle più grandi imprese del Paese, un libro importante per comprendere il passato britannico e costruire il futuro della nazione: «La Bibbia di re Giacomo – ha osservato Cameron – è rilevante oggi, così come lo è stata in ogni momento dei suoi quattrocento anni di vita. Nessuno di noi deve avere paura di riconoscerlo, per tre ragioni. La prima è che essa ci ha consegnato in eredità una struttura di linguaggio che permea ogni aspetto della nostra cultura e del nostro patrimonio, dalle frasi di ogni giorno alle più grandi opere di letteratura, musica e arte. Viviamo e respiriamo la lingua della Bibbia di re Giacomo, talvolta senza nemmeno rendercene conto».
Un riconoscimento senza precedenti, quello del primo ministro inglese, che va bel oltre le affinità linguistiche e culturali: «Così come la nostra lingua e cultura – ha sottolineato il primo ministro – sono impregnate della Bibbia, lo è anche la nostra politica: dai diritti umani e dall’uguaglianza alla nostra monarchia costituzionale e democrazia parlamentare, dal ruolo della Chiesa nelle prime forme di provvedimenti di assistenza sociale ai molti progetti di azione sociale di ispirazione cristiana. La Bibbia è stata sempre uno stimolo all’azione per i credenti, e tale rimane oggi».
Ma nell’Europa dalle radici cristiane smarrite, in definitiva, ciò che più colpisce è l’importanza riconosciuta alla Bibbia per il suo contributo alla crescita della nazione: «Siamo un Paese cristiano – ha precisato Cameron – non dobbiamo aver paura di dirlo e la Bibbia ha aiutato a dare al nostro Paese una serie di valori e una morale che ne fanno ciò che è oggi, valori e morale che dobbiamo attivamente sostenere e difendere». Una constatazione che anticipa una nuova candida ammissione: «La neutralità morale – ha chiarito il primo ministro – non può essere un’opzione: non si può combattere qualcosa con il nulla. Perché se non crediamo in qualcosa, non potremo resistere a niente».