La carica positiva dell’accoglienza
L’accoglienza scioglie sempre il cuore. Sembra questo il “retroscena” del 23° viaggio apostolico di Benedetto XVI in terra latina e sembra essere questo il dono caratteristico del popolo messicano e cubano. E l’accoglienza, quella che è sinonimo non tanto di folla, ma di gioia, di volontà di ascolto, del mettersi in discussione, di confronto tra diversità, di fede matura che non giudica ma guarda il fratello a quattr’occhi, quell’accoglienza, non è mai programmata. Ed è evidentemente felice, gratificato dall’apprezzamento della gente, lo stesso Papa. E, sì, perché prima di essere il successore di Pietro, prima di prendere il nome di Benedetto XVI, quel prelato vestito di bianco è un uomo, delicato nei modi e forte nello Spirito, ma senza dubbio un uomo che avrà fatto i conti anche con le piazze diverse da quelle dei suoi predecessori. Badate bene, non è un giudizio, ma semplicemente una affermazione dei diversi carismi umani e la volontà di ribadire che l’amore crea sempre libertà.
Sembra libero Benedetto XVI, di indossare il sombrero nero, o bianco, non in un canovaccio di cortesia, non nello sforzo “sovraumano” di quelle mani incrociate e alzate al cielo nelle giornate della gioventù, ma nella autonomia di chi si sente ben voluto, in famiglia e nell’aspetto più vivace di chi vuole farsi, beatamente, una risata.
È l’accoglienza che non ha bisogno di sovrastrutture mastodontiche, quella trovata dal Papa, ma di cuori aperti e solidali, è l’accoglienza di cui spesso i più poveri sono capaci. Chi di noi non ha mai sentito frasi del tipo “si stava meglio quando si stava peggio” o racconti nostalgici sulle lunghe tavolate di case aperte agli ospiti e ai vagabondi nei difficili periodi del dopoguerra? O chi non ha percepito, visitando un Paese “non consumista” la capacità di “spezzare” con gioia le proprie risorse e di metterle sul tavolo della sacra ospitalità? Ripenso, ancora, alle parole di una donna, che raccontando superati momenti familiari difficili e precari, affermava: «la sera, spezzavamo 100 lire, ma eravamo uniti e felici. Lo siamo ancora adesso, ma non allo stesso modo».
Questo editoriale “leggero” non vuole disprezzare il benessere – ci mancherebbe – ma vuole apprezzare i valori che sempre realizzano “i semi che muoiono nella terra”. Non vuole nemmeno svalutare la carica politica e diplomatica degli incontri papali, ma ama semplicemente sottolineare, una sfumatura non pianificata, la carica positiva della contingenza.