La buona notizia non cambierà mai
Lo aveva profetizzato il NY Times a ridosso del secondo millennio, lo ha annunciato il Newsweek la scorsa settimana e in realtà, nel suo piccolo, è stata la scelta preferenziale di laPorzione.it quando, ai costosi preventivi di stampa e distribuzione, ha preferito investire in “manodopera”. Il digitale prende sempre più spazio e la carta, passo dopo passo, saluta il mondo delle parole. Si rinuncia al fascino antico di pagine impolverate e il cambiamento è ormai in fase di attuazione.
Non ci piace riconoscerlo, ma della carta ne facciamo già a meno.
Chi di noi non corre quotidianamente in rete per scovare l’ultima notizia, chi di noi non coltiva online passioni recondite o palesi che mai avrebbe rivelato al giornalaio sotto casa? Chi, tra i più esperti, non possiede abbonamenti in feed a temi cari – affettivamente parlando?
Non si tratta di giudicare cosa sia meglio, o cosa ci piaccia di più, ma semplicemente di prendere coscienza che siamo in fase di mutamento. E allora, cosa cambia?
Cambia tanto, in ordine economico per l’editore, nella speranza che il risparmio sul supporto possa essere investito nella scelta del personale – ma ho i miei dubbi.
Cambia la vita del redattore chiamato a correre, più che mai, sulla tastiera ergonomica, a scapito, senza dubbio, della precisione, e per un web a caccia di streghe e novità. Cambia il modo di scrivere, il nevrotico accorciare o allungare perché il pezzo redatto entri in quelle precise 1800 battute. Cambia la gioia di veder stampate, il giorno dopo, le tue righe con titoli, sottotitoli e occhielli “inaspettatamente” nella terzultima pagina.
Cambia la gente che legge i tuoi pezzi, non più quella del posto, non più il maestro in pensione, sempre a spasso con il cagnolino, che quotidianamente incontravi all’uscita dell’ufficio e dopo i finti complimenti segnalava virgole mancanti e abbreviazioni insolite.
Basta un tag e una buona indicizzazione su google che una semplice dissenteria del sindaco del paese può far morire di vergogna il primo cittadino per la rivelazione globale e far diventare famoso lo stesso Comune.
Cambiano i supporti e se qualche anno fa si giocava sulla rivoluzione delle dimensioni dei quotidiani o dei libri tascabili accade oggi la stessa cosa con tablet mini o a misura di presbite, o, perché no, di presbitero con tanto di copertina simil-messale e software con i rituali delle messe.
Cambia l’approccio al supporto, sempre più alla portata di tutti e, checché ne dicano i più anziani, sempre più facili da utilizzare. Basta girare per qualche store informatico, senza interessi per l’ultimo smartphone prodotto – che domani sarà già il terzultimo – che sarà facile notare giovani con jeans sotto natica, abbondanti brizzolati, nonché casalinghe truccate e proprio quel pensionato che incontravi nel parco della redazione (stavolta nemmeno ti vede), insieme, e carichi di interesse e quesiti, al corso intergenerazionale di prima informatizzazione.
Insomma cambia un po’ tutto, ma non cambiano le parole, che sono là, senza inchiostro, più confuse, meno articolate, a volte abbreviate, spesso “anglosassonizzate”, ma sempre cariche di significato e da distinguere e discernere per la portata di contenuto seppur con un semplice click. Cambierà pure il romantico movimento dell’avambraccio e il suono del materiale igroscopico allo sfogliar della pagina, impossibile da riprodurre perfettamente in digital sound, ma la buona notizia non cambierà mai.