“Chiediamo perdono per la globale indifferenza”
«Gli immigrati morti in mare sono “come una spina nel cuore”, che deve provocare la coscienza di tutti per “cambiare concretamente certi atteggiamenti». Lo ha affermato ieri Papa Francesco, nella sua prima uscita in Italia sull’isola di Lampedusa, all’inizio della sua omelia ispirata dal titolo di una notizia di cronaca “Immigrati morti in mare, da quelle barche che invece di essere una via di speranza sono state una via di morte”. Quando alcune settimane fa ho appreso questa notizia, che purtroppo tante volte si è ripetuta – ha confidato Papa Francesco – il pensiero vi è tornato continuamente come una spina nel cuore che porta sofferenza. E allora ho sentito che dovevo venire qui oggi a pregare, a compiere un gesto di vicinanza, ma anche a risvegliare le nostre coscienze perché ciò che è accaduto non si ripeta».
Per questo, fin dall’inizio il Papa ha espresso una parola di gratitudine ed incoraggiamento agli abitanti di Lampedusa e Linosa, alle associazioni, ai volontari e alle forze di sicurezza che hanno mostrato e mostrano attenzione a persone nel loro viaggio verso qualcosa di migliore: «Voi siete una piccola realtà, ma offrite un esempio di solidarietà!, ha aggiunto il Pontefice, ringraziando l’arcivescovo di Agrigento, monsignor Francesco Montenegro, per le sue parole -. Un pensiero, inoltre, ai cari immigrati musulmani che stanno iniziando il digiuno di Ramadan: la Chiesa vi è vicina nella ricerca di una vita più dignitosa per voi e le vostre famiglie».
Le riflessione del Santo Padre, si è quindi portata sul concetto e sul valore dell’accoglienza: «La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, – ha denunciato Papa Francesco – ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che portano all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza».
È stato questo il punto centrale dell’omelia, con la quale il Papa ha richiamato tutti alle proprie responsabilità: «Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro – ha accusato il Papa -, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro! Oggi ritorna la figura dell’Innominato di Manzoni, perché la globalizzazione dell’indifferenza ci rende tutti “innominati”, responsabili senza nome e senza volto. Chiediamo perdono per l’indifferenza verso tanti fratelli e sorelle, ti chiediamo perdono per chi si è accomodato, si è chiuso nel proprio benessere che porta all’anestesia del cuore, ti chiediamo perdono per coloro che con le loro decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che conducono a questi drammi».
Infine, il Santo Padre ha voluto lanciare un ulteriore spunto di riflessione citando una questione: “Adamo, dove sei?”: «É la prima domanda che Dio rivolge all’uomo dopo il peccato – ha ricordato il Pontefice -. L’uomo della Genesi è un uomo disorientato che ha perso il suo posto nella creazione perché crede di diventare potente, di poter dominare tutto, di essere Dio. E l’armonia si rompe, l’uomo sbaglia e questo si ripete anche nella relazione con l’altro che non è più il fratello da amare, ma semplicemente l’altro che disturba la mia vita, il mio benessere». Successivamente, però, Dio pone un’altra domanda: “Caino, dov’è tuo fratello?”: «Il sogno di essere potente, di essere grande come Dio, anzi di essere Dio, – ha evidenziato Papa Francesco – porta ad una catena di sbagli che è catena di morte, porta a versare il sangue del fratello!».
Così, secondo il Pontefice, queste due domande di Dio risuonano anche oggi, con tutta la loro forza: «Tanti di noi, mi includo anch’io, – ha concluso il Santo Padre – siamo disorientati, non siamo più attenti al mondo in cui viviamo, non curiamo, non custodiamo quello che Dio ha creato per tutti e non siamo più capaci neppure di custodirci gli uni gli altri. E quando questo disorientamento assume le dimensioni del mondo, si giunge a tragedie come quella a cui abbiamo assistito».