“Spalanchiamo il cuore a chi ci viene mandato”
«“Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore”, “Come io vi ho amati, così amatevi anche voi gli uni gli altri”. Amatevi come io vi ho amati, con un amore senza limiti, con l’amore che viene da Dio e che solo Dio sa dare ai suoi figli. Certamente, non si tratta di un’impresa facile: amarci come il Signore ci ha ama, ci ha amato e ci amerà, ma questo è il comandamento che vogliamo mettere in pratica, se vogliamo vivere nella logica del Vangelo della Carità».
Con queste parole tratte dal Vangelo del giorno, pronunciate ieri sera nell’omelia della Santa Messa presieduta nella parrocchia di Sant’Antonio di Padova di Montesilvano, l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti ha introdotto la cerimonia di consegna del mandato della carità agli operatori delle Caritas parrocchiali presenti su tutto il territorio diocesano, che hanno gremito le navate della chiesa montesilvanese nel giorno in cui la Chiesa universale ha celebrato la Beata Vergine Maria del Rosario.
Erano dunque in molti gli operatori Caritas presenti alla liturgia, ognuno di loro rappresentante un tassello che unito agli altri, contribuisce a formare la Chiesa: «Papa Francesco – ricorda il presule – non si stanca mai di dire che la Chiesa siamo noi, ed è vero. La Chiesa non sono i vescovi, i presbiteri o il Papa. La Chiesa siamo tutti noi. E qui davanti, ne ho un’eletta parte della Chiesa di Pescara-Penne, perché voi date il buon esempio di disponibilità nella carità, nel vivere tutte le opere che la nostra Caritas diocesana e la nostra fondazione riescono a mettere insieme per rispondere ai bisogni degli ultimi e dei sofferenti. Tutto questo per rispondere alle situazioni di coloro che vivono la stessa situazione di quell’uomo che fu aiutato da quel samaritano».
Ed è stata proprio la parabola del buon samaritano a fungere da buon viatico per sottolineare quella che è una caratteristica peculiare dell’operatore Caritas: «Il sacerdote e il levita – sottolinea monsignor Valentinetti sempre nell’omelia, rivolgendosi ai tanti volontari presenti – passano oltre, ma il samaritano, lo straniero, si ferma. Il giudeo non aveva niente a che spartire con un samaritano: ebbene lo straniero si ferma ed ha compassione di lui. È molto chiara questa pagina del Vangelo: “Un samaritano che era in viaggio passandogli accanto vide e ne ebbe compassione”. Ecco la parola importante, ecco la chiave per aprire i cuori di tutti: essere animati dalla compassione, dal patire con, dallo stare con chi vive le situazioni più difficili, le situazioni più assurde. E noi di situazioni difficili ed assurde ne vediamo tante, anzi più passa il tempo e più ne vediamo e più situazioni bussano alla porta del nostro cuore. Spalanchiamo le porte del nostro cuore, facciamolo diventare un cuore di carne sempre di più. Togliamo il cuore di pietra dalla nostra intimità e sentiremo che il nostro cuore batte e palpita d’amore per coloro che ci vengono mandati affinché noi, in prima persona, potremo parlargli di vero amore, di amore senza condizione. “Amatevi come io ho amato voi”».
Al termine del commento della Parola di Dio, l’arcivescovo di Pescara-Penne ha guidato la pronuncia della formula di rito che ha rinnovato il mandato agli operatori Caritas e poi, nel finale, c’è stato l’intervento del direttore della Caritas diocesana: «Grazie a voi – afferma don Marco Pagniello -, referenti delle varie Caritas parrocchiali della nostra diocesi. Ormai, siamo arrivati a più di 40 presidi di carità, siamo presenti in 40 parrocchie. E se consideriamo che, in totale, di parrocchie ce ne sono un centinaio, allora vuol dire che riusciamo a coprire gran parte del nostro territorio diocesano e che abbiamo in parte realizzato ciò che il vescovo ci chiedeva qualche anno fa, quando ci esortava ad essere una Chiesa accogliente, capace di aprire le porte del cuore».
Successivamente, don Marco ha evidenziato quella che è la vera natura del volontario Caritas: «Tanto facciamo – aggiunge il direttore della Caritas diocesana -, ma tanto c’è ancora da fare. Ricordiamoci che non siamo noi ad essere chiamati a risolvere tutti i problemi, perché non tocca a noi e non dobbiamo sostituirci a chi ha questo compito, però a noi è chiesto di porre dei segni di speranza. E il lavoro che abbiamo fatto e che vogliamo fare è proprio questo: in un momento di sconforto e di crisi vogliamo mettere dei segni di speranza. Chi incontra noi, nel nostro piccolo servizio e nonostante i nostri peccati, deve incontrare la speranza perché siamo portatori del Signore Gesù».
La celebrazione eucaristica si è quindi conclusa con un momento fortemente simbolico grazie alla consegna di un segno-impegno, ovvero dell’effige di una Madonnina realizzata dai detenuti del Carcere pescarese, insieme ad una preghiera mariana di Papa Francesco, affidata alle singole Caritas parrocchiali nel giorno dedicato alla Beata Vergine del Rosario: «Quello che vi chiediamo – conclude don Marco Pagniello – è che ogni volta voi aprirete il centro di ascolto ed apprestandovi a fare ogni servizio, voi preghiate il Signore attraverso la Vergine Maria perché ci faccia sempre più segni della sua presenza, segni della sua speranza».
Quella di ieri, dunque, è stata una liturgia significativa soprattutto per loro, gli operatori delle Caritas parrocchiali: «Abbiamo vissuto un momento molto importante – commenta Palma, un’operatrice Caritas della parrocchia di Sant’Antonio di Padova di Montesilvano – innanzi tutto perché abbiamo pregato insieme, condividendo la Messa, prendendo la forza per andare avanti ancora un altro anno. Perché non è che tutto si esaurisce qui, essendo questo solo l’inizio del nuovo anno e la preghiera deve essere l’inizio di ogni azione. E poi, ricevere il mandato dal nostro arcivescovo ci ha riempito di gioia».