“Cristo non può essere diviso”
Un applauso fragoroso e spontaneo, in una chiesa dello Spirito Santo gremita di fedeli, non poteva rappresentare un sugello migliore a conclusione delle veglia di preghiera ecumenica che, ieri sera, ha visto riunire insieme metodisti, battisti, ortodossi e cattolici presenti a Pescara per celebrare la Settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani, in base al tema individuato dalla Chiesa canadese: “Cristo non può essere diviso”. Un evento, questo, che per la prima volta in assoluto ha visto le varie fedi cristiane non come semplici ospiti all’interno di una liturgia cattolica, ma co-protagoniste in una vera e propria celebrazione ecumenica: «Questa volta – sottolinea don Achille Villanucci, direttore della Pastorale Ecumenica dell’arcidiocesi di Pescara-Penne – abbiamo voluto fare un passo in avanti, preparando insieme questa preghiera attraverso un bel cammino che ha saputo tenere insieme tutte le sensibilità. Del resto, con l’aiuto di Dio si può fare tutto».
La liturgia, si è quindi aperta con i rappresentanti della Chiesa ortodossa rumena, cattolica romana, metodista ed ecumenica che hanno deposto, ai piedi dell’altare, rispettivamente pane, sale, una candela e dell’acqua, simboli che da sempre uniscono le fedi cristiane nel quotidiano cammino di fede. Successivamente, la preghiera è entrata nel vivo con la lettura di tre passi biblici, ognuno commentato da due rappresentanti delle fedi presenti, intervallati dai canti suonati ed interpretati dall’orchestra e dal coro del movimento Pro-Sanctitate. La prima lettura, si è soffermata sui primi dieci versi del capitolo 11 del libro del profeta Isaia: «Oggi si parla di pace – riflette Pietro Evangelista, esponente della Chiesa evangelica pentecostale -, ma la guerra imperversa da tutte le parti. Oggi si parla di cammino di relazione, ma nelle famiglie c’è discordia, mentre tra i gruppi religiosi c’è diffidenza ed allontanamento reciproco: perché? Perché bisogna tornare alla radice, in quanto Cristo è la nostra pace e Lui ha detto “Io sono venuto affinché voi abbiate pace, ma non come il mondo la può offrire. Io vi do la mia pace, quella che non finisce mai”. E allora chiediamo a Dio di darci la sua pace, attraverso Gesù Cristo che è morto per i nostri peccati 2 mila anni fa».
Sullo stesso passo biblico, si è poi espressa anche un’esponente della Chiesa metodista: «C’è una cosa che sorprende in questo testo – osserva la pastora Greetje van der Veer -, ovvero che il lupo e l’agnello stanno insieme e così come loro anche il leone, i bambini ed il serpente. Sembra un’utopia e, fino a qualche decennio fa, anche questo incontro lo sembrava ed oggi invece è realtà. Anche se un’utopia non lo è mai stato perché, come ha scritto il profeta Isaia, noi non dobbiamo cambiare il nostro “Dna”: il lupo resta lupo, il leone resta leone e l’agnello resta agnello. E per rappresentare tutto questo i nostri fratelli e le nostre sorelle canadesi, nel preparare la traccia di questo avvenimento, ci portano un simbolo: se avete presente la bandiere canadese, al centro c’è una foglia d’acero. Un’unica foglia, nutrita da uno stelo, con diverse punte. È così che, nutriti da Gesù Cristo, possiamo dimorare e vivere insieme e possiamo anche fare di più: fiorire insieme».
In seguito è stata la volta della seconda lettura, i primi 17 versi del primo capitolo della prima lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi, commentata dapprima da un componente della Chiesa cattolica ecumenica: «Il mio pensiero – racconta Gianni Di Marco – si è fossilizzato su questa frase della lettera “Vi chiedo che viviate d’accordo”. Sono delle parole molto chiare, non hanno bisogno di essere arricchite da me. Paolo è stato chiaro: Dio non lo possiamo dividere. Il mio Cristo, il tuo Cristo: non è un Cristo diverso, ma è lo stesso Cristo. Per questo, la Settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani non dobbiamo viverla come un rito da compiere o una delle tante esperienze religiose che dobbiamo fare, come fosse un atto dovuto, ma come un incontro da cui estrapolare un messaggio da diffondere a tutti: noi riusciamo ad essere diversi, a volerci più bene, a rispettarci di più, a non dire la mia Chiesa la tua Chiesa. Condivido il pensiero della pastora metodista: pur conservando ognuno il proprio Dna, non possiamo permetterci di dividere l’unico Cristo. Sia questo un momento che ci porti ad essere più famiglia, a venirci più incontro secondo le necessità».
Sulla stessa lettura, un altro interessante approfondimento è stato condotto da un membro della Chiesa Battista: «La Chiesa di Corinto – puntualizza Carlo Buzzelli, leggendo la lettera inviata dal pastore battista di Isola Liri Lino Galbiano – era variegata: c’erano i convertiti dall’Ebraismo, i convertiti dal culto degli dei. E in tutto questo, si erano create delle fazioni: questo succedeva nel 55 dopo Cristo ma anche oggi, a distanza di 2 mila anni, le cose non sono molto cambiate. Secondo uno studio fatto nel 2011 dall’Agenzia di statistica sulle religioni, le denominazioni cristiane sono 41 mila. Se poi consideriamo che alcune di queste sono uguali, seppur avendo nomi diversi, scendono a 31 mila essendo però sempre molte. Relativamente a questo, Paolo non dice ai corinzi “Smettetela di essere diversi”, anzi ringrazia Dio per i modi differenti in cui essi vivevano la loro fede in Gesù Cristo, ma li esorta affinché non ci siano divisioni, scismi e lacerazioni che, purtroppo, si sono puntualmente verificate nei secoli. Ed ecco che allora Gesù Cristo viene fatto a pezzettini e ognuno crede di avere quello più importante, ma Paolo ci ricorda che non si tratta di seguire una religione anziché un’altra guardando, invece, insieme alla croce di Cristo perché è ai suoi piedi che ci accorgiamo di essere tutti uguali. Così, come credenti, abbiamo la possibilità di riconoscerci fratelli ai piedi della croce mettendo fine ai personalismi ed al pensare solo a noi stessi. Il mondo se lo aspetta, la società se lo aspetta, Dio se lo aspetta».
Infine con terza lettura, dal verso 24 al 30 del capitolo 22 del Vangelo di Luca che narra della discussione per stabilire chi fra i discepoli fosse il più importante, si è espressa la Chiesa cattolica romana: «Se vogliamo essere cristiani – avverte don Achille Villanucci -, questo brano evangelico ce lo dobbiamo scolpire nella mente e nel cuore. In questi versi, da una parte c’è la tentazione di primeggiare e dall’altre c’è la risposta del Signore: “Chi conta è chi serve”. Se non abbiamo capito questo, non abbiamo capito niente del Vangelo. Se non abbiamo capito cos’è l’umiltà, non faremmo alcun cammino ecumenico: nessun dialogo può esserci tra superbi, per dialogare bisogna essere umili come Gesù ci ha insegnato scendendo dal cielo sulla terra, nascendo in una stalla e facendo una vita da operaio. Se nel cammino ecumenico cominciamo a vedere chi è più importante, non andremo mai avanti. Gesù Cristo ce l’ha insegnato: guardare dal basso verso l’alto, Lui che lavava i piedi agli apostoli. Gesù Cristo dev’essere la nostra vita: se ce l’abbiamo dialoghiamo. L’umiltà la raggiungeremo stando di più in ginocchio».
Sulla stessa linea anche il delegato della Chiesa ortodossa rumena: «Il richiamo di Cristo – conclude Padre Alin Iarca – è chiaro: “Sappiate che solo il dono, il servizio, l’occupare l’ultimo posto danno la grazia di essere accolti da Dio. Solo il messia di Nazareth ci porta questa sapienza, questa comprensione del mondo». Infine il richiamo all’unità dei cristiani: «Questa unità – afferma il pope ortodosso, citando San Cipriano – abbraccia il tempo e lo spazio, le cose terrestri e quelle celesti, la Chiesa degli angeli». Le celebrazioni della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, proseguiranno fino a venerdì sera, ancora una volta nella chiesa dello Spirito Santo alle ore 21, quando si svolgerà una nuova preghiera ecumenica questa volta officiata attraverso il metodo di preghiera della comunità di Taizè.