“La vicinanza e la tenerezza sono la regola di vita anche per noi”
"Gesù ci ha aperto il suo regno, ma sta a ciascuno di noi entrarvi, già a partire da questa vita, facendoci concretamente prossimo al fratello che chiede pane, vestito, accoglienza, solidarietà"

«Il regno di Gesù ci ricorda che la vicinanza e la tenerezza sono la regola di vita anche per noi». Lo ha affermato ieri mattina Papa Francesco, nella solennità di Cristo Re, quando ha celebrato sul sagrato della basilica di San Pietro la Santa Messa il rito di canonizzazione dei beati Giovanni Antonio Farina, Kuriakose Elias Chavara della Sacra Famiglia, Ludovico da Casoria, Nicola da Longobardi, Eufrasia Eluvathingal del Sacro Cuore ed Amato Ronconi: «Gesù – spiega il Pontefice – ha realizzato il regno con la vicinanza e la tenerezza verso di noi. Egli è il Pastore, di cui parla il profeta Ezechiele: tutto questo brano è intessuto di verbi che indicano la premura e l’amore del Pastore verso il suo gregge: cercare, passare in rassegna, radunare dalla dispersione, condurre al pascolo, far riposare, cercare la pecora perduta, ricondurre quella smarrita, fasciare la ferita, curare la malata, avere cura, pascere. Tutti questi atteggiamenti sono diventati realtà in Gesù Cristo: Lui è davvero il Pastore grande delle pecore e custode delle nostre anime. E quanti nella Chiesa siamo chiamati ad essere pastori, non possiamo discostarci da questo modello, se non vogliamo diventare dei mercenari. A questo riguardo, il popolo di Dio possiede un fiuto infallibile nel riconoscere i buoni pastori e distinguerli dai mercenari».
E dopo la sua Risurrezione, come Gesù porta avanti il suo regno?: «È il Padre – spiega il Santo Padre – che a poco a poco sottomette tutto al Figlio, e al tempo stesso il Figlio sottomette tutto al Padre. Gesù non è un re alla maniera di questo mondo: per Lui regnare non è comandare, ma obbedire al Padre, consegnarsi a Lui, perché si compia il suo disegno d’amore e di salvezza. Così c’è piena reciprocità tra il Padre e il Figlio. Dunque il tempo del regno di Cristo è il lungo tempo della sottomissione di tutto al Figlio e della consegna di tutto al Padre».
L’ultimo nemico ad essere annientato, quindi, sarà la morte: «Alla fine – sottolinea il Papa -, quando tutto sarà stato posto sotto la regalità di Gesù, e tutto, anche Gesù stesso, sarà stato sottomesso al Padre, Dio sarà tutto in tutti. Ma c’è un ulteriore passo. Il Vangelo ci dice che cosa il regno di Gesù chiede a noi: ci ricorda che la vicinanza e la tenerezza sono la regola di vita anche per noi, e su questo saremo giudicati. Dunque, la salvezza non comincia dalla confessione della regalità di Cristo, ma dall’imitazione delle opere di misericordia mediante le quali Lui ha realizzato il Regno».
Chi le compie dimostra di avere accolto la regalità di Gesù, perché ha fatto spazio nel suo cuore alla carità di Dio: «Alla sera della vita – ribadisce Papa Bergoglio – saremo giudicati sull’amore, sulla prossimità e sulla tenerezza verso i fratelli. Da questo dipenderà il nostro ingresso o meno nel regno di Dio, la nostra collocazione dall’una o dall’altra parte. Gesù, con la sua vittoria, ci ha aperto il suo regno, ma sta a ciascuno di noi entrarvi, già a partire da questa vita, facendoci concretamente prossimo al fratello che chiede pane, vestito, accoglienza, solidarietà. E se veramente ameremo quel fratello o quella sorella, saremo spinti a condividere con lui o con lei ciò che abbiamo di più prezioso, cioè Gesù stesso e il suo Vangelo!».
Del resto, ad indicarci la strada ci sono i Santi: «Oggi – riflette Papa Francesco – la Chiesa ci pone dinanzi come modelli i nuovi Santi che, proprio mediante le opere di una generosa dedizione a Dio e ai fratelli, hanno servito, ognuno nel proprio ambito, il regno di Dio e ne sono diventati eredi. Ciascuno di essi ha risposto con straordinaria creatività al comandamento dell’amore di Dio e del prossimo. Si sono dedicati senza risparmio al servizio degli ultimi, assistendo indigenti, ammalati, anziani, pellegrini. La loro predilezione per i piccoli e i poveri era il riflesso e la misura dell’amore incondizionato a Dio».
I sei nuovi Santi, secondo il Santo Padre, hanno cercato e scoperto la carità nella relazione forte e personale con Dio, dalla quale si sprigiona il vero amore per il prossimo: «Perciò – riflette il Pontefice – nell’ora del giudizio, hanno udito questo dolce invito: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo”. Con il rito di canonizzazione, ancora una volta, abbiamo confessato il mistero del regno di Dio e onorato Cristo Re, Pastore pieno d’amore per il suo gregge».
Da qui l’auspicio: «Che i nuovi Santi – conclude il Papa -, col loro esempio e la loro intercessione, facciano crescere in noi la gioia di camminare nella via del Vangelo, la decisione di assumerlo come la bussola della nostra vita. Seguiamo le loro orme, imitiamo la loro fede e la loro carità, perché anche la nostra speranza si rivesta di immortalità. Non lasciamoci distrarre da altri interessi terreni e passeggeri. E ci guidi nel cammino verso il regno dei Cieli la Madre, Maria, Regina di tutti i Santi».