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Filosofia per la vita. Il “diario filosofico”

La filosofia antica concepiva il pensiero come allenamento, la scrittura come esercizio di autocontrollo. Un esempio nei "Pensieri" di Marco Aurelio.

cop.aspxOggi giorno molti considerano la filosofia come un’attività esclusivamente intellettuale, praticata da uomini che hanno come unico fine dilettare la mente stando comodamente seduti tra un tomo e un mouse. Invece gli antichi consideravano la filosofia come un esercizio che coinvolge la mente e il corpo, così i filosofi erano celebrati tanto per l’acume quanto per la prestanza fisica: Platone era un famoso lottatore (il suo nome significa di “spalle larghe”), molti stoici provetti pugili, Socrate il più robusto soldato dell’esercito ateniese, mentre Diogene era così forte da saper abitare in una botte. Musonio Rufo, maestro del filosofo Epitteto protagonista di un altro nostro articolo, sosteneva che la filosofia è priva di valore se non si unisce all’allenamento pratico – fisico e mentale – dai greci chiamato áskesis. Alcune delle lezioni di Musonio Rufo furono raccolte dai discepoli, così nel Dell’Esercizio possiamo leggere: «La virtù non è solo una scienza teorica, bensì anche pratica, come la medicina e la musica. Come infatti il medico e il musicista non devono solo aver appreso i precetti ciascuno della propria arte, ma devono anche impratichirsi per migliorare le loro competenze, allo stesso modo chi vuole essere virtuoso non dovrebbe solo ascoltare gli insegnamenti ma anche metterli in pratica». La virtù, che coincideva per gli stoici con la libertà interiore e la resistenza alle avversità, richiedeva un addestramento pratico (áskesis) sia del corpo sia dell’anima. Il discepolo doveva essere addestrato al freddo e al caldo, alla sete e alla fame, alla scarsità del cibo e alla scomodità del giaciglio, perché attraverso la sopportazione delle fatiche rinforzava l’anima imparando a praticare l’autocontrollo. L’allenamento filosofico richiedeva molto tempo e un monitoraggio costante, come si fa in palestra, per verificare di volta in volta i risultati e gli eventuali progressi ottenuti. Uno dei metodi usati dai filosofi a questo scopo consisteva nel tenere un diario, hypómena in greco. Se un filosofo sapeva, ad esempio, di essere iracondo, vigilava su stesso per tutto il giorno e a sera faceva il bilancio di quante volte aveva perso le staffe, lo registrava sul diario e verificava eventuali progressi fatti nel corso del tempo.

E se provassimo anche noi ad avere un “diario filosofico”, oggi, quali peculiari vantaggi potremmo trarre?

Il massimo esempio di “diario filosofico” dell’antichità può essere considerata la raccolta di Pensieri di Marco Aurelio, imperatore di Roma dal 161 al 180, ritenuto da Machiavelli un sovrano illuminato, regnò in un periodo difficile per Roma battendosi contro le tribù germaniche, e finì i suoi giorni prostrato nel fisico ma non nell’animo. Ad una prima lettura il testo potrebbe apparire un insieme di frammenti, o come si dice con un immagine letteraria di “schegge”, disorganico e allo stesso tempo accattivante. Il titolo originale Ta eis heautón, che in greco significa “A se stesso”, fa capire che Marco Aurelio non scrisse per compiacere il pubblico ma al fine, che dovrebbe essere proprio di un qualsiasi “diario filosofico”, di sottoporsi ad un vero addestramento spirituale. Scrive Marco Aurelio: «Van cercando ritiri, alla campagna, alla marina, sui monti […]. Ma cotesto è da uomo ignorantissimo, potendo tu, a quell’ora che vuoi tu, ritirarti in te stesso. Perché in nessun luogo si ritira l’uomo con più tranquillità […]massimamente chi ci ha dentro tanti oggetti di contemplazione […]. Concedi dunque sovente a te questo ritiro e rinovella quivi te stesso» (IV,3). Con il “diario filosofico”, ossia usando la scrittura come esercizio, dovremmo riuscire ad avviare un dialogo di auto-aiuto con noi stessi, al fine di correggere le nostre cattive abitudine mentali attraverso un continuo autocontrollo. Il “diario filosofico” è uno strumento utile per riflettere su episodi che durante il giorno hanno scatenato in noi forti emozioni negative – ad esempio l’ira –, ed esercitarsi a capire quali convinzioni ne siano state l’origine. A questo punto, potremo valutare le nostre convinzioni, verificare se hanno un senso e, se non l’hanno, modificarle con risposte più razionali e meno istintive. Quando utilizziamo un diario in questo modo, combattiamo le nostre cattive abitudini mentali, cercando di assumere nuovi atteggiamenti perché diventino a loro volta abitudini consolidate attraverso l’esercizio. Mettiamo ad esempio che il nostro problema è avere un carattere facilmente iracondo. Possiamo dominare l’ira? L’ira nasce sempre da un giudizio del tipo: “sono stato ferito da qualcuno, o da qualcosa, ed è giusto che mi vendichi”. Marco Aurelio scrive nei Pensieri: «Quando ti alzi al mattino comincia col dire a te stesso: incontrerò un indiscreto, un ingrato, un prepotente, un impostore, un invidioso, un egoista. Il loro comportamento deriva ogni volta dall’ignoranza di ciò che è bene e ciò che male» (II,1). Una volta comprese le non-ragioni per cui chi ci fa adirare si comporta così e probabilmente non cambierà mai, convinceremo noi stessi che è meglio non reagire e non ci adireremo più. Per riuscirci dovremo esercitare quotidianamente l’autocontrollo, monitorare i risultati nel tempo, quantificare i progressi, per far diventare quel comportamento acquisito un’abitudine consolidata. A detta di Epitteto devono trascorrere trenta gironi perché possa dirsi di essere liberati da un’abitudine mentale negativa; scrive il filosofo nel Manuale: «Se dunque disponi di non essere iracondo,[…] conta le giornate in cui non ti adirasti». Quindi, andrai ad annotare sul diario filosofico: «Ero solito adirarmi ogni giorno; adesso a giorni alterni, e poi ogni due, e poi ogni tre». Calcolando i giorni in cui siamo riusciti a resistere ad una cattiva abitudine, rinforzeremo la nostra volontà; annotando i progressi, saremo incoraggiati a proseguire.

La possibilità di addestrarci a migliorare il nostro autocontrollo, esercitando sia il corpo sia la mente, è oggetto di ricerca della moderna psicologia, del counselling filosofico, di alcune discipline olistiche orientali; mentre la concezione greca della filosofia come áskesis fu fatta propria dai primi cristiani, confluendo nelle pratiche del “discernimento” e dell‘“ascetismo”. Qui si è voluta suggerire una modalità di autocontrollo, quella del “diario filosofico”, intesa come strumento per riscoprire gli effetti benefici che può avere un pensiero allenato. Il pensiero va allenato bene, come il corpo. Chiudiamo con quello che riteniamo essere il più bello tra gli esercizi consigliati da Marco Aurelio per allenare corpo e mente nella conquista della libertà interiore e della forza contro le avversità. Tutto il Primo libro dei Pensieri è dedicato alle ammonizioni che l’imperatore rivolge a se stesso, affinché ricordi i benefici per i quali è in debito con gli altri. Duemila anni fa, Marco Aurelio aveva già capito che il modo migliore per liberarsi dalle abitudini mentali negative è concentrarsi sulle cose belle della vita. Anche il nostro “diario filosofico” potrebbe iniziare annotando ogni giorno tre cose per cui ci si sente grati. Il Primo Libro dei Pensieri (I, 1-2-3) si apre con il ringraziamento di Marco Aurelio a tre persone, e non solo, per le relative cose indicate:

1) «Da mio nonno Vero: il carattere buono e non irascibile».

2) «Dalla fama e dal ricordo che si conservano di mio padre: il comportamento riservato e virile».

3) «Da mia madre: la religiosità, la generosità e la ripugnanza non solo a compiere il male, ma anche all’idea di compierlo; ancora: il tenore di vita semplice e distante dalla condotta dei ricchi».