“Essere qualcuno, farsi un nome. Da qui nascono solitudine e infelicità”
"In che cosa Cristo si è mostrato potente? - s'interroga il Papa - Perché ha saputo fare quello che i re della terra non fanno, dare la vita per gli uomini. Questo è vero potere. Potere della fratellanza, potere della carità, potere dell’amore, potere dell’umiltà. Questo ha fatto Cristo. In questo sta la vera libertà. Chi ha questo potere dell’umiltà, del servizio, della fratellanza, è libero. A servizio di questa libertà sta la povertà elogiata dalle Beatitudini"

«Bisogna essere qualcosa nella vita, essere qualcuno… Bisogna farsi un nome… È da questo che nasce la solitudine e l’infelicità». Lo ha affermato Papa Francesco nell’udienza generale di oggi, tenuta nell’Aula Paolo VI in Vaticano, dedicata alla prima delle otto Beatitudini del Vangelo di Matteo “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei cieli”: «Se io devo essere “qualcuno” – afferma il Papa -, sono in competizione con gli altri e vivo nella preoccupazione ossessiva per il mio ego. Se non accetto di essere povero, prendo in odio tutto ciò che mi ricorda la mia fragilità. Perché questa fragilità impedisce che io divenga una persona importante, un ricco non solo di denaro, di fama, di tutto» .
Quindi per il Pontefice, la strada indicata dalla prima Beatitudine è la povertà: «Che cosa si intende qui con “poveri”? – s’interroga il Santo Padre -. Se Matteo usasse solo questa parola, allora il significato sarebbe semplicemente economico, cioè indicherebbe le persone che hanno pochi o nessun mezzo di sostentamento e necessitano dell’aiuto degli altri. Ma il Vangelo di Matteo, a differenza di Luca, parla di “poveri in spirito”. Lo spirito, secondo la Bibbia, è il soffio della vita che Dio ha comunicato ad Adamo. È la nostra dimensione più intima, diciamo la dimensione spirituale, quella che ci rende persone umane, il nucleo profondo del nostro essere. Allora i “poveri in spirito” sono coloro che sono e si sentono poveri, mendicanti, nell’intimo del loro essere. Gesù li proclama beati, perché ad essi appartiene il Regno dei cieli. Quante volte ci è stato detto il contrario! Bisogna essere qualcosa nella vita, essere qualcuno… Bisogna farsi un nome… È da questo che nasce la solitudine e l’infelicità».
Del resto, la solitudine non porta frutto: «Ognuno, davanti a sé stesso – sottolinea Bergoglio -, sa bene che, per quanto si dia da fare, resta sempre radicalmente incompleto e vulnerabile. Non c’è trucco che copra questa vulnerabilità. Ognuno di noi è vulnerabile dentro. Ma come si vive male se si rifiutano i propri limiti! Si vive male, non si digerisce il limite».

Per spiegarlo, Papa Francesco ha fatto un esempio pratico: «Le persone orgogliose – osserva – non chiedono aiuto, non possono, non gli viene di chiedere aiuto perché devono dimostrarsi autosufficienti. Quanti di loro hanno bisogno di aiuto, ma l’orgoglio impedisce di chiedere aiuto. E quanto è difficile ammettere un errore e chiedere perdono! Quando io do quei consigli agli sposi novelli che mi dicono come portare avanti il loro matrimonio bene, io dico che ci sono tre parole magiche, permesso, grazie, scusa. Sono parole che vengono dalla povertà, non essere invadente; dialogo in famiglia, sposa-sposo. Dire “Grazie, avevo bisogno”. E poi sempre si fanno degli errori, si scivola “Scusami”. E di solito le coppie mi dicono: ma la terza è la più difficile – chiedere scusa, chiedere perdono – perché l’orgoglioso non ce la fa, non può, non riesce a chiedere scusa. Sempre ha ragione. Non è povero».
Ma comunque, secondo il Papa, non serve un grande sforzo per essere poveri in spirito: «Non dobbiamo fare alcuna trasformazione – aggiunge -, perché lo siamo già. Siamo poveri, siamo dei poveracci in spirito, abbiamo bisogno di tutto! Siamo tutti poveri in spirito, mendicanti. È la condizione umana. Il Signore mai si stanca di perdonare; siamo noi purtroppo che ci stanchiamo di chiedere perdono. La stanchezza di chiedere perdono. Ma questa è una malattia brutta! Perché è difficile chiedere perdono? Perché umilia la nostra immagine ipocrita. Eppure, vivere cercando di occultare le proprie carenze è faticoso e angosciante. Gesù Cristo ci dice che essere poveri è un’occasione di grazia; e ci mostra la via di uscita da questa fatica. Ci è dato il diritto di essere poveri in spirito, perché questa è la via del Regno di Dio. Ci sono quelli che hanno i regni di questo mondo, hanno beni e hanno comodità. Ma sono regni che finiscono. Il potere degli uomini, anche gli imperi più grandi, passano e scompaiono. Tante volte vediamo nel telegiornale o sui giornale che quel governante forte, potente, quel governo è caduto. Ieri c’era, oggi non c’è. Le ricchezze di questo mondo se ne vanno, anche il denaro. I vecchi ci insegnavano che il sudario non aveva tasche. Non ho mai visto un corteo funebre con un camion di trasloco, nessuno si porta nulla. Queste ricchezze rimangono qui».
Da qui il suggerimento di Papa Francesco: «Regna veramente – conclude – chi sa amare il vero bene più di sé stesso. Questo è il potere spirituale, questo è il potere di Dio. In che cosa Cristo si è mostrato potente? Perché ha saputo fare quello che i re della terra non fanno, dare la vita per gli uomini. Questo è vero potere. Potere della fratellanza, potere della carità, potere dell’amore, potere dell’umiltà. Questo ha fatto Cristo. In questo sta la vera libertà. Chi ha questo potere dell’umiltà, del servizio, della fratellanza, è libero. A servizio di questa libertà sta la povertà elogiata dalle Beatitudini. Perché c’è una povertà che dobbiamo accettare, quella del nostro essere, e una povertà che invece dobbiamo cercare, quella concreta, dalle cose di questo mondo, per essere liberi e poter amare. Sempre cercare la libertà del cuore, quella che ha le radici nella povertà di noi stessi».