“Andiamo in profondità nella vita, non accontentiamoci della superficialità”
"I segni - ricorda monsignor Valentinetti -, che cambiano la nostra storia, stanno nel profondo di noi stessi. Oserei dire che potremmo elaborare una “teologia del pozzo": una teologia che va alla ricerca dei significati più profondi, più reconditi, di quanto accade nella vita che ci circonda e che ci dà dei segni"

«Andiamo in profondità nella nostra vita, non accontentiamoci della superficialità: i segni più importanti, che cambiano la nostra storia, stanno nel profondo. Lì troveremo quell’acqua limpida zampillante, che è la grazia, la quale ci condurrà veramente dove Dio vuole e finalmente ci darà la capacità della conversione, di rispondere sì al Signore che ci chiama».
Lo ha affermato giovedì sera l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti, presiedendo la Veglia di preghiera per le vocazioni (la cui cinquantaduesima giornata ricorrerà domani) una chiesa pescarese dello Spirito Santo gremita da giovani, famiglie, seminaristi, sacerdoti e religiosi provenienti da svariate parrocchie ed istituti religiosi del territorio diocesano.
Un appuntamento, l’edizione 2015 dal tema “Prendi in mano la tua vita e fanne un capolavoro”, che ha segnato un radicale cambio di passo rispetto al passato della Giornata diocesana di preghiera per le Vocazioni, la quale ha lasciato l’euforia e la festa dei Palasport per riscoprire il suo lato più intimo e spirituale all’interno di una parrocchia, in preghiera, dando la possibilità ad ogni singolo partecipante di ritrovarsi solo, a tu per tu con Dio: «Il Signore – sottolinea don Marco Pagniello, direttore dell’Ufficio diocesano Vocazioni, al debutto in questa nuova veste con una nuova equipe al seguito – realmente vuol fare della nostra vita un capolavoro. Lui ci chiama e a noi tocca la risposta, a noi tocca accettare il suo invito, e il Centro diocesano Vocazioni c’è per accompagnarvi e sostenervi nel vostro cammino che già, quotidianamente, svolgete all’interno delle vostre comunità parrocchiali di appartenenza».
È stata dunque una veglia di preghiera ricca di spunti per i fedeli presenti, che hanno potuto attingere dalle testimonianze di seminaristi, famiglie e consacrati sullo sfondo dei canti liturgici suonati e interpretati dalla giovane band della parrocchia di San Gabriele dell’Addolorata in Pescara.
Tutto questo, per poi fermarsi a meditare sulla Parola di Dio, ovvero l’episodio biblico della samaritana al pozzo di Sicar narrato dall’evangelista Giovanni: «Volendo fare – premette monsignor Valentinetti – una lettura un po’ particolare del passo biblico, potremmo dire che qui Gesù cerca dei segni».
Essi, nello specifico, sono il pozzo, l’acqua e la conversione della donna: «I segni di cui Giovanni ci parla – spiega l’arcivescovo di Pescara-Penne -, non sono solo i miracoli che guariscono il corpo, ma sono anche i miracoli che guariscono l’anima».
Il primo segno, dunque, è il pozzo: «In questo caso – rileva il presule – c’è un contenuto simbolico fortissimo: Gesù è seduto sul bordo del pozzo e ne vede la profondità. Egli è attento a quell’acqua che è nel profondo del pozzo e instaura un dialogo con quella donna, che viene ad attingere l’acqua a quel pozzo».
Da qui, si estrapola il significato dell’andare in profondità nella propria vita: «Per trovare – ribadisce Valentinetti – l’acqua che disseta, l’acqua che guarisce, bisogna andare in profondità». E Gesù, riesce ad andare in profondità nel dialogo con la donna: «I segni – ricorda monsignor Tommaso Valentinetti -, che cambiano la nostra storia, stanno nel profondo di noi stessi. Oserei dire che potremmo elaborare una “teologia del pozzo”: una teologia che va alla ricerca dei significati più profondi, più reconditi, di quanto accade nella vita che ci circonda e che ci dà dei segni».
E questi ultimi vanno saputi intercettare coraggiosamente nella propria vita, magari con il supporto di un padre spirituale: «Ma attenzione – avverte l’arcivescovo -, quest’ultimo non è quello che prende le decisioni al posto nostro, ma è colui che ci aiuta ad andare in profondità. Il suo compito, è quello di andare a svelare noi a noi stessi».
Il secondo segno, a emergere dall’episodio biblico della samaritana, è poi l’acqua: «È quel segno – riconosce monsignor Valentinetti – che disseta, il risultato di quanto ricercato nel profondo. È finalmente un bagnare la terra arida, il cuore, la mente, le mani: finalmente è lasciarci circondare, lasciarci lavare quasi costantemente da questa potenza che viene dal profondo e che Dio suscita dentro di noi».
Infine, il terzo segno, la conversione della donna: «La conversione – osserva il presule – che va a toccare un elemento qualificativo della vita di una persona: “Vai a chiamare tuo marito – dice Gesù alla Samaritana”. “Io non ho marito – risponde la samaritana”. E da quel momento, la donna prende coscienza di ciò che lei veramente è: forse prima lo sapeva cognitivamente, ma non si rendeva conto di quello che realmente era di fronte alla legge di Mosè e di fronte a Dio stesso. Così Gesù, affinché lei potesse prendere coscienza di questa verità, gli rivela la sua persona».
Al termine dell’omelia, i fedeli hanno meditato sul loro cammino vocazionale scrivendo una preghiera personale, depositata poi ai piedi dell’altare. Una preghiera, successivamente sostenuta da un’adorazione eucaristica, scandita dal canto e dalla preghiera.
Quindi la conclusione, con l’appuntamento che l’Ufficio diocesano Vocazioni dà inizialmente dal 19 al 23 luglio prossimi, quando tutti gli interessati potranno partecipare ad un campo vocazionale e infine ad agosto, quando avrà luogo un pellegrinaggio a piedi presso il Santuario di San Gabriele dell’Addolorata, ad Isola del Gran Sasso, organizzato dalla Pastorale Giovanile diocesana. Per chiedere ogni informazione è possibile scrivere un’e-mail a: vocazioni@diocesipescara.it.