Sisma a L’Aquila: “Col sangue composto inno alla carità che rimarrà sempre”
"Mi chiedo - aggiunge monsignor Petrocchi -, quante persone sono morte compiendo gesti di solidarietà? So di mamme che hanno coperto, con il loro corpo, i bambini che avevano a fianco; di familiari, sorpresi dalla scossa tellurica nel posto sbagliato, proprio perché si erano offerti di assistere persone anziane e non lasciarle sole; di tanti che avevano preferito cedere posti "più sicuri" della casa a parenti o amici. Dio solo conosce gli abissi di questo oceano di generosità! Quella notte, penso, anche Dio ha pianto, perché Dio si commuove davanti all’amore-crocifisso!"
«Il 6 aprile 2009 fu la notte del terrore, ma anche degli eroismi. Proprio così, mi hanno raccontato che dentro la catastrofe, provocata dalle forze della natura, sbocciarono sublimi gesti di amore. In genere non si dice mai che tanti “martiri” del sisma sono andati incontro alla morte non semplicemente a causa dei crolli, ma per gesti di totale dedizione».
Lo ha detto ieri monsignor Giuseppe Petrocchi, arcivescovo de L’Aquila, nella messa celebrata nella chiesa di San Giuseppe per il settimo anniversario del sisma, facendo “memoria” delle 309 persone che hanno perso la vita durante l’inesorabile scossa che, sette anni fa, si è abbattuta su L’Aquila e sul territorio che la circonda: «Mi chiedo – aggiunge – quante persone sono morte compiendo gesti di solidarietà? So di mamme che hanno coperto, con il loro corpo, i bambini che avevano a fianco; di familiari, sorpresi dalla scossa tellurica nel posto sbagliato, proprio perché si erano offerti di assistere persone anziane e non lasciarle sole; di tanti che avevano preferito cedere posti “più sicuri” della casa a parenti o amici. Dio solo conosce gli abissi di questo oceano di generosità! Quella notte, penso, anche Dio ha pianto, perché Dio si commuove davanti all’amore-crocifisso!».
E poi ha ancora chiesto, monsignor Petrocchi, quanti, tra i sopravvissuti, hanno cercato di portare soccorso, scavando a mani nude in mezzo alle macerie? Quanti, nel freddo della notte, dimentichi di se stessi, si sono spesi senza misura per dare sollievo alla gente spaventata, che si era riversata per le strade e per le piazze? Quanti hanno condiviso le poche cose che avevano a disposizione, per offrire un aiuto a chi era nella sofferenza?
Quanti si sono messi all’ultimo posto prodigandosi, con coraggio e altruismo, per essere accanto a chi aveva bisogno?: «Queste testimonianze, aquilani carissimi – sottolinea il presule -, vi fanno onore e sarebbero da raccogliere, per consegnarle alle generazioni che verranno. Ma anche se questi episodi non fossero riportati nelle cronache di quei giorni tristi, vi assicuro che sono già stati tutti scritti, con i caratteri indelebili della carità, nel Libro della Vita custodito al cospetto di Dio. Sono pagine sacre che rappresentano il vostro motivo di vanto nel Signore. Quella notte, con il sangue, è stato composto un inno alla carità che rimarrà per sempre. Infatti, l’amore non muore, anzi, proprio la Pasqua ci rende certi che l’amore è più forte della morte: per questo, di fronte all’amore, la morte è già morta».