Testamento biologico: “È eutanasia, gli altri decideranno sulla nostra vita”
L’alternativa, che migliora la qualità della vita e allevia le sofferenze del paziente accompagnandolo a una morte il più possibile serena, è rappresentata dalle cure palliative: «Il loro scopo - spiega la dottoressa Marisa Diodato, responsabile medico dell’Hospice Bouganville di Pescara - è quella di migliorare la vita residua del paziente terminale, perché possa morire dignitosamente e senza dolore"
Se la libertà diventa un diritto ciò implica che ad esso corrisponda un dovere dalle conseguenze, se si parla del diritto alla morte di un malato, irreversibili. È questo il tema al centro del disegno di legge sulle disposizioni anticipate di trattamento, in discussione al Parlamento, che lo scorso venerdì pomeriggio ha fatto riflettere e discutere il pubblico, in una gremita sala dei marmi della Provincia, nell’ambito del convegno “Fine vita e testamento biologico: a che punto siamo in Italia?”.
L’appuntamento, organizzato dal Movimento per la vita e dal Centro di aiuto alla vita di Pescara in collaborazione con l’Associazione italiana genitori, l’Anfass, l’Aido (Associazione italiana per la donazione di organi, tessuti e cellule), l’Aism (Associazione italiana sclerosi multipla), Amci (Associazione medici cattolici italiani), il Centro italiano femminile e l’Unitalsi con il patrocinio della Provincia di Pescara, ha dunque approfondito una questione che se diventerà legge, inserirà nuove figure all’interno della malattia e del fine vita di una persona: «In quella fase – esordisce Domenico Airoma, procuratore aggiunto della Repubblica di Napoli nord e vice presidente del Centro studi Rosario Livatino – oltre al malato dovrebbero essere presenti la famiglia, il medico e nessun altro. E invece con le disposizioni anticipate di trattamento, si aggiungerebbero anche il fiduciario, le forze dell’ordine e il giudice, andando a burocratizzare un momento delicato».
Attualmente l’articolo 32 della Costituzione tutela il diritto a curarsi e quindi anche a non curarsi, prevedendo il consenso informato che dà la possibilità di decidere solo a chi deve ricevere le cure e nel momento in cui deve riceverle, cosa ben diversa dalle disposizioni anticipate di trattamento: «Che oltre al trattamento sanitario – sottolinea Airoma – danno la possibilità di rinunciare anche ad alimentazione e idratazione che sono presidi vitali, decidendo quindi di morire e facendolo in anticipo sul tempo in cui si sarà incapaci di farlo».
Allora sarà un fiduciario ad attuare quel testamento, ma se nel frattempo si cambierà idea o se, col tempo, la medicina rendesse possibili nuove cure?: «In caso di controversie tra medico e fiduciario – afferma il procuratore aggiunto di Napoli nord – sarebbe il giudice a decidere, interpretando il testamento. Insomma, il consenso informato lascerà il posto a una mera disposizione con la quale si consegnerà la vita alla decisione di altri e questa, a prescindere di come la si chiami, è eutanasia». Tra l’altro, questo nuovo disegno di legge non prevede l’obiezione di coscienza del medico che in caso di mancata applicazione, si esporrebbe a gravi violazioni dal punto di vista giudiziario.
L’alternativa, che migliora la qualità della vita e allevia le sofferenze del paziente accompagnandolo a una morte il più possibile serena, è rappresentata dalle cure palliative: «Il loro scopo – spiega la dottoressa Marisa Diodato, responsabile medico dell’Hospice Bouganville di Pescara – è quella di migliorare la vita residua del paziente terminale, perché possa morire dignitosamente e senza dolore».
Quando poi anche le cure palliative diventano inutili contro i sintomi terminali, è possibile ricorrere alla sedazione palliativa: «È la riduzione – aggiunge la dottoressa Diodato – fino alla totale abolizione della coscienza del paziente, indotta a livello farmacologico quando il dolore diventa insopportabile negli ultimi giorni, che può essere decisa da egli stesso – se cosciente – o da un suo familiare. È l’opposto dell’eutanasia, perché mira a migliorare il benessere del malato senza variare la sua sopravvivenza rispetto a un non sedato».