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Pre-Sinodo dei giovani: “Un grido per essere ascoltati”

Dalla famiglia tradizionale alla tecnologia, passando per la morale sessuale, la bioetica e i problemi sociali: questi i principali temi toccati nei lavori e confluiti nel documento finale

Così, la scorsa settimana, alcuni dei 300 giovani partecipanti al pre-Sinodo in Vaticano hanno sintetizzato il documento finale

«I modelli della famiglia tradizionale sono in declino in vari luoghi, e questo reca con sé sofferenza, anche nei giovani. È uno dei temi trattati nella prima parte del documento finale del pre-Sinodo dei giovani, che si è concluso lo scorso sabato, che tratta delle sfide e delle opportunità dei giovani nel mondo di oggi: «Alcuni si allontanano dalle tradizioni familiari, sperando di essere più originali di ciò che considerano come bloccato nel passato o fuori moda – si legge nel testo consegnato domenica a Papa Francesco -. In alcune zone del mondo, invece, i giovani cercano la loro identità rimanendo saldi alle loro tradizioni familiari, sforzandosi di essere fedeli al modo in cui sono cresciuti».

Da qui un appello: «La Chiesa ha bisogno di sostenere meglio le famiglie e la loro formazione, soprattutto in quei Paesi dove non vi è libertà di espressione, dove ai giovani – specialmente ai minori – non è permesso partecipare alla vita della Chiesa».

Il senso di appartenenza è un fattore significativo nella formazione della propria identità: «L’esclusione sociale è un fattore che contribuisce alla perdita di autostima e di identità sperimentata da molti – scrivono i 300 giovani dei cinque continenti che hanno partecipato al pre-Sinodo, a proposito del senso di appartenenza come fattore significativo nella formazione della propria identità -. In Medio Oriente, molti giovani si sentono obbligati a convertirsi ad altre religioni al fine di essere accettati dai loro coetanei e dalla cultura dominante che li circonda. Questo è sentito fortemente anche dalle comunità di migranti in Europa, che soffrono inoltre il peso dell’esclusione sociale e dell’abbandono della loro identità culturale per assimilarsi alla cultura dominante. Questa  è un campo in cui la Chiesa ha bisogno di progettare e fornire spazi di guarigione per le nostre  famiglie, in risposta a questi problemi, mostrando che c’è spazio per tutti».

Un’altra considerazione è emersa relativamente alle parrocchie, che non sono più considerate dei luoghi d’incontro: «Per alcuni – continua il documento -, la religione è ormai considerata una questione privata e per molti giovani, il sacro sembra qualcosa di separato della vita quotidiana. Molte volte la Chiesa appare come troppo severa ed è spesso associata ad un eccessivo moralismo».

Successivamente, i 300 giovani hanno declinato i momenti cruciali per lo sviluppo della loro identità che, a loro dire, comprendono: «Decidere il nostro indirizzo di studi – scrivono -, scegliere la nostra professione, decidere ciò in cui credere, scoprire la nostra sessualità e fare le scelte definitive per la vita. Ma anche le nostre esperienze ecclesiali, possono sia formare che influenzare la formazione della nostra identità e personalità».

I giovani, in particolare, si dicono profondamente coinvolti e interessati in argomenti come la sessualità, le dipendenze, i matrimoni falliti, le famiglie disgregate, così come nei grandi problemi sociali, come la criminalità organizzata e la tratta di esseri umani, la violenza, la corruzione, lo sfruttamento, il femminicidio, ogni forma di persecuzione e il degrado dell’ambiente naturale. Tra le paure, l’instabilità sociale, politica ed economica: «Da contrastare – osservano i 300 giovani – con inclusione, accoglienza, misericordia e tenerezza da parte della Chiesa, sia come istituzione che come comunità di fede».

Non mancano accenti di “mea culpa” anche dei giovani, che annotano come il razzismo a diversi livelli tocca i loro coetanei in diverse parti  del mondo. Parlando poi della fiducia nei confronti della Chiesa, per i giovani essa viene condizionata dagli scandali che le sono attribuiti – sia quelli reali, che quelli solo percepiti come tali.

Un altro problema diffuso nella società è legato alla mancanza di parità fra uomo e donna: «Ciò è vero anche nella Chiesa – precisano i giovani nel documento -. Di qui la necessità di promuovere la dignità delle donne, sia nella Chiesa che nel più ampio contesto sociale, chiedendosi in particolare quali  sono i luoghi nei quali le donne sono in grado di prosperare all’interno della Chiesa e della società».

Non mancano, nel testo, i temi più spinosi relativi alla morale sessuale: «C’è spesso grande disaccordo tra i giovani, sia nella Chiesa che nel mondo – la denuncia -, riguardo ad insegnamenti che oggi sono particolarmente dibattuti, come contraccezione, aborto, omosessualità, convivenza, matrimonio e anche come viene percepito il sacerdozio nelle diverse realtà della Chiesa. Indipendentemente dal loro livello di  comprensione degli insegnamenti della Chiesa, troviamo ancora disaccordo e un dibattito aperto tra i giovani su queste questioni problematiche».

Questa l’analisi dei giovani, i quali vorrebbero: «Che la Chiesa – propongono – cambiasse i suoi insegnamenti o, perlomeno, che fornisca una migliore esplicazione e formazione su queste questioni. Nonostante questo dibattito interno, i giovani cattolici – le cui convinzioni sono in contrasto con l’insegnamento ufficiale – desiderano comunque essere parte della Chiesa. D’altra parte, molti giovani cattolici accettano questi insegnamenti e trovano in essi una fonte di gioia e desiderano che la Chiesa non solo si tenga ben salda ai suoi insegnamenti, sebbene impopolari, ma li proclami  anche con maggiore profondità».

Parlando quindi di tecnologia, i progressi in questo campo – a detta dei giovani – se da un lato hanno migliorato sensibilmente le nostre vite: «È anche necessario – ammoniscono – farne uso in maniera prudente». Insomma, per alcuni l’utilizzo sconsiderato della tecnologia può avere delle conseguenze negative: «Mentre per qualcuno la tecnologia ha arricchito le nostre relazioni – la puntualizzazione – per tanti altri ha preso la forma di una dipendenza, diventando un sostituto della relazione umana e persino di Dio. Nonostante questo, la tecnologia è ormai parte integrante della vita dei giovani, e come tale deve essere compresa. Paradossalmente in alcuni paesi la tecnologia, internet in particolare, è accessibile gratuitamente, mentre il sostentamento quotidiano e i servizi di base sono insufficienti».

Così, anche l’impatto dei social media nelle vite dei giovani non può essere sottovalutato: «I social media – constatano i partecipanti al pre-Sinodo – sono una parte rilevante dell’identità dei giovani e del loro modo di vivere. Mai come prima, gli ambienti digitali hanno il potere senza precedenti di unire persone geograficamente distanti. Lo scambio di  informazioni, ideali, valori e interessi comuni è oggi più possibile di ieri. L’accesso a strumenti di  formazione online, ha aperto opportunità educative per i giovani che vivono in aree remote e ha reso l’accesso alla conoscenza a portata di click. Tuttavia, l’altra faccia della tecnologia si mostra nello svilupparsi di certi vizi, come l’isolamento, la pigrizia, la desolazione, la noia».

È evidente, dunque, che i giovani di tutto il mondo stiano consumando in maniera ossessiva i prodotti multimediali: «Sebbene viviamo in un mondo iperconnesso – riflettono i 300 giovani -, la comunicazione tra i giovani rimane limitata a gruppi tra loro simili. Mancano spazi e opportunità per sperimentare la diversità. La cultura dei mass-media esercita ancora molta influenza sulle vite e sugli ideali dei giovani. L’avvento dei social media ha sollevato  nuove sfide riguardo l’ampiezza della sfera di influenza che i social media hanno sui giovani. Spesso i giovani tendono ad avere diversi comportamenti negli ambienti online e in quelli offline».

Da qui la necessità di offrire formazione ai giovani su come vivere le loro vite digitali: «Le relazioni online – avverte il documento – possono diventare disumane. Gli spazi digitali ci rendono ciechi alla fragilità dell’altro e ci impediscono l’introspezione. Problemi come la pornografia, pervertono la percezione che il giovane ha della propria sessualità. La tecnologia usata in questo modo crea una ingannevole realtà parallela che ignora la dignità umana».

Altri rischio citato nel documento: «La perdita di identità collegata a una rappresentazione errata della persona, una costruzione virtuale della personalità e la perdita di una presenza sociale radicata nella realtà. Senza contare altri rischi a lungo termine, quali la perdita di memoria, di cultura e di creatività dinanzi all’immediatezza dell’accesso all’informazione e alla perdita di concentrazione legata alla frammentazione e i pericoli di una cultura dominante dell’apparenza».

Nel campo della bioetica, secondo i giovani, la tecnologia pone nuove sfide e nuovi rischi riguardo alla salvaguardia della vita umana in ogni sua fase: «L’avvento dell’intelligenza artificiale e di nuove tecnologie, come la robotica e l’automazione – riflettono i giovani – pongono rischi alle opportunità d’impiego per le comunità di lavoratori. La tecnologia può essere nociva alla dignità umana, se non usata con consapevolezza e prudenza. La dignità umana deve sempre guidarne l’utilizzo». Tra le proposte, un documento ufficiale della Chiesa sull’utilizzo delle nuove tecnologie.

suor Nathalie Becquart

In conclusione: «I giovani – sintetizza suor Nathalie Becquart, che durante la conferenza stampa di presentazione del documento finale del pre-Sinodo ha portato la sua testimonianza insieme a quella di alcuni giovani – hanno espresso la loro gioia di camminare insieme in una Chiesa inclusiva, aperta, umana, radicata nel mondo e rivolta verso il futuro. Posso testimoniare che anche i non credenti e i fedeli di altre religioni presenti all’incontro si sono sentiti accolti pienamente». Secondo il giovane indiano Percival Holt: «Questo documento – commenta – è un grido dei giovani per essere ascoltati e affinché sia mostrato loro il modo di vivere in un mondo caotico».

Laphidil Twumasi, di origini ghanesi ma residente a Vicenza, si è invece soffermato sulla modalità sinodale di redazione del testo: «Scritto – evidenzia – in maniera che ogni giovane si sentisse rappresentato senza escludere nessuno. Pur avendo diversi bagagli culturali, abbiamo avuto quasi tutti le stesse idee e pensieri su questi temi. Abbiamo a cuore il progresso della Chiesa e della società in generale. Quindi, come ha detto Papa Francesco, noi non siamo scemi e la nostra voce deve essere ascoltata e presa in considerazione». Braiana Santiago, infine, ha riferito del lavoro fatto anche attraverso i social media: «Che ha consentito – conclude – a 15 mila giovani provenienti da ogni parte del mondo di unirsi al lavoro dei 300 giovani presenti in Vaticano».

About Davide De Amicis (4378 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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