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“Imitiamo don Tonino Bello, sentiamo il suo invito a seguire il Vangelo senza sconti”

"In ogni epoca - riconosce Bergoglio -, il Signore mette sul cammino della Chiesa dei testimoni che incarnano il buon annuncio di Pasqua, profeti di speranza per l’avvenire di tutti. Dalla vostra terra Dio ne ha fatto sorgere uno, come dono e profezia per i nostri tempi. E Dio desidera che il suo dono sia accolto, che la sua profezia sia attuata"

Lo ha affermato stamani Papa Francesco, visitando la tomba di don Tonino Bello ad Alessano (Lecce)

Papa Francesco visita la tomba di don Tonino Bello

Papa Francesco è arrivato stamani alle 8.46, in elicottero, ad Alessano (Lecce), prima tappa della sua visita pastorale ad Alessano e Molfetta in occasione del 25° anniversario della morte di don Tonino Bello: «Sono giunto pellegrino in questa terra che ha dato i natali al Servo di Dio Tonino Bello – esordisce il Papa -. Ho appena pregato sulla sua tomba, che non si innalza monumentale verso l’alto, ma è tutta piantata nella terra. Don Tonino, seminato nella sua terra, sembra volerci dire quanto ha amato questo territorio».

Sono le prime parole del primo discorso del Papa nella sua visita pastorale in Salento. Poco dopo aver pregato dieci minuti in silenzio, da solo, sulla sua tomba, sulla quale ha deposto un mazzo di fiori, e aver goduto del primo bagno di folla durante il giro sulla jeep bianca scoperta nel piazzale antistante il cimitero, salutato da una folla di 20 mila persone, Francesco ha citato alcune parole di “gratitudine” di don Tonino Bello verso la sua terra natale “Grazie, terra mia, piccola e povera, che mi hai fatto nascere povero come te ma che, proprio per questo, mi hai dato la ricchezza incomparabile di capire i poveri e di potermi oggi disporre a servirli”: «Capire i poveri – sottolinea il Pontefice – era per lui vera ricchezza. Aveva ragione, perché i poveri sono realmente ricchezza della Chiesa».

Da qui una preghiera speciale: «Ricordacelo ancora, don Tonino – invoca il Santo Padre – di fronte alla tentazione ricorrente di accodarci dietro ai potenti di turno, di ricercare privilegi, di adagiarci in una vita comoda. Il Vangelo – eri solito ricordarlo a Natale e a Pasqua – chiama a una vita spesso scomoda, perché chi segue Gesù ama i poveri e gli umili. Così ha fatto il Maestro, così ha proclamato sua Madre, lodando Dio perché ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili». Quindi un ulteriore ammonimento: «Una Chiesa che ha a cuore i poveri – afferma il Pontefice – rimane sempre sintonizzata sul canale di Dio, non perde mai la frequenza del Vangelo, e sente di dover tornare all’essenziale per professare con coerenza che il Signore è l’unico vero bene».

Il Papa incontra i 20 mila fedeli di Alessano

Successivamente, Papa Bergoglio ha approfondito ancora la figura di don Tonino Bello: «Don Tonino – osserva – ci richiama a non teorizzare la vicinanza ai poveri, ma a stare loro vicino, come ha fatto Gesù, che per noi, da ricco che era, si è fatto povero. Don Tonino sentiva il bisogno di imitarlo, coinvolgendosi in prima persona, fino a spossessarsi di sé. Non lo disturbavano le richieste, lo feriva l’indifferenza. Non temeva la mancanza di denaro, ma si preoccupava per l’incertezza del lavoro, problema oggi ancora tanto attuale. Non perdeva occasione per affermare che al primo posto sta il lavoratore con la sua dignità, non il profitto con la sua avidità». Insomma, don Tonino non stava con le mani in mano: «Agiva localmente – denota Papa Francesco – per seminare pace globalmente, nella convinzione che il miglior modo per prevenire la violenza e ogni genere di guerre è prendersi cura dei bisognosi e promuovere la giustizia».

Da questo è scaturito un altro monito: «Se la guerra genera povertà – ricorda il Papa -, anche la povertà genera guerra. La pace si costruisce a cominciare dalle case, dalle strade, dalle botteghe, là dove artigianalmente si plasma la comunione. È quello che diceva, “speranzoso”, don Tonino “Dall’officina, come un giorno dalla bottega di Nazareth, uscirà il verbo di pace che instraderà l’umanità, assetata di giustizia, per nuovi destini”».

In seguito, Francesco si è rivolto ai 20 mila fedeli presenti: «Siete una finestra aperta, da cui osservare tutte le povertà che incombono sulla storia – afferma il Sommo Pontefice -, ma siete soprattutto una finestra di speranza perché il Mediterraneo, storico bacino di civiltà, non sia mai un arco di guerra teso, ma un’arca di pace accogliente».

Agli stessi fedeli, il Papa ha poi ricordato che don Tonino Bello chiamava questa terra di frontiera “terra-finestra, perché dal Sud dell’Italia si spalanca ai tanti Sud del mondo, dove i più poveri sono sempre più numerosi mentre i ricchi diventano sempre più ricchi e sempre di meno”: «Don Tonino – denota Francesco – è uomo della sua terra, perché in questa terra è maturato il suo sacerdozio. Qui è sbocciata la sua vocazione, che amava chiamare evocazione. Evocazione di quanto follemente Dio predilige, ad una ad una, le nostre fragili vite; eco della sua voce d’amore che ci parla ogni giorno; chiamata ad andare sempre avanti, a sognare con audacia, a decentrare la propria esistenza per metterla al servizio; invito a fidarsi sempre di Dio, l’unico capace di trasformare la vita in una festa».

Don Tonino Bello

Questa è la vocazione secondo don Tonino: «Una chiamata – spiega il Santo Padre – a diventare non solo fedeli devoti, ma veri e propri innamorati del Signore con l’ardore del sogno, lo slancio del dono, l’audacia di non fermarsi alle mezze misure. Perché quando il Signore incendia il cuore, non si può spegnere la speranza. Quando il Signore chiede un “sì”, non si può rispondere con un “forse”. Farà bene, non solo ai giovani, ma a tutti noi, a tutti quelli che cercano il senso della vita, ascoltare e riascoltare le parole di don Tonino».

E dall’insegnamento di don Tonino Bello, il Papa ha preso spunto per esprimere un auspicio verso la Chiesa di oggi: «Che il Signore – prega il Pontefice – ci dia questa grazia, una Chiesa non mondana». Quindi ancora citazioni dei discorsi del servo di Dio pugliese “Amiamo il mondo. Vogliamogli bene. Prendiamolo sotto braccio. Usiamogli misericordia. Non opponiamogli sempre di fronte i rigori della legge, se non li abbiamo temperati prima con dosi di tenerezza”: «Sono parole – commenta il Papa – che rivelano il desiderio di una Chiesa per il mondo non mondana, ma per il mondo. In questa terra, nacque Antonio e divenne don Tonino. Questo nome, semplice e familiare, che leggiamo sulla sua tomba, ci parla ancora. Racconta il suo desiderio di farsi piccolo per essere vicino, di accorciare le distanze, di offrire una mano tesa. Invita all’apertura semplice e genuina del Vangelo. Don Tonino l’ha tanto raccomandata, lasciandola in eredità ai suoi sacerdoti. Quella che sognava don Tonino, era una Chiesa monda di autoreferenzialità ed estroversa, protesa, non avviluppata dentro di sé; non in attesa di ricevere, ma di prestare pronto soccorso; mai assopita nelle nostalgie del passato, ma accesa d’amore per l’oggi, sull’esempio di Dio che ha tanto amato il mondo».

Ancora sul nome “don Tonino”, come si faceva chiamare da tutti: «Ci dice – riflette il Papa – anche la sua salutare allergia verso i titoli e gli onori, il suo desiderio di privarsi di qualcosa per Gesù che si è spogliato di tutto, il suo coraggio di liberarsi di quel che può ricordare i segni del potere per dare spazio al potere dei segni. Don Tonino non lo faceva certo per convenienza o per ricerca di consensi, ma mosso dall’esempio del Signore». Da qui un auspicio: «Nell’amore per Lui – invita il Santo Padre, sulla scorta di don Tonino – troviamo la forza di dismettere le vesti che intralciano il passo per rivestirci di servizio, per essere “Chiesa del grembiule, unico paramento sacerdotale registrato dal Vangelo”».

Nella parte finale della sua visita ad Alessano, Papa Francesco si è chiesto cosa don Tonino potrebbe ancora dire di questa sua amata terra: «Questo credente con i piedi per terra e gli occhi al Cielo, e soprattutto con un cuore che collegava Cielo e terra – aggiunge il Pontefice – ha coniato, tra le tante, una parola originale, che tramanda a ciascuno di noi una grande missione. Gli piaceva dire che noi cristiani “dobbiamo essere dei contempl-attivi, con due t, cioè della gente che parte dalla contemplazione e poi lascia sfociare il suo dinamismo, il suo impegno nell’azione, della gente che non separa mai preghiera e azione”: «Caro don Tonino – prosegue il Papa dando del “tu” al vescovo di Molfetta, come ha fatto a più riprese nel suo discorso – ci hai messo in guardia dall’immergerci nel vortice delle faccende senza piantarci davanti al tabernacolo, per non illuderci di lavorare invano per il Regno. E noi ci potremmo chiedere se partiamo dal tabernacolo o da noi stessi. Potresti domandarci anche se, una volta partiti, camminiamo; se come Maria, Donna del cammino, ci alziamo per raggiungere e servire l’uomo, ogni uomo. Se ce lo chiedessi, dovremmo provare vergogna per i nostri immobilismi e per le nostre continue giustificazioni».

Un mea culpa, da parte di Papa Francesco, da cui è scaturita una preghiera: «Ridestaci allora alla nostra alta vocazione – esorta il Papa -; aiutaci ad essere sempre più una Chiesa contempl-attiva, innamorata di Dio e appassionata dell’uomo!». In conclusione, ancora parole rivolte ai fedeli salentini: «In ogni epoca – riconosce Bergoglio -, il Signore mette sul cammino della Chiesa dei testimoni che incarnano il buon annuncio di Pasqua, profeti di speranza per l’avvenire di tutti. Dalla vostra terra Dio ne ha fatto sorgere uno, come dono e profezia per i nostri tempi. E Dio desidera che il suo dono sia accolto, che la sua profezia sia attuata».

Questo l’omaggio del Papa a don Tonino Bello dalla sua terra natale, Alessano: «Non accontentiamoci di annotare bei ricordi – ammonisce Francesco -, non lasciamoci imbrigliare da nostalgie passate e neanche da chiacchiere oziose del presente o da paure per il futuro. Imitiamo don Tonino, lasciamoci trasportare dal suo giovane ardore cristiano, sentiamo il suo invito pressante a vivere il Vangelo senza sconti. È un invito forte rivolto a ciascuno di noi e a noi come Chiesa. Ci aiuterà a spandere oggi la fragrante gioia del Vangelo».

Mons. Vito Angiuli, vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca saluta Papa Francesco

A fare gli onori di casa, il vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca, monsignor Vito Angiuli: «Speriamo – auspica, facendo proprie le parola di una “tenerissima lettera” di due ragazzi che non hanno conosciuto don Tonino Bello – di vedere presto don Tonino beato!”. Una testimonianza, quella dei due ragazzi, definita commovente: «Due ragazzi – sottolinea il presule – che non hanno conosciuto don Tonino e che, a distanza di venticinque anni dalla sua morte, avvertono il fascino della sua paternità e additano il suo stile di vita come un esempio per noi pastori».

Successivamente, il vescovo Angiuli si è rivolto al Papa: «Nelle sue esortazioni all’amore verso i poveri, all’impegno per la pace, all’accoglienza dei migranti – osserva -, ci sembra di riascoltare l’eco delle parole che più volte ci ha rivolto il nostro amato don Tonino. Nei suoi gesti – osserva -, ci pare di intravedere gli esempi di vita che don Tonino ci ha lasciato. Troppo evidente ci sembra la somiglianza. Ogni volta che lei appare alla finestra del palazzo apostolico, a noi viene in mente il titolo di un libro di don Tonino “Alla finestra la speranza”. Padre Santo, le Sue parole, come quelle di don Tonino, ci aiutano a non farci rubare la speranza».

Poi il vescovo, ringraziando il Papa per la sua visita in Salento, ha citato alcuni gravi problemi che affliggono il Salento: «Il flagello della xylella – ricorda – che ha devastato la bellezza dei nostri alberi d’ulivo; il ricorrente tentativo di deturpare il nostro mare; la precarietà e la mancanza di lavoro; la ripresa delle migrazioni di molti giovani e di interi nuclei familiari; il grido di dolore di tanti poveri umiliati nella loro dignità umana».

About Davide De Amicis (4358 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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