Fame nel mondo: ne soffrono 821 milioni di persone, 672 milioni gli obesi
"Un accesso limitato ad alimenti salutari – precisa il rapporto – contribuisce alla denutrizione ma anche al sovrappeso e all’obesità. Aumenta il rischio di insufficienza di peso alla nascita, di ritardo nella crescita e di anemia nelle donne incinte"
Sono 821 milioni le persone che soffrono la fame nel mondo (dati riferiti al 2017), una su 9, un trend in crescita da tre anni, rispetto al minimo storico raggiunto nel 2014 con 783,7 milioni. Ad oggi la situazione è tornata quella di un decennio fa. Di contro, aumentano anche le persone obese: 672 milioni, 1 adulto su 8. È il dato più eclatante che emerge dal nuovo rapporto su “Lo stato della sicurezza alimentare e nutrizione nel mondo 2018”, presentato martedì a Roma nella sede della Fao e realizzato in maniera congiunta dalle cinque grandi agenzie Onu che si occupano di questi temi: oltre alla Fao (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per il cibo e l’agricoltura), il World food programme/Pam (Programma alimentare mondiale), l’Unicef che si occupa di infanzia, l’Ifad (Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo), l’Oms/Who (Organizzazione mondiale della sanità).
Le cause principali dell’aumento dell’insicurezza alimentare sono le variazioni climatiche e gli eventi estremi che incidono sulla produzione agricola e l’accesso al cibo, i conflitti, la violenza e le crisi economiche. Incidono infatti sulla produzione, disponibilità e possibilità di accesso al cibo in maniera continuativa. Tutto ciò che riguarda il settore nutrizionale paga infatti un tributo pesante ai cambiamenti climatici: «Diminuzione della qualità dei nutritivi e della diversità degli alimenti prodotti e consumati – elencano le agenzie -, effetti sull’acqua e sull’igiene, rischio sanitario e di contrarre malattie, ripercussione sulle cure alle madri e ai bambini e sull’allattamento al seno».
La fame si fa sentire di più in questi Paesi dove i sistemi agricoli sono più esposti all’aumento delle piogge, al rialzo delle temperature e duri periodi di siccità e dove la sopravvivenza della popolazione dipende soprattutto dall’agricoltura, come nei Paesi dell’Africa sub-sahariana. Tutti questi segnali negativi portano le cinque agenzie Onu a lanciare un appello corale: «Dobbiamo agire rapidamente e su una più vasta scala – sottolineano le agenzie – per aumentare la resilienza e la capacità di adattamento dei sistemi alimentari, per contrastare la variabilità del clima e gli eventi estremi climatici».
A causa della scarsa e cattiva alimentazione 151 milioni di bambini sotto i 5 anni – il 22% – subisco un ritardo nella crescita. 51 milioni di bambini sotto i 5 anni sono più esposti alle malattie e ad un maggiore rischio mortalità. Invece di essere più vicini all’obiettivo che si sono dati gli Stati di eliminare la fame nel mondo entro il 2030 (il cosiddetto “Sustainable development goal of zero hunger”), la situazione peggiora, soprattutto in America Latina e in Africa: «Un accesso limitato ad alimenti salutari – precisa il rapporto – contribuisce alla denutrizione ma anche al sovrappeso e all’obesità. Aumenta il rischio di insufficienza di peso alla nascita, di ritardo nella crescita e di anemia nelle donne incinte».
La mancanza di cibo sano provoca sovrappeso anche nelle ragazze in età scolare e nelle donne, in particolare nei Paesi a medio e alto reddito: «Il costo degli alimenti nutritivi, più cari degli altri, lo stress provocato dall’insicurezza alimentare e l’adattamento psicologico alle restrizioni alimentari – si legge nel rapporto – spiegano perché le famiglie che vivono nell’insicurezza sul piano alimentare possono essere più esposte al rischio sovrappeso e obesità».
Per cercare di recuperare il tempo perduto in vista dell’obiettivo “Fame zero” del 2030, le organizzazioni chiedono di «sviluppare partenariati e finanziamenti pluriennali di grande ampiezza in favore di programmi di riduzione e gestione dei rischi derivanti dalle catastrofi e di adattamento ai cambiamenti climatici, all’interno di una visione a corto, medio e lungo termine».
Al rapporto ha fatto seguito la delusione di numerose organizzazioni non governative, che hanno fatto della lotta alla fame nel mondo la loro mission principale: «Siamo sgomenti – commenta Winnie Byanyima, direttrice di Oxfam International – nel constatare che per il terzo anno consecutivo la fame nel mondo è in crescita. Siamo tornati indietro di dieci anni. Mai come ora abbiamo la certezza che la fame è un prodotto dell’azione umana che alimenta povertà e disuguaglianze, guerre, malgoverno, sprechi e cambiamento climatico. Per sconfiggere definitivamente questo inaccettabile stato di cose, ci vuole lo stesso impegno politico che stiamo mettendo nel lasciare intere comunità morire di fame. Dobbiamo fare di più per spingere i nostri governi a lavorare affinché ogni cittadino possa avere accesso, in modo sicuro e economico, al cibo necessario per sopravvivere. Questo significa raddoppiare gli sforzi per risolvere i conflitti, ridurre il consumo di energie fossili e sostenere l’adattamento dei Paesi poveri ai cambiamenti climatici. Sappiamo cosa va fatto. È solo questione di volontà politica».
E intanto, in riferimento al rapporto delle Nazioni Unite, Coldiretti ha ricordato come in Italia siano quasi mezzo milione i bambini e gli adolescenti, di età inferiore ai 15 anni, ad aver ricevuto aiuto per bere il latte o mangiare: «I bambini – sottolinea l’associazione di categoria – sono la punta dell’iceberg della situazione di disagio in cui si trovano in Italia ben 2,7 milioni di persone, sulla base dei dati sugli aiuti alimentari distribuiti con i fondi Fead attraverso l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea). Si tratta di famiglie che hanno beneficiato di sostegno per mangiare attraverso l’accesso alle mense dei poveri o, molto più frequentemente, con pacchi alimentari che rispondono maggiormente alle aspettative dei nuovi poveri (pensionati, disoccupati, famiglie con bambini), che per vergogna prediligono questa forma di aiuto piuttosto che il consumo di pasti gratuiti nelle strutture caritatevoli. Infatti, sono appena 114 mila quelli che si sono serviti delle mense dei poveri a fronte di 2,55 milioni che invece hanno accettato l’aiuto dei pacchi di cibo».
Contro la povertà, tra l’altro, Coldiretti lavora in rete con molte organizzazioni attive nella distribuzione degli alimenti, dalla Caritas Italiana al Banco Alimentare, dalla Croce Rossa Italiana alla Comunità di Sant’Egidio, mentre nei mercati di Campagna Amica è possibile praticare la “spesa sospesa”: «Una donazione libera – precisa l’associazione – per acquistare prodotti a favore dei più bisognosi».
Si contano ben 10.607 strutture periferiche (mense e centri di distribuzione), promosse da 197 enti caritativi, impegnate nel coordinamento degli enti territoriali ufficialmente riconosciute dall’Agea che si occupa della distribuzione degli aiuti: «A fronte di questa drammatica di situazione di difficoltà – conclude Coldiretti – ogni anno finiscono nel bidone della spazzatura prodotti alimentari per oltre 16 miliardi di euro, con gli sprechi domestici in Italia che rappresentano ben il 54% del totale e sono superiori a quelli nella ristorazione (21%), nella distribuzione commerciale (15%), nell’agricoltura (8%) e nella trasformazione (2%)».