Bambini in carcere con le madri: la situazione in Italia
«La legge ci dice che il carcere dovrebbe essere veramente la soluzione estrema - dichiara a Tv2000 Mauro Palma, garante nazionale dei diritti dei detenuti - ci si chiede se sia davvero necessario, soprattutto se si parla di custodia cautelare; è fondamentale trovare soluzioni che impegnino anche le comunità locali»
Sono ormai passati 7 anni dall’entrata in vigore della legge 62/2011 che prevede la creazione di Istituti di custodia attenuata per madri (I.C.A.M.) ma la situazione in Italia è di soli 5 penitenziari, sui 15 in cui sono detenute madri con bambini in età prescolare, che prevedono il regime attenuato.
A riaccendere il dibattito la tragedia di ieri nel carcere di Rebibbia dove una detenuta di 33 anni, affetta da alcuni disagi psichici, ha gettato i suoi due bambini di 6 mesi e di 2 anni giù dalla rampa delle scale, comportando la morte della più piccola e il grave ferimento del più grande.
Avviate le indagine per accertare responsabilità interne al penitenziario romano, ci si interroga sull’effettiva applicazione della legge 62/2011 e sul ruolo degli Istituti di pena che vedono la presenza di donne con figli piccoli: negli istituti italiani, al 31 agosto 2018, sono 52 le mamme detenute e 62 i bambini sotto i 3 anni al seguito, di cui 30 dietro le sbarre di un carcere.
«La legge ci dice che il carcere dovrebbe essere veramente la soluzione estrema – dichiara a Tv2000 Mauro Palma, garante nazionale dei diritti dei detenuti – ci si chiede se sia davvero necessario, soprattutto se si parla di custodia cautelare; è fondamentale trovare soluzioni che impegnino anche le comunità locali».
La speranza di rendere efficace la legge deve riflettersi, dunque, anche e soprattutto sui territori che ospitano realtà di mamme e bambini detenuti, attraverso la creazione o il potenziamento di reti associative e strutture in grado di rispondere alle esigenze dei minori «Dobbiamo partire dall’idea che il bisogno e il diritto di un bambino che deve evolvere e sviluppare la sua vita deve essere prevalente anche di fronte alle necessità di punizione giudiziaria del proprio genitore – continua Mauro Palma – a partire da questo le amministrazioni locali devono predisporre strutture che, garantendo la sicurezza all’esterno, offrano case famiglia protette e la possibilità ai bambini di vivere in un ambiente non detentivo».
La tragedia di ieri e la relativa condizione dei bambini che vivono la loro prima infanzia in carcere, costituiscono un fenomeno che tocca nel profondo e che si aggiunge all’annosa precaria condizione del sistema carcerario italiano, sempre più alle prese con sovraffollamento cronico, servizi igienici fatiscenti e un tasso di suicidi molto elevato, fattori che hanno già condotto ad una condanna dell’Italia da parte della Corte europea per i diritti dell’uomo.