Ambiente: “Servono amministratori che pensino al bene comune”
"Come vescovi d’Abruzzo e Molise – ricorda l'arcivescovo Valentinetti – sapete bene che abbiamo preso posizione nei riguardi del sito inquinato di Bussi, sulle trivellazioni in Adriatico, sul Centro olii di Ortona e non solo. E come conferenza episcopale abruzzese e molisana non smetteremo anche di dare anche un po’ di fastidio, da questo punto di vista, ed essere coscienza critica. In questo tempo, meglio essere un po’ più profeti che pastori addormentati"
Con un intervento dal titolo “Laudato si’ e conversione ecologica”, lo scorso venerdì 25 gennaio all’Auditorium Petruzzi di Pescara, l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti ha approfondito le linee di orientamento e azione proposte dall’enciclica ambientale Laudato si’ di Papa Francesco, intervenendo alla presentazione dal Rapporto sullo stato dell’ambiente in Abruzzo 2018, realizzato dall’Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente (Arta).
La prima linea d’orientamento illustrata è stata il dialogo sull’ambiente nella politica internazionale: «Credo non sfugga a nessuno – esordisce il presule – che sicuramente sono stati fatti passi in avanti, ma c’è ancora molto da fare se alcuni colossi nazionali non ratificano dei trattati conducendo politiche che vanno nella direzione opposta a questo cammino. L’aver riaperto allo sfruttamento del carbone, da parte di una nazione del mondo (gli Stati Uniti d’America), significa veramente un atto di genocidio nei confronti dell’umanità, perché pongono questioni gravi, gravissime, che si mettono contro la possibilità di un’umanità che dev’essere corresponsabile della realtà della propria vita ed esistenza. E se ci spostiamo più a sud di questa grande nazione, se si mettono in atto politiche di deforestazione come quelle che si stavano paventando in Amazzonia, capite bene che si crea un altro problema grandissimo nei confronti di un ambiente che ne verrebbe a soffrire in una maniera particolarmente negativa. Di queste cose renderanno conto ai posteri, anche da un punto di vista morale, perché le conseguenze possono essere veramente deleterie».
E se il dialogo sull’ambiente vale per la politica internazionale, deve valere anche a livello nazionale e locale. È questa la seconda linea di orientamento: «Il dialogo regioni-nazione – osserva l’arcivescovo Valentinetti – sull’inquinamento dell’acque, sulla salvaguardia dei fiumi, sullo smantellamento della cementificazione dei fiumi, lo sguardo attento a quelli che sono i siti inquinati che possono ancora danneggiare la situazione di alcune città e di alcune contrade di alcuni paesi. In Abruzzo ne abbiamo uno molto grosso (quello di Bussi sul Tirino)».
Ma per fare tutto questo, occorre applicare un principio fondamentale che è alla base di tutto: «Il bene comune – sottolinea l’arcivescovo di Pescara-Penne -, che oggi sempre più viene messo da parte. Non c’è più la dimensione del bene comune, c’è la dimensione di un bene settoriale, di un bene particolare, di un bene industriale, di un bene che molte volte non corrisponde al beneficio di quella che è la realtà di una comunità molto più grande di un piccolo campanile o di un piccolo territorio».
Da qui l’appello rivolto alla collettività: «È difficile, lo so – ammette monsignor Valentinetti -, ci sono tante forze che creano difficoltà affinché questo accada. Ma io credo che se noi, come cittadini, oggi prendiamo coscienza di questa verità, dobbiamo far sì che poi a livello di responsabilità, cittadino, provinciale, regionale e nazionale, ci siano persone capaci di questi dialoghi e di contemperare queste azioni».
Il terzo orientamento approfondito dal presule è stato quello relativo alla trasparenza dei processi decisionali riconoscendo, tra l’altro, il valore del rapporto Arta: «Le forze che si oppongono su questo ragionamento sono due – approfondisce l’arcivescovo – , ovvero la ricerca della salvaguardia ambientale e, dall’altra parte, di un’implementazione economica, industriale e lavorativa. Non è detto che queste necessità non si possano contemperare, ma occorre molta pazienza, ricercare metodi innovativi e capaci di essere oggi all’altezza della situazione non solo per noi stessi, ma perché dobbiamo consegnare questo nostro pianeta ai nostri figli».
A tal proposito, monsignor Tommaso Valentinetti ha posto un interrogativo per scuotere le coscienze: «Quale natura – si chiede –, quale ambiente, quale agricoltura, quale cibo, quale terra stiamo consegnando ai nostri figli? Queste sono le domande fondamentali e chiaramente tutte le religioni non possono non dialogare su questo argomento. Devono trovare la strada comune e, forse, oggi più che mai le religioni su questo campo possono trovare una linea di convergenza, una linea di vera fraternità, perché questa casa è dei cristiani, è dei musulmani, è degli ebrei, degli ortodossi, dei protestanti, dei mormoni e di qualunque altra religione possa esistere su questo pianeta».
Infine, l’arcivescovo Valentinetti ha ricordato le azioni intraprese finora dalla Conferenza episcopale abruzzese e molisana (Ceam) a tutela dell’ambiente e del territorio abruzzese, rilanciando questo impegno: «Come vescovi d’Abruzzo e Molise – conclude l’arcivescovo di Pescara-Penne – sapete bene che abbiamo preso posizione nei riguardi del sito inquinato di Bussi, sulle trivellazioni in Adriatico, sul Centro olii di Ortona e non solo. E come conferenza episcopale abruzzese e molisana non smetteremo anche di dare anche un po’ di fastidio, da questo punto di vista, ed essere coscienza critica. In questo tempo, meglio essere un po’ più profeti che pastori addormentati».
IL RAPPORTO ARTA SULL’AMBIENTE IN ABRUZZO 2018
È stato un verdetto positivo, con tante luci e poche ombre, quello emesso dal Rapporto sullo stato dell’ambiente in Abruzzo 2018, realizzato dall’Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente (Arta) su incarico della Regione, pubblicato da Carsa edizioni a 13 anni dall’ultima edizione. Il documento ha esaminato aria, acque sotterranee e superficiali, acque marino-costiere, acque termali, impianti di depurazione, suolo e siti contaminati e gli aspetti legati a rumore, inquinamento elettromagnetico e radioattività ambientale come parametri principali.
Per la qualità dell’aria, la situazione più critica è quella registrata nell’area metropolitana di Pescara, dove la centralina Arta di via Sacco nel 2017 ha fatto registrare 32 superamenti giornalieri di Pm10.
Sul fronte dell’inquinamento acustico, invece, secondo l’apposita mappatura, i pescaresi soffrono maggiormente i rumori del traffico stradale, ma c’è chi sta peggio: «Il 55% della popolazione – rileva Sergio Palermi dell’Arta -, è esposto ad una media superiore al valore soglia di 55 decibel di rumore. Ma esaminando i dati di altre città italiane paragonabili per dimensione e popolazione (Foggia 73,5 decibel, Rimini 77,3 decibel, Forlì 89,9 decibel e Salerno 65 decibel), emerge un quadro relativamente meno critico».
Buone notizie anche da San Silvestro sull’inquinamento elettromagnetico: «Dalle misure effettuate nel 2017 – annunciano Gianni Gianfelice e Francesco Benedetti dell’Arta -, non sono stati riscontrati superamenti dei limiti di legge, contrariamente a quanto si verificava negli anni passati. Le procedure di risanamento attivate, che hanno contemplato anche un certo numero di spostamenti di emittenti radio, hanno ridotto i livelli di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici».
Ma le note dolenti arrivano dalla qualità delle acque fluviali del Pescara, da uno studio particolareggiato dell’acquifero alluvionale, dov’è stata riscontrata la presenza di sostanze inquinanti quali il tricolorometano (con concentrazioni superiori ai limiti di rilevabilità in 8 punti di monitoraggio, sui 62 disponibili) rilevato nel tratto che va dalla confluenza con il fiume Tirino e il sito d’interesse nazionale di Bussi, il ferro con concentrazioni superiori ai limiti in 7 punti di monitoraggio, la manganese rilevata con concentrazioni superiori in 19 punti, i nitrati e composti chimici organo-clorurati, tra cui l’esacloroetano: «Il monitoraggio effettuato nel sessennio 2010-2015 per la definizione dello stato chimico dell’acquifero – osservano gli studiosi Arta Paola De Marco e Giovanni Desiderio – ha mostrato una costante qualità chimica “scadente”».
In compenso, dal 2008 non c’è più traccia di mercurio nel fiume: «Con la rimozione dei vecchi impianti del polo chimico di Bussi – ricorda l’ex direttore tecnico dell’Arta Giovanni Damiani».
Spostandosi alla foce dei fiumi, una criticità riguarda gli impianti di depurazione. Dei 202 controllati in Abruzzo nel 2017, 99 funzionano regolarmente, 22 sono migliorabili e 81 sono non conformi: «Grazie ad un investimento di 334 milioni di euro – ricorda Mario Mazzocca, sottosegretario regionale all’Ambiente –, stiamo compiendo 214 interventi sull’intero sistema idrico e depurativo regionale».
In generale, comunque, l’ambiente abruzzese è in buona salute: «In termini di qualità dell’aria e del suolo, specie nelle aree interne – conclude Francesco Chiavaroli, direttore generale dell’Arta –. E poi delle 13 discariche abusive, sulle quali l’Unione europea aveva aperto la procedura d’infrazione, ne sono rimaste solo 2».