Esperienza di un muro: il rogo dei libri
Il 10 maggio 1933 a Berlino vengono bruciati circa 25.000 libri. Un evento tremendo e altamente simbolico, che va oltre ... la carta.

«Studenti, uomini e donne tedesche, l’era dell’esagerato intellettualismo ebraico è giunto alla fine.
Il trionfo della rivoluzione tedesca ha chiarito quale sia la strada della Germania e il futuro uomo tedesco non sarà un uomo di libri, ma piuttosto un uomo di carattere ed è in tale prospettiva e con tale scopo che vogliamo educarvi […]».

Berlino, 10 maggio 1933
È quasi la mezzanotte del 10 maggio 1933 quando Joseph Goebbels, ministro della Propaganda del Terzo Reich, pronuncia questo discorso davanti a una folla di studenti plaudente, in attesa di quel rito che sarà più volte riproposto nei giorni a venire: il rogo dei libri di scrittori ebrei, o comunque avversi alle idee del nazionalsocialismo; una vera e propria celebrazione con tanto di processione da parte degli studenti con le pile di libri da bruciare. Il fuoco quella sera divorerà fra i 20.000 e i 25.000 volumi. Nel fuoco finiranno le opere tra gli altri di Sigmund Freud, Ernest Hemingway, Franz Kafka, Stefan Zweig, Thomas Mann, James Joyce e Marcel Proust.
Cosa significa oggi fare memoria di quell’opera di censura, così scientificamente organizzata da parte dei nazisti, tanto da far parlare di un «piano nazista del Libro»? Probabilmente significa ricordare non solo la barbarie nazista, ma soprattutto che il libro non è meramente un oggetto, ma qualcosa di più: qualcosa di molto più prossimo all’uomo di quello che si pensi. Infatti possiamo dire che l’uomo -come il libro- per crescere, per esistere veramente, ha bisogno di relazione; a tal proposito scrive Massimo Recalcati: «la radicalità dell’evento dell’incontro non suppone necessariamente solo l’incontro tra persone in carne e ossa. Anche l’incontro con le idee, le immagini […] e le parole può essere un incontro che cambia irreversibilmente il corso in apparenza già definito del nostro cammino»; e inoltre che «la lettura può modificare non solo il lettore, ma anche il testo stesso. Tutte le dispute sull’interpretazione sono la prova di questo potere». (A libro aperto, 2018)
La prossimità tra libro e uomo è messa in evidenza anche da Heinrich Heine (1797-1856), poeta tedesco che ha visto i suoi libri gettati nel rogo, il quale ha ricordato che: «chi brucia i libri, presto o tardi arriverà a bruciare esseri umani».
E allora cosa succede quando i libri vengono bruciati, quando si elimina per dirla con Luigi Zoja «la parola raccontata» (La morte del prossimo, 2009)? Molto semplicemente viene negata l’esistenza dell’ Altro, viene posta una barriera, innalzato un muro che genera solo solitudine e incapacità di comprendere il mondo che ci circonda, perché privi di quanto proviene dall’ esperienza degli altri.
La libera circolazione di idee e la libertà di dialogo rimangono valori non negoziabili, perché necessari affinché si possa restare umani.