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Save the Children: “Per 690 milioni di minori l’infanzia è un diritto negato”

"Nonostante i progressi registrati negli ultimi 20 anni – osserva Valerio Neri, direttore generale di Save the children -, il lavoro è tutt’altro che compiuto. Sono ancora troppi i bambini che continuano a essere privati dell’infanzia che meritano e che soffrono terribilmente a causa di guerre, povertà, cambiamenti climatici. È fondamentale che i leader mondiali facciano ancora di più e mettano in campo ogni sforzo possibile, perché nessun bambino al mondo venga più lasciato indietro"

È questo il dato che emerge alla vigilia della Giornata internazionale dei bambini, che si celebra il 1 giugno

Per 690 milioni di minori, quasi 1 su 3 al mondo, l’infanzia è un diritto negato. Lo denuncia il nuovo rapporto di Save the Children sulle condizioni dei bambini, diffuso alla vigilia della Giornata internazionale dei bambini, che si celebra il 1 giugno: «Si tratta – spiega l’organizzazione – di bambine e bambini che muoiono troppo presto a causa di malattie facilmente curabili e prevenibili, che non hanno cibo adeguato per vincere la malnutrizione, che non possono studiare e andare a scuola, che sono costretti a lavorare o a sposarsi precocemente. Un quadro che si fa ancor più cupo nei paesi sferzati dai conflitti, dove in un solo anno 53 mila bambini hanno perso la vita in seguito alle violenze».

Sono cifre allarmanti, anche se in calo rispetto al 2000: «Quando i minori derubati della propria infanzia – ricorda Save the children – erano 970 milioni, un numero che oggi si è ridotto di 280 milioni, assestandosi a quota 690 milioni. Rispetto a 20 anni fa, si registrano 4,4 milioni di morti infantili all’anno in meno. Il numero di bambini colpiti dalla malnutrizione è sceso di 49 milioni; si contano 115 milioni di bambini in meno tagliati fuori dall’educazione e 94 milioni in meno coinvolti in varie forme di lavoro minorile».

Anche il numero di spose bambine, secondo il rapporto dell’organizzazione non governativa, rispetto a venti anni fa si è ridotto di 10 milioni e quello delle gravidanze precoci, che mettono a forte rischio le vite sia delle mamme che degli stessi bambini, di 3 milioni. Secondo i dati Sierra Leone, Ruanda, Etiopia e Niger sono i Paesi al mondo che hanno fatto registrare i maggiori progressi in termini di tutela dell’infanzia. La Repubblica Centrafricana è il Paese al mondo dove le condizioni di vita per i bambini sono le peggiori. Nella classifica, dopo la Repubblica Centrafricana, figurano Niger e Ciad con 10 Stati africani, di cui 6 colpiti da conflitti: «Sul versante opposto – sottolinea il rapporto – il primato dei Paesi più a misura di bambino spetta a Singapore, seguito da Svezia e Finlandia, con l’Italia all’ottavo posto in graduatoria».

Valerio Neri, direttore generale Save the Children

Il dato del nostro Paese, dove si contano 1,2 milioni di minori in povertà assoluta, è in linea con lo scorso anno ed è peggiore di quello di Irlanda, Germania, Slovenia e Norvegia, oltre che dei tre sul podio: «Nonostante i progressi registrati negli ultimi 20 anni – osserva Valerio Neri, direttore generale di Save the children -, che dimostrano che quando si intraprendono i passi giusti e si mettono in campo le azioni necessarie si possono ottenere risultati straordinari per assicurare un futuro a milioni di minori, anche nei Paesi più poveri e nei contesti più complicati, tuttavia, il lavoro è tutt’altro che compiuto. Sono ancora troppi i bambini che continuano a essere privati dell’infanzia che meritano e che soffrono terribilmente a causa di guerre, povertà, cambiamenti climatici. È fondamentale che i leader mondiali, i quali nel 2015 si sono impegnati a raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile entro il 2030, facciano ancora di più e mettano in campo ogni sforzo possibile perché nessun bambino al mondo venga più lasciato indietro».

E Save the children ha lanciato anche un altro allarme: «Sono circa 31 milioni – denuncia l’associazione – i minori che sono stati costretti a fuggire dalle proprie case nel tentativo di mettere in salvo la propria vita, e solo nel 2016 sono stati uccisi 53 mila bambini in seguito alle violenze, di cui il 64% in Medio Oriente e Nord Africa».

Dunque, è avvenuto un peggioramento delle condizioni dei bambini coinvolti nelle aree di conflitto. La Siria, secondo la graduatoria di Save the children, figura tra gli unici tre paesi al mondo, insieme a Venezuela e Trinidad e Tobago, dove le condizioni di vita per i bambini, negli ultimi 20 anni, non hanno subito alcun tipo di miglioramento. In Yemen, invece, l’ong ha dichiarato che, a seguito del devastante conflitto in corso dal 2015, non riesce ad avere dati aggiornati.

Al di là di ciò, il quadro globale è allarmante: «Ogni giorno, nel mondo – rileva Save the children – 15 mila bambini perdono la vita prima di compiere i 5 anni di età, a causa soprattutto della polmonite, e ben 152 milioni sono affetti da malnutrizione».

Inoltre, un bambino su 6 è tagliato fuori da scuola primaria e secondaria: «Una percentuale – conclude l’organizzazione internazionale – che si alza nei paesi più poveri, dove non va a scuola 1 bambino su 3, e tra i minori rifugiati (1 su 2 privato della possibilità di studiare). Sono 152 milioni, cioè uno su 10 al mondo, di cui circa il 50% in Africa, i minori coinvolti nella piaga del lavoro minorile, mentre sono 37 milioni le spose bambine stimate nel 2017 e 13 milioni di ragazze tra i 15 e i 19 anni che nel 2016 hanno messo al mondo un figlio, esposte a gravi rischi per la loro salute e per quella dei loro bambini».

Per tenere alta l’attenzione sulle sofferenze che milioni di bambini continuano a patire nei paesi in conflitto, Save the Children ha lanciato la campagna “Stop alla guerra sui bambini” con il numero solidale 45533, attivo sino al 2 giugno.

About Davide De Amicis (4378 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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