Senzatetto: “Un nuovo dormitorio non risolverà il problema dell’accoglienza”
"Oggi - sottolinea don Marco Pagniello - in gran parte d’Italia e in Europa si va nella direzione dell’housing first con un’accoglienza da realizzare in modo più piccolo e sparso, all’interno di case e appartamenti. Infatti, il rischio insito nell’attivare un nuovo dormitorio è quello di creare nuova domanda di posti letto e ampliare il problema anziché restringerlo"
«Non è la realizzazione di un nuovo dormitorio la soluzione al problema dell’accoglienza dei senza fissa dimora a Pescara». È stato categorico il direttore della Caritas diocesana di Pescara-Penne don Marco Pagniello che lo scorso lunedì, intervenendo in un’audizione della Commissione Politiche sociali del Comune di Pescara accompagnato dal vice direttore Corrado De Dominicis, ha avviato una riflessione da allargare a tutte le altre associazioni che si occupano di marginalità sociale, per individuare l’alternativa più idonea che oltre all’accoglienza consenta di realizzare anche una presa in carico dei bisognosi, superando una logica emergenziale: «Nel 2013 – approfondisce don Pagniello –, l’aver attivato un dormitorio da 60 posti all’interno della Cittadella dell’accoglienza Giovanni Paolo II sembrava una rivoluzione, mentre oggi in gran parte d’Italia e in Europa si va nella direzione dell’housing first con un’accoglienza da realizzare in modo più piccolo e sparso, all’interno di case e appartamenti. Infatti, il rischio insito nell’attivare un nuovo dormitorio è quello di creare nuova domanda di posti letto e ampliare il problema anziché restringerlo. Bisogna invece individuare una soluzione che sia condivisa e portata avanti insieme da tutti i soggetti coinvolti».
A tal proposito, nel marzo scorso, la precedente amministrazione comunale guidata dal sindaco Marco Alessandrini aveva elaborato un progetto di co-housing dedicato ai senza fissa dimora, finanziato con 518 mila euro di fondi europei, attraverso cui la giunta comunale aveva approvato una delibera per l’individuazione sul territorio comunale, tramite un bando, di appartamenti idonei, ad uso residenziale, per l’accoglienza dei senza tetto.
Un bando scaduto il 15 luglio e andato deserto: «Un progetto ancora in ballo – ricorda il direttore della Caritas diocesana -, ma prima di individuare case e appartamenti va costituita l’equipe multidisciplinare, già prevista dal progetto stesso, che si occupi di gestire la presa in carico dei senza fissa dimora e la loro convivenza. Altrimenti, il solo assicurare un tetto sulla loro testa non risolverà il problema».
Un’altra ipotesi, lanciata dall’attuale amministrazione comunale guidata dal sindaco Carlo Masci, è quella di avviare l’accoglienza dei clochard in 26 immobili sequestrati alla criminalità in alcuni quartieri periferici di Pescara. Un progetto che ha visto insorgere l’opposizione, considerando che i quartiere in questione (come Villa del fuoco o San Donato) sono già di per sé sensibili per la presenza di fenomeni criminali: «Anche in questo caso – ripete il presbitero – la sola accoglienza, senza la creazione di un’equipe multidisciplinare che coordini la presa in carico degli individui e la convivenza, non risolverebbe il problema».
L’attuale amministrazione comunale, durante l’estate, ha anche operato una serie di sgomberi di disperati da alcune aree abbandonate della città, come l’ex Fea, l’ex Draga, l’ex Mattatoio e l’ex Enaip, per risolvere l’altra criticità del degrado urbano: «Ma anche in questo caso – ammonisce don Marco Pagniello – i soli sgomberi, senza una presa in carico di queste persone, serviranno solo a spostare il problema da un’altra parte della città dove queste persone andranno a ricollocarsi».
Nei prossimi giorni l’amministrazione comunale continuerà ad ascoltare le associazioni impegnate nell’assistenza ai senza fissa dimora per poi, con tutta probabilità, attivare un tavolo permanente in cui il Comune e le associazioni monitoreranno e affronteranno insieme le criticità legate all’accoglienza.
Una soluzione condivisa dalla Caritas diocesana: «Bisogna vedersi, confrontarsi e pensare insieme alle soluzioni da attuare – conclude il direttore -, pensando anche a quella parte residuale di senza dimora che rifiuta l’accoglienza e cui non si può imporre».