“Ascoltiamo il grido dei poveri, grido di speranza della Chiesa”
"In questo Sinodo - sottolinea il Papa - abbiamo avuto la grazia di ascoltare le voci dei poveri e di riflettere sulla precarietà delle loro vite, minacciate da modelli di sviluppo predatori. Eppure, proprio in questa situazione, molti ci hanno testimoniato che è possibile guardare la realtà in modo diverso, accogliendola a mani aperte come un dono, abitando il creato non come mezzo da sfruttare ma come casa da custodire, confidando in Dio"
Papa Francesco, con la santa messa presieduta nella basilica di San Pietro e concelebrata con i padri sinodali, ha chiuso stamani i lavori del Sinodo per l’Amazzonia in presenza di molti uditori, esperti ed invitati speciali: «Per praticare la religione di Dio e non quella dell’io – spiega il Papa nell’omelia -, dobbiamo riconoscerci poveri dentro, bisognosi di misericordia e frequentare i poveri, per ricordarci che solo nella povertà interiore agisce la salvezza di Dio. In questo Sinodo abbiamo avuto la grazia di ascoltare le voci dei poveri e di riflettere sulla precarietà delle loro vite, minacciate da modelli di sviluppo predatori. Eppure, proprio in questa situazione, molti ci hanno testimoniato che è possibile guardare la realtà in modo diverso, accogliendola a mani aperte come un dono, abitando il creato non come mezzo da sfruttare ma come casa da custodire, confidando in Dio».
Ma spesso, a detta del Pontefice, le voci dei poveri non vengono ascoltate: «E magari – aggiunge – vengono derise o messe a tacere perché scomode. Preghiamo per chiedere la grazia di saper ascoltare il grido dei poveri. È il grido di speranza della Chiesa. Facendo nostro il loro grido, anche la nostra preghiera attraverserà le nubi».
IL DOCUMENTO FINALE
Ha ricevuto 128 “placet” e 41 “non placet”, da parte dei padri sinodali, il documento finale del Sinodo per l’Amazzonia, che ha formulato diverse proposte per riorganizzare il cammino di fede dei credenti in quell’area geografica così vasta: «Ordinare sacerdoti uomini idonei e riconosciuti della comunità – si legge in una delle proposte -, che abbiano un diaconato permanente fecondo e ricevano una formazione adeguata per il presbiterato, potendo avere una famiglia legittimamente costituita e stabile, per sostenere la vita della comunità cristiana attraverso la predicazione della parola e la celebrazione dei sacramenti nelle zone più remote della regione amazzonica».
Molte delle comunità ecclesiali del territorio amazzonico hanno enormi difficoltà di accesso all’Eucaristia, si legge al numero 111: «A volte ci vogliono non solo mesi, ma anche diversi anni – constata il documento sinodale – prima che un sacerdote possa tornare in una comunità per celebrare l’Eucaristia, offrire il sacramento della Riconciliazione o ungere i malati nella comunità. Apprezziamo il celibato come dono di Dio – si precisa poi nel testo – nella misura in cui questo dono permette al discepolo missionario, ordinato al presbiterato, di dedicarsi pienamente al servizio del Popolo santo di Dio. Esso stimola la carità pastorale e preghiamo che ci siano molte vocazioni che vivono il sacerdozio celibe. Sappiamo che questa disciplina non è richiesta dalla natura stessa del sacerdozio, anche se possiede molteplici ragioni di convenienza». Questa la citazione della Presbyterorum Ordinis: «Nella sua enciclica sul celibato sacerdotale – ricorda il documento finale -, san Paolo VI ha mantenuto questa legge e ha esposto le motivazioni teologiche, spirituali e pastorali che la sostengono. Nell’esortazione post-sinodale di san Giovanni Paolo II sulla formazione sacerdotale ha confermato questa tradizione nella Chiesa latina».
Quindi il ritorno alla situazione amazzonica: «La legittima diversità – si legge ancora nel documento – non nuoce alla comunione e all’unità della Chiesa, ma la manifesta e la serve, come testimonia la pluralità dei riti e delle discipline esistenti». Questo, dunque, il presupposto che motiva la proposta di ordinazione sacerdotale per i diaconi permanenti, anche con famiglia “legittimamente costituita e stabile”, purché “uomini idonei e riconosciuti della comunità” e in possesso di una “formazione adeguata per il presbiterato”.
Ma alcuni ministeri parleranno anche femminile, perché il lettorato e l’accolitato – due ministeri che finora erano appannaggio solo degli uomini, in quanto fanno parte dell’iter di formazione dei futuri sacerdoti – potranno essere accessibili anche per le donne. Da qui la richiesta di istituire anche un nuovo ministero al femminile, relativo alla regione panamazzonica, ovvero quello di “donna dirigente di comunità”: «Chiediamo – affermano i padri sinodali – la revisione del Motu Proprio Ministeria quedam di san Paolo VI, affinché anche donne adeguatamente formate e preparate possano ricevere i ministeri del lettorato e dell’accolitato, tra gli altri che possono essere svolti», stabilisce il numero 102: «Nei nuovi contesti di evangelizzazione e di pastorale in Amazzonia, dove la maggiora parte della comunità cattoliche sono guidate da donne – si legge ancora nel numero citato – chiediamo che venga creato il ministero istituito di ‘donna dirigente di comunità’, dando ad esso un riconoscimento, nel servizio delle mutevoli esigenze di evangelizzazione e di attenzione alle comunità».
Nel punto successivo, viene poi fatto notare come nelle numerose consultazioni che si sono svolte in Amazzonia è stato riconosciuto e sottolineato il ruolo fondamentale delle religiose e delle laiche nella Chiesa amazzonica e nelle sue comunità, visti i molteplici servizi che offrono: «In molte di queste consultazioni – ricorda il testo – è stato solleticato il diaconato permanente per le donne. Per questo motivo il tema è stato anche molto presente durante il Sinodo. Già nel 2016 Papa Francesco aveva creato una Commissione di studio sul diaconato delle donne che, come Commissione, è arrivato a un risultato parziale su come era la realtà del diaconato delle donne nei primi secoli della Chiesa e sulle sue implicazioni attuali. Vorremmo pertanto condividere le nostre esperienze e riflessioni con la Commissione e attenderne i risultati».
Un’altra importante proposta emersa dal Sinodo per l’Amazzonia è stata poi quella di definire il peccato ecologico come un’azione o un’omissione contro Dio, contro il prossimo, la comunità e l’ambiente: «È un peccato contro le generazioni future – spiegano i padri sinodali – e si manifesta in atti e abitudini di inquinamento e distruzione dell’armonia dell’ambiente, trasgressioni contro i principi di interdipendenza e rottura delle reti di solidarietà tra le creature e contro la virtù della giustizia».
Nel numero 82, si propone inoltre di creare ministeri speciali per la cura della ‘casa comune’ e la promozione dell’ecologia integrale a livello parrocchiale e in ogni giurisdizione ecclesiastica, che abbiano tra le loro funzioni la cura del territorio e delle acque, nonché la promozione dell’enciclica Laudato si: «Come modo – precisa il documento finale – per riparare il debito ecologico che i Paesi hanno con l’Amazzonia». I padri sinodali hanno anche proposto la creazione di un fondo mondiale per coprire parte dei bilanci della comunità presenti in Amazzonia: «Che promuovono – puntualizzano – il loro sviluppo integrale e auto-sostenibile e, quindi, anche per proteggerle dal desiderio predatorio di aziende nazionali e multinazionali di estrarre le loro risorse naturali».
E non mancano, nel testo, consigli dettagliati e concreti in materia di ecologia e sostenibilità ambientale, come ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili e l’uso della plastica modificando le nostre abitudini alimentari con stili di vita più sobri. Infine, i padri sinodali hanno proposto la creazione di un osservatorio pastorale socio-ambientale, rafforzando la lotta per la difesa della vita. Nell’ambito di questa proposta si suggerisce di «effettuare una diagnosi del territorio e dei suoi conflitti socio-ambientali in ogni Chiesa locale e regionale, per poter assumere una posizione, prendere decisioni e difendere i diritti dei più vulnerabili». L’osservatorio, si legge al numero 85, lavorerebbe in collaborazione con Celam, Clar, Caritas, Repam, episcopati nazionali, chiese locali, università cattoliche, Cidh, altri attori non ecclesiali del continente e rappresentanti delle popolazioni indigene. In relazione con l’Osservatorio e con le istituzioni locali amazzoniche, secondo i padri sinodali, dovrebbe operare un ufficio amazzonico anche all’interno del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale.