“Noi non siamo nativi digitali, siamo nativi umani”
"Le aree del cervello che governano il linguaggio del bambino – ammonisce Giuseppe Riva, docente di Psicologia della comunicazione all’Università Cattolica -, sono quelle più colpite a causa di un eccessivo uso delle tecnologie. Quello che vediamo anche nelle scuole italiane è un aumento di tutte le forme di disturbo del linguaggio"

«Noi non siamo nativi digitali, siamo nativi umani». Lo ha affermato oggi Paola Pisano, ministra per l’Innovazione tecnologica e la digitalizzazione, intervenendo alla Giornata internazionale “Together for a better internet. Together for a better internet. Rapporto tra bambini, adolescenti e il digitale, tra nuove opportunità e potenziali rischi”, che si è svolta all’Università Cattolica di Milano nel Safer Internet Day: «Se pensiamo – osserva la ministra – che nel 2019 sono stati rilevati 490 casi di cyberbullismo in Italia, 50 dei quali riguardavano bambini sotto i 9 anni, dobbiamo interrogarci perché si tratta di un fenomeno che riguarda tutti, indipendentemente dall’estrazione sociale. Occorre aumentare il pensiero critico, la consapevolezza, le forme di ascolto dei nostri ragazzi e proteggere più che vietare».

Partendo da questo presupposto, la ministra Pisano ha illustrato l’impegno del suo Ministero: «Abbiamo istituito un gruppo di lavoro insieme al Dipartimento per l’Editoria, al ministro della Giustizia, al ministro della Famiglia – ricorda -, per iniziare a studiare il fenomeno dell’odio online e riuscire a immaginare possibili soluzioni e suggerimenti. Gli strumenti digitali non imparano dai sogni della società ma dalla realtà».

L’appuntamento, promosso dal Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica insieme a Telefono Azzurro, ha voluto riflettere sull’impatto dell’uso delle nuove tecnologie sulla vita delle persone. Ad introdurre i lavori è stato il rettore Franco Anelli: «L’esigenza di fondare una “algoretica”, come ha detto Papa Francesco in un recente incontro sulla Promoting Child Dignity – riflette l’accademico – richiede la conoscenza del mondo digitale, l’alleanza con i media quali strumenti fondamentali per recuperare uno spirito di comunità e pragmatismo per portare i principi astratti alla concretezza. È importante insegnare ai più giovani l’uso degli strumenti digitali per difenderli dai rischi, ma anche per difenderli dalla possibile deriva di diventare essi stessi tramite di condotte riprovevoli verso gli altri. La dimensione educativa è fondamentale e questo è il motivo per cui una università come la nostra vuole essere protagonista nel dibattito che non si avvale solo di competenze tecnologiche ma anche e soprattutto di competenze umanistiche».

Anche perché troppa tecnologia e troppo presto può compromette la salute dei più piccoli: «Le aree del cervello che governano il linguaggio del bambino – ammonisce Giuseppe Riva, docente di Psicologia della comunicazione all’Università Cattolica e organizzatore del convegno -, sono quelle più colpite a causa di un eccessivo uso delle tecnologie. Quello che vediamo anche nelle scuole italiane è un aumento di tutte le forme di disturbo del linguaggio. Sappiamo che la dislessia negli ultimi anni ha avuto un vero e proprio boom e probabilmente questo è legato all’uso delle tecnologie».
L’esperto ha lanciato l’allarme, facendo riferimento a recenti studi americani: «Dicono – approfondisce il docente – che fra i due e i tre anni, età critica nello sviluppo del bambino, i più piccoli stanno dalle 15 alle 17 ore settimanali davanti allo schermo e questo tipicamente succede nelle famiglie che non hanno un reddito sufficiente per mandare il bambino all’asilo nido. L’educazione del figlio è delegata alla babysitter, alla nonna che usa la tecnologia come se fosse lo strumento più efficace per far stare tranquillo il bambino. Come Università Cattolica vorremo cercare di vedere, attraverso uno studio che faremo con colleghi americani, se effettivamente questi disturbi si verificano anche nei bambini italiani. In ogni caso conviene seguire quanto ha detto l’American Pediatric Association, evitare l’uso delle tecnologie per i bambini sotto i due anni anche se è difficile perché ne sono molto attratti».

Ma al di là dell’esposizione davanti agli schermi di smarphone, tablet e tv, è il web stesso a rappresentare un pericolo per i più giovani: «I ragazzi – spiega Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro – chiedono aiuto, mancano loro dei riferimenti a cui potersi appoggiare se ci sono situazioni improprie che possono essere anche fonte di comportamenti autolesivi. Per fronteggiare il bisogno di informazione e conoscenza, che spesso i ragazzi non trovano né a scuola né nelle attività extrascolastiche, noi stiamo costruendo un nuovo portale che permetta loro di accedere sempre più facilmente a un canale di comunicazione che vada incontro alla necessità di immediatezza nelle risposte».
Un discorso a parte merita, infine, il tema della sessualità: «In rete – conclude Caffo – oggi ci sono 100 milioni di immagini pedo pornografiche, veri e propri atti criminali compiuti su bambini, che poi restano in rete e girano in vari canali. È faticoso convincere le aziende che producono tecnologia a controllare le immagini e a mettere filtri, ma è necessaria una continua sinergia anche con la Polizia di Stato per arginare il problema».