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“Il Signore muore nelle storie terribili di quanti hanno subito ingiustizie”

"Se questa sera – osserva l'arcivescovo Valentinetti, pronunciando l’omelia – avremmo dovuto fare la processione, rievocando quel cammino di cui ci ha parlato il testo evangelico (dal Calvario al sepolcro), forse dobbiamo considerare che quel cammino negato a noi, è un cammino che nel silenzio e in assoluta solitudine tanti nostri fratelli e tante nostre sorelle defunti, in questa situazione, hanno compiuto nell’assoluta assenza di affetto e di amore. Gesù e Maria hanno camminato con loro"

Valentinetti celebra la liturgia dell’adorazione della Croce in Cattedrale, in diretta su Rete 8 e ricorda i malati, i defunti di questi giorni

La liturgia della Passione di Gesù narrata dall’evangelista Giovanni ha introdotto, oggi pomeriggio, l’adorazione della Croce presieduta dall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti in una Cattedrale di San Cetteo ovviamene vuota e trasmessa in diretta da Rete 8, viste le misure imposte per arginare il contagio da Coronavirus Covid 19. Ma non per questo la liturgia, nonostante l’impossibilità di svolgere la tradizionale processione del Cristo morto sulle strade di Pescara, ha assunto un significato minore: «Se questa sera – osserva il presule, pronunciando l’omelia – avremmo dovuto fare la processione, rievocando quel cammino di cui ci ha parlato il testo evangelico (dal Calvario al sepolcro), forse dobbiamo considerare che quel cammino negato a noi, è un cammino che nel silenzio e in assoluta solitudine tanti nostri fratelli e tante nostre sorelle defunti, in questa situazione, hanno compiuto nell’assoluta assenza di affetto e di amore. Gesù e Maria hanno camminato con loro. Forse una processione interminabile, cominciata nel momento in cui questa malattia è entrata nel mondo e che, speriamo presto, possa concludersi. , la processione tradizionale ci è negata, ma una processione di carne e sangue stiamo vivendo dentro la storia della nostra esperienza umana, della nostra realtà diocesana, della nostra umanità. Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea portarono addirittura una quantità enorme, 30 chilogrammi di mirra per ungere il corpo di Gesù. Con quella mirra si poteva ungere un nuovo tempio. Ebbene il nuovo tempio è quello di coloro che, speriamo, possano risorgere dai morti e contemplare veramente il volto di Dio. Alla misericordia del Signore tutti li affidiamo nelle preghiera comune, nell’intercessione e nel ricordo».

Ma la meditazione dell’arcivescovo è partita dall’analisi del testo evangelico: «La lunga narrazione della Passione di Gesù secondo Giovanni – spiega l’arcivescovo Valentinetti -, consta di due parti. Una molto più lunga, l’altra più simbolica e breve. La prima parte è la narrazione del processo che ha molti protagonisti, Pilato rappresentante del potere romano e i sommi sacerdoti rappresentanti del potere religioso dell’allora Tempio di Gerusalemme. Questi due poteri si allenano diventando complici e, sia pur nel tentativo di sottrarsi vicendevolmente nel voler pronunciare una sentenza di morte, alla fine riescono a condannare il giusto che diventa così l’ingiusto messo in croce».

La lettura della Passione di Gesù secondo Giovanni

In questo caso si verifica una distorsione della verità: «Quando i poteri deviano dalla loro vera forma – denuncia l’arcivescovo di Pescara-Penne -, quando si accaniscono contro gli innocenti, quando mettono a morte coloro che hanno detto la verità, che hanno portato nel cuore la verità che avevano predicato così come Gesù, che aveva predicato la verità del Vangelo, a questa parola c’è una reazione. Che cos’è la verità? La verità viene misconosciuta, viene distrutta, calpestata e si ottiene il risultato sperato. Un risultato che riassume certamente tutte le ingiustizie e tutte le persecuzioni, tutte le morti di coloro che purtroppo nella loro vita sono stati condannati a delle morti ingiuste. Possiamo pensare a tante situazioni difficili di guerra, di odio, di violenza, di persecuzione. Dalle prime persecuzioni dei cristiani fino alle persecuzioni degli ebrei nell’ultimo conflitto mondiale. Dovunque c’è ingiustizia, dovunque c’è questa verità che viene calpestata, lì purtroppo c’è Gesù che soffre ancora una volta. Qualcuno chiede spesso “Quando ci sono queste ingiustizie, questi tradimenti (il tradimento di Giuda, il rinnegamento di Pietro), dov’è Dio? Dov’è il Signore?”. Il Signore va a morire, ancora una volta, dentro quelle storie terribili e infami di tanti uomini e di tante donne che nel mondo, purtroppo, hanno subito cattiverie e ingiustizie».

Tutto questo è narrato nella prima parte del testo di Giovanni che, invece, nella seconda ripercorre gli ultimi istanti di vita di Gesù: «E ancora una volta – approfondisce monsignor Tommaso Valentinetti – la tenerezza, la misericordia, l’amore di Gesù nei confronti di quel discepolo che amava, ma probabilmente nei confronti di tutti i discepoli, perché in quel discepolo erano riassunti tutti gli altri. “Donna, ecco tuo figlio” e al figlio “Ecco tua madre”. E dopo queste parole, la conclusione della vita. Un’arsura incredibile del corpo, ma anche in quella sete un grande desiderio di salvezza per tutta l’umanità. E quando la parola si è compiuta, Gesù ha la coscienza di aver portato a compimento l’opera che il Padre gli ha affidato».

Da questo passaggio, il presule ne ha ricavato anche una riflessione per il tempo difficile che stiamo attraversando: «Oggi, in questa situazione difficile in cui ci stiamo trovando – riflette l’arcivescovo -, forse, questa parola di Gesù nei confronti di Maria è la parola che Gesù dice ancora una volta alla madre, perché possa intercedere per i suoi figli che stanno soffrendo. I tanti malati negli ospedali, i tanti contagiati da questo virus, le tante persone che purtroppo hanno la vita nell’assoluto silenzio, in una croce infinita che certamente non è stata stampata su di un Calvario, ma la croce di un letto di ospedale. E tutti, allora, affidiamoci a questa madre, tutti vogliamo rimettere nel grembo di Maria e tutti vogliamo dire “Ecco, c’è la madre. La madre che ci consola, la madre che ci accarezza, la madre che ci riempie di tenerezza coloro che mani umane non hanno potuto accarezzare”».  

About Davide De Amicis (4378 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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