Oltre Facebook: i giovani cercano luoghi reali
Facebook e Twitter, e i social network in generale, non bastano a soddisfare la voglia di incontro e socializzazione dei giovani che a Pescara richiedono luoghi veri e fisicamente idonei ad intraprendere percorsi informativi e formativi. Ad affermarlo è il 72% degli studenti iscritti alle scuole secondarie ed alle facoltà universitarie pescaresi, che hanno risposto al questionario somministrato dall’associazione “Articolo 3”, la quale ha condotto questa ed altre risposte in un ampio studio, presentato ieri nella Sala del Consiglio comunale, dal titolo “Senza fissa dimora – Pescara, i giovani, i luoghi di aggregazione”.
Insomma la piazza virtuale non basta più, è già in crisi, e di questi tempi, già di per sé incerti e precari, i giovani vogliono mettere radici sicure in luoghi dove progettare la propria vita futura ed il proprio tempo libero: «Quella vissuta dai giovani – ha spiegato il professor Everardo Minardi, Ordinario di Sociologia Generale all’università di Teramo – è una società che tende a produrre i non luoghi, laddove si passa ma non si trova neanche uno spazio nel quale radicarsi». Parliamo di un campione che al 99% dei casi possiede un computer che utilizza soprattutto per svago, mentre il 35% degli intervistati, ha dichiarato di non acquistare giornali o riviste.
E questi sono gli stessi ragazzi che, nel 38,04% dei casi, si servono dei locali come pub e ristoranti per incontrare i propri amici: «I giovani – ha sottolineato Antonella Allegrino, presidente di “Articolo 3” – non chiedono solo luoghi di intrattenimento, ma luoghi che diventino d’identità, per crescere e confrontarsi, una dimora breve. Abbiamo così definito i ragazzi “senza fissa dimora”, perché richiedono spazi che assecondino la loro evoluzione». E, più concretamente, non mancano i progetti, per trasformare le idee in realtà, non mancano.
Tre sono quelli allo studio, si parla di realizzare un orto urbano, una piazza lineare che diventi un salotto per la condivisione dell’arte e della socializzazione, da collocare in Corso Manthonè, e di un social cube, un laboratorio urbano che dia spazio alla capacità dei giovani residenti a Fontanelle: «La nostra mission – ha precisato il professor Alberto Ulisse, docente di Architettura presso l’università D’Annunzio – è quella di portare all’interno di realtà definite questi cluster urbani degradati, che si attraversano ma non si vivono».
L’amministrazione comunale, da parte sua, ha suggerito alternative:«Da mesi ormai – ha ricordato il vice sindaco, Berardino Fiorilli – abbiamo riaperto in cinque zone periferiche della città gli oratori, ossia spazi gestiti dalle parrocchie in cui consentire ai ragazzi, soprattutto gli adolescenti, di incontrarsi e dialogare». Ma infine il problema, individuato da un grande pescarese, da un giovane a suo dire acquisito, sembra tutt’altro: «A Pescara – ha riflettuto Germano D’Aurelio, in arte N’duccio, mattatore della mattinata – il vero problema è l’assenza di spazi mentali. Manca una radice culturale vera da trasmettere ai giovani che vedono la nostra città come un grande luna park dove si gioca e non si vince niente».