“La misericordia di Dio passa anche dalla comunità ferita dal Covid-19”
"Mai avrei immaginato - racconta il parroco don Michele Cocomazzi, nominato oggi canonico onorario di San Cetteo - che Castiglione Messer Raimondo e la vallata del Fino, per giorni e giorni, andassero nelle cronache regionali per la diffusione del Coronavirus che ha mietuto tante vittime, che ha visto tantissimi contagi e dei picchi di quasi 400 persone in quarantena fiduciaria. Ringrazio il Signore, perché anche in quei giorni di grande precarietà abbiamo continuato ad essere Chiesa, abbiamo messo da parte ogni situazione di astio, rancore e davvero tutti si sono dati da fare secondo le proprie possibilità"
Oggi è stata la Val Fino e in particolare la comunità cittadina e parrocchiale di Castiglione Messer Raimondo, tra i comuni abruzzesi più colpiti dalla pandemia di Coronavirus Covid-19 in termini di contagiati e vittime, la prima tappa della visita pastorale che l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti compirà nelle parrocchie che, nei giorni del lockdown, sono state inserite nella zona rossa. Il primo comune a rientrarvi è stato proprio Castiglione Messer Raimondo, con il Santuario di San Donato dove stamani il presule ha presieduto la messa nella solennità della Pentecoste, in diretta su Rete 8, concelebrata con il vicario generale dell’arcidiocesi di Pescara-Penne monsignor Francesco Santuccione e con il parroco, rettore del santuario e vicario foraneo della Val Fino don Michele Cocomazzi.
E proprio quest’ultimo, dopo aver brillantemente superato la dura prova della pandemia continuando ad essere una guida salda e autorevole per la sua comunità, è stato insignito dall’arcivescovo Valentinetti del titolo di canonico onorario della Cattedrale di San Cetteo: «La pandemia che ha colpito anche l’arcidiocesi di Pescara-Penne – motiva il presule, annunciando la nomina al presbitero al termine della celebrazione – si è accanita particolarmente sulla tua parrocchia e sulla tua forania, tanto da determinare che le autorità la dichiarassero zona rossa per circa 40 giorni. Ho potuto comprendere, anche se solo da lontano, la sofferenza della tua gente e la partecipazione affettiva ed effettiva del tuo ministero e dei tuoi collaboratori a questo difficile momento che, credo, rimarrà come ricordo indelebile nella nostra memoria. Ora, confidando che questa graduale ripresa possa consolidarsi, anche per l’intercessione dei santi patroni, in particolare di San Donato, ho ritenuto opportuno come segno di comunione tra la chiesa cattedrale e la tua zona pastorale, di nominare te canonico onorario della Cattedrale di San Cetteo in Pescara. Questo titolo, sia pure semplicemente di onore, è dato alla tua persona, ma nella tua persona è dato a tutta la comunità che con te ha vissuto questo difficile momento».
Una nomina che per la comunità parrocchiale, rappresentata da alcuni fedeli, dal sindaco di Castiglione Messer Raimondo Vincenzo D’Ercole e dai suoi colleghi di Elice, Castilenti, Bisenti, Arsita e Montefino, è stata un’assoluta sorpresa tanto da spingere l’arcivescovo a precisare simpaticamente «Non vi spaventate, non lo tolgo da parroco». Una nomina per la quale, dopo la vestizione da canonico compiuta da monsignor Santuccione, don Michele Cocomazzi si è detto riconoscente: «Sono profondamente grato innanzitutto al Signore – afferma -, per il dono della graduale ripresa che come zona stiamo vivendo. Abbiamo trascorso dei giorni di grande sofferenza, dolore e di assoluta precarietà. Quando sono venuto a sapere della diffusione di questo virus in Cina, tra me e me ho pensavo “Noi qui, sperduti nell’agro teramano, stiamo tranquilli, stiamo sicuri, prima che arriva qui?!”. Mai avrei immaginato che Castiglione Messer Raimondo e la vallata del Fino, per giorni e giorni, andassero nelle cronache regionali per la diffusione del Coronavirus che ha mietuto tante vittime, che ha visto tantissimi contagi e dei picchi di quasi 400 persone in quarantena fiduciaria. Ringrazio il Signore, perché anche in quei giorni di grande precarietà abbiamo continuato ad essere Chiesa, abbiamo messo da parte ogni situazione di astio, rancore e davvero tutti si sono dati da fare secondo le proprie possibilità: l’amministrazione comunale, il sindaco, le Forze dell’ordine, i medici di zona. Grazie eccellenza per la sua presenza in mezzo a noi, in questo momento di rinascita. Sua eccellenza non ha fatto mai mancare la sua vicinanza, il suo affetto paterno. Con cadenza quasi quotidiana, si informava della nostra situazione e nonostante il pericolo personale di contagio, si è messo più volte a valutare l’opportunità di essere anche fisicamente presente in mezzo a noi. Soltanto l’obbedienza alle norme e alle imposizioni dello Stato, lo hanno frenato. Grazie perché appena possibile, eccellenza, siete venuto da noi, in mezzo ai vostri figli, in questa zona della Chiesa diocesana così provata, così martoriata. Grazie a monsignor Francesco Santuccione, il nostro vicario generale, che con affetto fraterno e paterno si è anch’egli sempre interessato e reso presente in mille modi, non ultimo oggi nella sua presenza concreta, personale, in mezzo a noi. Il Signore ci benedica, ci preservi da ogni male per l’avvenire perché già tante ne abbiamo vissute in questa zona. Dai terremoti alle frane, passando per la nevicata del 2017, fino alla gioia per la riapertura del nostro Santuario di San Donato che poco abbiamo potuto godere, perché è subito subentrata la pandemia. Possano seguire davvero dei giorni di ristabilita serenità per tutta la nostra vallata, la nostra forania, le 10 parrocchie che la compongono, i carissimi confratelli sacerdoti, parroci e vicari, le amministrazioni locali e per tutto il mondo, che ha vissuto maniera diversa, particolare, questo dramma della pandemia del Covid-19. Sempre insieme, sempre uniti a Dio, sempre sotto lo Spirito Santo, eccellenza, continueremo il nostro cammino di santificazione. Grazie ancora».
Nell’omelia, l’arcivescovo di Pescara-Penne ha approfondito il significato della Pentecoste anche alla luce della pandemia subìta: «Un doveroso saluto a tutti i sindaci presenti – premette -. Ad alcuni di voi avevo promesso che appena sarebbe stato possibile venire a celebrare in questa nostra chiesa madre della zona foraniale, sarei venuto volentieri. Non fosse altro, per vedervi in faccia per la situazione abbastanza difficile, se non complessa, che avete attraversato. E lo facciamo nel giorno della Pentecoste, conclusione del tempo di Pasqua, conclusione degli eventi straordinari della vita di Gesù sulla faccia della terra e, soprattutto, rilancio di un cammino sotto l’azione dello Spirito Santo. Che cosa ci dice la pagina del Vangelo? Che Gesù appare la sera stessa di Pasqua, con i segni delle sue ferite. Sono sicuramente ferite gloriose, le mani, il costato, ma appare a chi? Appare ad una comunità ugualmente ferita. Il testo non lesina le parole. Dice che erano impauriti perché avevano paura di fare la stessa fine. Inoltre Giuda aveva tradito quella sera stessa, pochi giorni prima, una ferita enorme. Tommaso non c’era, ci sarà otto giorno dopo e Pietro, invece, doveva ancora elaborare il suo rinnegamento. Ecco perché Gesù la prima cosa che dice, come dono dello Spirito, “A coloro a cui perdonerete i vostri peccati saranno perdonati, a coloro a cui non perdonerete non saranno perdonati”. Come per dire “Ecco, il mio perdono è dato, il mio amore è di nuovo per voi, il mio amore passa attraverso le feritoie di quelle piaghe, di quei segni dei chiodi e di quel segno della lancia, perché attraverso quelle feritoie passa la misericordia di Dio”. Dovremmo essere attenti a comprendere questo mistero di misericordia, che passa anche quando la comunità è ferita e lacerata per varie situazioni, varie circostanze, che possono essere divisioni, incomprensioni, ma che possono essere anche situazioni come quelle che abbiamo attraversato».
A tal proposito, monsignor Tommaso Valentinetti ha poi fatto un nuovo riferimento alla drammatica emergenza sanitaria dei giorni scorsi: «E può dire – s’interroga – che non siamo stati feriti da questa situazione? Se penso ai morti di questa zona; se penso alle tante persone che hanno vissuto la quarantena rinchiuse in casa; se penso alle tante persone che si sono trovate e si trovano in difficoltà economica a causa di un lavoro, che purtroppo hanno avuto e hanno difficoltà a riprendere; se penso alle tante drammaticità di chi anziano, solo, senza conforto, senza sostegno, è stato chiuso in se stesso, magari anche con difficoltà psicologiche e interiori, nono sono segni di una comunità ferita? Ma dobbiamo abbatterci? Dobbiamo sentirci smarriti? Dobbiamo sentirci abbandonati? No, assolutamente. Se è vero che la pagina del Vangelo ci dice che il soffio dello Spirito è stato gentile, discreto ad andare a toccare le profondità dell’animo e dello spirito, la pagina degli Atti degli apostoli ci dice che quel giorno, quando 50 giorni dopo la Pasqua lo Spirito è entrato potentemente dentro il cenacolo, la forza di quello Spirito ha dato vigore ad una Chiesa che ha cominciato ad annunciare il Vangelo a tutte le sue creature. Noi oggi vogliamo accogliere questa forza, vogliamo riprendere questo potente soffio dello Spirito perché ci rinvigorisca, perché non ci abbattiamo, perché non ci sentiamo soli, perché non ci sentiamo assolutamente senza speranza. Ma la speranza che il Signore è in mezzo a noi, che il Signore è la nostra forza e la nostra salvezza, ci darà veramente tanto coraggio e tanto vigore. E questo ci dà la possibilità di mettere in pratica la prima frase della pagina di San Paolo apostolo ai Corinzi “Fratelli, nessuno può dire Gesù è Signore, se non sotto l’azione dello Spirito Santo”. Noi vogliamo dire “Nonostante tutto, Tu sei il Signore” e, con Tommaso, “Tu sei il Signore , tu sei il mio Dio”. Lui è il Signore. Forse, dentro la storia di due mesi e mezzo di fatica e chiusura, abbiamo smarrito qualche volta questo senso. “Ma il Signore è il Signore?”. Lui è il Signore».
Da qui le conclusioni: «Dobbiamo saper leggere dentro questa storia – aggiunge l’arcivescovo di Pescara-Penne – le Sue vie, le vie dello Spirito. Il male non è mai voluto da Dio, ma “Dentro il male – afferma citando il teologo protestante Dietrich Bonhoeffer – dobbiamo scorgere i segni di Dio”. Scorgiamo questi segni, scorgiamo i doni dello Spirito e con la preghiera che il parroco ha cantato (nel salmo responsoriale), continuiamo a dire “Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina, piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò che è sviato” e dona ai tuoi fedeli, che in Te confidano, i santi doni”».