Spreco alimentare: “Un dialogo globale per dimezzarlo entro il 2030”
«Un rinnovato dialogo globale tra governo, economia, religione e società civile ai massimi livelli per raggiungere l’obiettivo di dimezzare il Flaw entro il 2030». Sono stati i partecipanti ad un convegno promosso l’11 e il 12 novembre scorsi dalla Pontificia Accademia delle scienze, presso la Casina Pio IV in Vaticano, a chiedere un impegno globale condiviso per la riduzione della perdita e dello spreco alimentare (Food Loss and Waste – Flaw). Sullo sfondo di questo appuntamento l’enciclica ambientale Laudato Si’, all’interno della quale Papa Francesco ha esortato ad attuare un cambiamento, a livello globale, per superare la “cultura dello scarto” che si esprime in vari modi tra i quali, appunto, la perdita e lo spreco alimentare. Uno scandalo guardando agli oltre 820 milioni di persone che muoiono di fame e ai 2 miliardi di persone che non hanno accesso ad una dieta sana.
Nella dichiarazione finale pubblicata di recente, i firmatari – tra cui Joachim von Braun, presidente Pontificia Accademia delle scienze; monsignor Marcelo Sánchez Sorondo, cancelliere della stessa Accademia; Roy Steiner, vicepresidente senior Rockefeller Foundation, e Dongyu Qu, direttore generale Fao – chiedono «un’azione congiunta del governo e del settore privato a livello globale, regionale e nazionale, con l’impegno delle comunità religiose, della società civile e dei consumatori: «Le alleanze di diversi attori richiedono strategie chiare di riduzione del Flaw (ad esempio tra agricoltori, commercianti e settore aziendale, nonché tra i finanziatori) – si legge nel documento -. Al fine di elaborare azioni congiunte, è essenziale che i governi si impegnino a calcolare e a riferire l’entità del proprio Flaw».
Viene considerata essenziale l’attenzione verso tutti gli aspetti di lavorazione, trasporto, imballaggio e consumo di energia nelle catene di approvvigionamento alimentare. Ma occorre anche puntare sulla prevenzione e non solo sulla riduzione dello spreco. Servono «alleanze ampie, stabili e ben finanziate; innovazioni istituzionali e sistemi di incentivazione». E per ridurre e, possibilmente, evitare la perdita e lo spreco alimentare (Flaw) sarà importante la ricerca, così come anche il ruolo di scienza e tecnologia. Nella dichiarazione finale del convegno, i partecipanti hanno preso atto dei progressi compiuti, invitando però «ad un’azione urgente – precisano i convegnisti -, in particolare nell’Africa subsahariana, nell’Asia centrale e meridionale e in altre regioni in via di sviluppo colpite da un’elevata incidenza di insicurezza alimentare e perdita di cibo». La parola chiave dovrà essere “alleanza”. Importanti sono anche le azioni compiute dalla società civile: «Vari gruppi in tutto il mondo – riportano gli esperti – conducono campagne e diffondono informazioni e buone pratiche, promuovendo modelli di consumo più sostenibili ed educando i consumatori di tutte le fasce d’età, in particolare i giovani, ma occorre creare una rete globale».
In ballo vengono tirate anche le comunità religiose, alle quali i partecipanti al convegno chiedono «non solo di unire le proprie azioni per modificare il comportamento nei confronti della riduzione dello spreco e le iniziative di investimento per la riduzione delle perdite, ma di condurre tali iniziative», impegnandosi a «sostenere, raccomandare e collaborare alla riduzione del Flaw» per raggiungere l’obiettivo di dimezzarlo entro il 2030. Un’altra richiesta, inoltre, è stata rivolta ai governi chiamati a «stabilire obiettivi di riduzione del Flaw espliciti, ambiziosi e realistici», misurando l’efficacia delle azioni intraprese. Saranno poi necessari modelli più inclusivi per sostenere i piccoli agricoltori. L’azione congiunta, infine, dovrà riguardare anche la sicurezza alimentare, per assicurare che gli «alimenti siano gestiti, conservati e preparati correttamente secondo rigorosi standard di tutela della salute e dei consumatori. Inoltre, le catene di approvvigionamento dovrebbero essere controllate attentamente per impedire lavoro forzato e schiavitù moderna».