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“La malattia ha il volto di ogni malato, anche di chi si sente escluso”

2L’esperienza della malattia – sottolinea il Papa - ci fa sentire la nostra vulnerabilità e, nel contempo, il bisogno innato dell’altro. Quando siamo malati l’incertezza, il timore, a volte lo sgomento, pervadono la mente e il cuore; ci troviamo in una situazione di impotenza, perché la nostra salute non dipende dalle nostre capacità o dal nostro affannarci. La malattia, in altre parole, impone una domanda di senso, che nella fede si rivolge a Dio"

Lo ha affermato Papa Francesco nel messaggio per la Giornata mondiale del malato 2021

Papa Francesco

È stato pubblicato oggi il messaggio di Papa Francesco in occasione della prossima Giornata mondiale del malato, che ricorrerà giovedì 11 febbraio nel giorno in cui la Chiesa farà memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes, inevitabilmente segnato dalla pandemia di Coronavirus Covid-19: «Il pensiero – scrive il Papa – va in particolare a quanti, in tutto il mondo, patiscono gli effetti della pandemia del coronavirus. A tutti, specialmente ai più poveri ed emarginati, esprimo la mia spirituale vicinanza, assicurando la sollecitudine e l’affetto della Chiesa».

Il tema della giornata sarà “Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli (Mt 23,8). La relazione di fiducia alla base della cura dei malati”: «Quando si riduce la fede a sterili esercizi verbali, senza coinvolgersi nella storia e nelle necessità dell’altro – osserva il Santo Padre -, allora viene meno la coerenza tra il credo professato e il vissuto reale, con il pericolo di scivolare nell’idolatria di sé stessi. La critica che Gesù rivolge a coloro che ‘dicono e non fanno’ è salutare sempre e per tutti, perché nessuno è immune dal male dell’ipocrisia, un male molto grave, che produce l’effetto di impedirci di fiorire come figli dell’unico Padre, chiamati a vivere una fraternità universale». Questo perché, a detta del Pontefice, davanti alla condizione di bisogno del fratello e della sorella, Gesù offre un modello di comportamento del tutto opposto all’ipocrisia: «Propone di fermarsi – spiega -, ascoltare, stabilire una relazione diretta e personale con l’altro, sentire empatia e commozione per lui o per lei, lasciarsi coinvolgere dalla sua sofferenza fino a farsene carico nel servizio».

Da qui il riferimento alla malattia: «L’esperienza della malattia – sottolinea – ci fa sentire la nostra vulnerabilità e, nel contempo, il bisogno innato dell’altro. Quando siamo malati l’incertezza, il timore, a volte lo sgomento, pervadono la mente e il cuore; ci troviamo in una situazione di impotenza, perché la nostra salute non dipende dalle nostre capacità o dal nostro affannarci. La malattia, in altre parole, impone una domanda di senso, che nella fede si rivolge a Dio. Una domanda che cerca un nuovo significato e una nuova direzione all’esistenza, e che a volte può non trovare subito una risposta. Gli stessi amici e parenti non sempre sono in grado di aiutarci in questa faticosa ricerca». Nella Bibbia è accaduto a Giobbe: «La moglie e gli amici non riescono ad accompagnarlo nella sua sventura – ricorda Papa Bergoglio -, anzi, lo accusano amplificando in lui solitudine e smarrimento. Giobbe precipita in uno stato di abbandono e di incomprensione. Ma proprio attraverso questa estrema fragilità, respingendo ogni ipocrisia e scegliendo la via della sincerità verso Dio e verso gli altri, egli fa giungere il suo grido insistente a Dio, il quale alla fine risponde, aprendogli un nuovo orizzonte. Gli conferma che la sua sofferenza non è una punizione o un castigo, non è nemmeno uno stato di lontananza da Dio o un segno della sua indifferenza. Così, dal cuore ferito e risanato di Giobbe, sgorga quella vibrante e commossa dichiarazione al Signore “Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto”».

Per Papa Francesco, inoltre, la malattia ha sempre un volto: «Ha il volto – afferma – di ogni malato e malata, anche di quelli che si sentono ignorati, esclusi, vittime di ingiustizie sociali che negano loro diritti essenziali». Nella parte finale del messaggio, il Papa è tornato a parlare dell’emergenza Covid, denunciandone le storture nella gestione: «L’attuale pandemia – accusa – ha fatto emergere tante inadeguatezze dei sistemi sanitari e carenze nell’assistenza alle persone malate. Agli anziani, ai più deboli e vulnerabili non sempre è garantito l’accesso alle cure, e non sempre lo è in maniera equa. Questo dipende dalle scelte politiche, dal modo di amministrare le risorse e dall’impegno di coloro che rivestono ruoli di responsabilità. Investire risorse nella cura e nell’assistenza delle persone malate è una priorità legata al principio che la salute è un bene comune primario».

Ma la pandemia ha messo in luce anche degli esempi virtuosi: «La dedizione e la generosità – riconosce Bergoglio – di operatori sanitari, volontari, lavoratori e lavoratrici, sacerdoti, religiosi e religiose, che con professionalità, abnegazione, senso di responsabilità e amore per il prossimo hanno aiutato, curato, confortato e servito tanti malati e i loro familiari. Una schiera silenziosa di uomini e donne, che hanno scelto di guardare quei volti, facendosi carico delle ferite di pazienti che sentivano prossimi in virtù della comune appartenenza alla famiglia umana». Partendo da questo presupposto, il Santo Padre ha rivolto un invito alla vicinanza: «Un balsamo prezioso – rilancia -, che dà sostegno e consolazione a chi soffre nella malattia. Come il buon Samaritano, siamo chiamati a vivere la vicinanza, oltre che personalmente, in forma comunitaria, perché l’amore fraterno in Cristo genera una comunità capace di guarigione, che non abbandona nessuno, che include e accoglie soprattutto i più fragili».

A questo proposito, Papa Francesco ha ricordato l’importanza della solidarietà fraterna: «Che si esprime concretamente nel servizio – conclude – e può assumere forme molto diverse, tutte orientate a sostegno del prossimo. Solidarietà fraterna, infatti, significa avere cura di coloro che sono fragili nelle nostre famiglie, nella nostra società, nel nostro popolo, attraverso un servizio che guarda sempre il volto del fratello, tocca la sua carne, sente la sua prossimità fino in alcuni casi a “soffrirla”, e cerca la promozione del fratello. Per tale ragione il servizio non è mai ideologico, dal momento che non serve idee, ma persone».

About Davide De Amicis (4483 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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