Povertà abitativa: “In aumento a causa di crisi economiche e pregiudizi”
"Occorre - esorta il direttore De Dominicis - lavorare sull'ammodernamento, lavorare per l'accesso all'edilizia pubblica. È da tempo che sul territorio sono fermi i bandi di accesso, perché avere il patrimonio pubblico dell’edilizia popolare che non viene utilizzato al meglio, ovviamente, crea una dissonanza sul bisogno, sulle necessità che troviamo sul territorio. Questo è sicuramente un ambito di lavoro sul quale insistere maggiormente"
C’è una forma di povertà sempre più emergente tra i bisognosi pescaresi, e non solo, ed è la povertà abitativa acuita in parte dalla crisi economica e dall’accresciuto costo della vita, ma anche dalla diffidenza e dalle condizioni di vendita o locazione imposti da proprietari e affittuari. Una vera e propria emergenza, quest’ultima, indagata dalla Caritas diocesana attraverso il Progetto Aedes (dal latino casa) che si pone l’obiettivo di soddisfare determinati percorsi per soddisfare il bisogno dell’abitare.
Un progetto finanziato dall’otto per mille alla Chiesa cattolica e raccontato dal rapporto “Verso casa” pubblicato sul sito web della Caritas diocesana di Pescara-Penne, partito da un dato di base: il 58,7% degli assistiti dai centri Caritas, in base a quanto riportato dal Piano sociale regionale 2016-2018, richiede un alloggio: «Sono diversi anni che ci muoviamo su questo tema – premette Corrado De Dominicis, direttore della Caritas diocesana di Pescara-Penne -, in modalità soprattutto di analisi del della richiesta e di osservazione del bisogno. Allora, ci siamo messi al lavoro e abbiamo iniziato questo nuovo progetto che, in questa fase sperimentale, ha visto una prima sezione nella quale si è fatta un po’ l’analisi del bisogno, seguita poi dalla sperimentazione di alcune inclusioni abitative».
Sono molteplici, dunque, le cause a monte del problema: «Sicuramente – spiega De Dominicis – il mercato immobiliare ha subito delle variazioni anche a causa della situazione storica che abbiamo vissuto con le crisi economiche che si sono succedute, non ultime quelle dovute alla pandemia, hanno generato un aumento progressivo del bisogno. Basti pensare che nel triennio 2019-2021, le richieste che sono pervenute al nostro Centro d’ascolto diocesano hanno evidenziato che il 20% di chi si rivolge a Caritas è privo di un’abitazione, il 5% è ospite temporaneo in strutture di accoglienza, il 6% ha un mutuo a carico, il 42% vive in affitto, il 18% in un alloggio popolare e circa il 7% ha una casa di proprietà, mentre un restante – e mi verrebbe da dire residuale – circa 2,5% ha un comodato gratuito o un alloggio di servizio. Quindi notiamo che il tema casa viene portato in tutte o quasi tutte le richieste che vengono al nostro centro d’ascolto. Sicuramente il bisogno economico, la fatica nel pagare l’affitto o il mutuo, nel provvedere alle spese che sono relative alla casa, alle utenze ad esempio. Tanti fattori sono poi connessi anche alla situazione delle famiglie. Parliamo di separazioni, di divorzi, di situazioni familiari, ma ci sono anche i casi di violenza domestica e le difficoltà che vengono vissute anche a livello generazionale con i figli. Quindi è una situazione che prevede quella che noi individuiamo come una multi-problematicità delle persone che hanno a che fare con il tema dell’abitare».
E poi c’è l’approccio che, nel migliore dei casi, è diffidente da parte di proprietari e affittuari di abitazioni: «Questo è un tema – osserva il direttore della Caritas diocesana di Pescara-Penne – che, soprattutto negli ultimi anni, sta diventando molto significativo e penso ai pregiudizi che ci sono per genere, cultura ed età. Ad esempio, si fa fatica ad affittare casa, benché siano in possesso di regolare documenti, agli immigrati; si fa fatica ad affittare casa ad una donna sola con bambini; si fa fatica ad affittare casa agli anziani. Quindi dalla parte dell’offerta c’è assolutamente una difficoltà, così come c’è una difficoltà nel trovare il giusto incrocio tra la domanda e l’offerta. Il reddito di cittadinanza, ad esempio, è stato uno degli strumenti che veniva utilizzato a garanzia della possibilità di andare all’interno di un’abitazione in affitto, mentre oggi non è più uno strumento valido e spesso, come garanzia viene richiesto l’anticipo dell’intera annualità di affitti, piuttosto che una fideiussione. Così le persone che sono già in difficoltà per altre molteplici situazioni, non riescono a fornire questo tipo di garanzie e quindi, ovviamente, si crea una situazione di cortocircuito con case sfitte da un lato e persone che hanno bisogno di un’abitazione dall’altro».
Ma c’è anche un terzo fattore ad alimentare la povertà abitativa: «Nel report nazionale di Caritas italiana pubblicato lo scorso ottobre – ricorda Corrado De Dominicis -, abbiamo notato che c’è una certa ereditarietà della povertà e questo ricade anche sull’ambito dell’abitare. Cioè, molto spesso, le persone che si rivolgono a Caritas non hanno nei propri genitori o nonni un’abitazione di proprietà all’interno del nucleo familiare. Quindi, nel momento in cui purtroppo vengono a mancare gli appoggi familiari, quindi nonni genitori, le persone all’improvviso si ritrovano anche senza l’abitazione».
E poi, frequentemente, anche quando le case ci sono, queste ultime sono ben lontane dagli standard minimi di abitabilità: «Molto spesso – conferma il direttore della Caritas diocesana – ci sono delle abitazioni non del tutto salubri e con fenomeni di sovraffollamento dove, in pochi metri quadri, vivono nuclei molto grandi. Allora, affrontare in maniera maggiormente consapevole questo tema, dando la possibilità alle persone di vivere una vita dignitosa dal punto di vista dell’abitare, significa anche dare la possibilità alle persone di vivere una vita dignitosa negli altri ambiti della vita. Non dimentichiamo che la casa, quindi un luogo di ricovero notturno, un luogo di incontro, di relazione, un luogo dove trovare la propria dimensione, garantisce alla persona di avere quella serenità per affrontare al meglio gli impegni che la vita pone di fronte, come il lavoro, le amicizie e tutto quello che riguarda la vita sociale delle persone».
E la Caritas di Pescara-Penne, attraverso il Progetto Aedes, è riuscita a mappare il bisogno abitativo conducendo un sondaggio attraverso i proprio assistiti. Un’analisi dalla quale sono emerse alcune possibili risposte alla problematica: «Il primo lavoro che vogliamo fare – rilancia De Dominicis – è culturale. Bisogna agire sull’offerta e quindi sulla capacità di avere nel nostro circuito cittadino, ma anche diocesano, persone che siano disposte a dare case in affitto con l’abbattimento del pregiudizio, con la disponibilità di incontrare l’altro, non vedendo in quest’ultimo solo una persona che una volta entrata in casa poi, potrebbe non pagare o creare problemi, che sono i discorsi che generalmente sentiamo dire. Inoltre, come secondo passo è importante fare incontrare domanda e offerta e con il progetto Aedes abbiamo sviluppato il co-housing. Quest’ultimo genera la possibilità per le persone che vengono da storie diverse, da situazioni l’una completamente diversa dall’altra, di vivere insieme. Così si garantisce una sostenibilità ambientale, perché ovviamente si ammortizzano le spese, oltre che i consumi e quant’altro. C’è una sostenibilità sociale, perché tra queste persone si instaurano rapporti, relazioni che vanno nell’ottica del rispetto della comunicazione consapevole dell’incontro. Quindi, da questo punto di vista, si genera una convivenza sociale che, molto spesso, rimanendo isolati, si fa fatica a portare avanti. E poi ovviamente c’è anche la sostenibilità economica, data dalla condivisione dei beni e dalla riduzione degli sprechi».
In aggiunta, la Caritas diocesana di Pescara-Penne chiede alle istituzioni di rimettere al centro dell’agenda politica l’edilizia pubblica: «Occorre – esorta il direttore De Dominicis – lavorare sull’ammodernamento, lavorare per l’accesso all’edilizia pubblica. È da tempo che sul territorio sono fermi i bandi di accesso, perché avere il patrimonio pubblico dell’edilizia popolare che non viene utilizzato al meglio, ovviamente, crea una dissonanza sul bisogno, sulle necessità che troviamo sul territorio. Questo è sicuramente un ambito di lavoro sul quale insistere maggiormente».
Infine gli auspici per una pronta risoluzione del problema della povertà abitativa: «L’auspicio – conclude il direttore della Caritas diocesana – è di un maggiore lavoro di rete, perché è necessario avere una consonanza di idee, progetti e proposte, oltre a quello di riuscire insieme ad abbattere il pregiudizio. In modo particolare, considerando la situazione anche del nostro Paese, abbattere il pregiudizio in termini di nazionalità, di età e del genere. Perché diventa difficile, nel 2023, immaginare che ci sia ancora questo tipo di pregiudizio sul tema dell’abitare. E poi, ovviamente, l’auspicio è di sentire più spesso affermazioni come quelle che sono venute fuori da una delle interviste, che si trova all’interno del report “Verso casa”, di una persona che è entrata piangendo perché non sapeva più, non avendo una casa, dove far posare il capo, ma è uscita piangendo, riconoscendo che un percorso di inclusione abitativa, lavorativa e sociale, l’aveva aiutata a riacquistare la propria autonomia e la propria dignità».