“Il Signore ci chiede di essere credenti che spargono carità nel silenzio”
"Molto spesso - constata l'arcivescovo Valentinetti - siamo quelli che, in qualche modo, sgattaioliamo di fronte a una fede da comunicare. E la fede da comunicare si comunica con gli esempi, si comunica con la dolcezza, si comunica con il sorriso. Non si comunica arroccandosi dentro le proprie stanze, nei propri gruppetti. Si comunica fondamentalmente allargando gli spazi"

Ieri pomeriggio, nella Cattedrale di San Cetteo a Pescara, è stato l’incontro diocesano dei gruppi di preghiera di Padre Pio ad aprire la tre giorni di festeggiamenti in onore di San Cetteo vescovo e martire, patrono di Pescara e dell’Arcidiocesi di Pescara-Penne. Un incontro culminato nella santa messa presieduta dall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti, che ha approfondito il brano biblico domenicale: «Il testo evangelico di questa domenica – afferma il presule – ci racconta una delle Parole più dure di Gesù nei confronti dei capi dei sacerdoti e degli anziani del popolo d’Israele, che sono stati identificati come quei vignaioli che non hanno saputo dare il frutto nella vigna che era stata coltivata dal popolo d’Israele quando i messaggeri di Dio – i profeti – si erano presentati. Ma Gesù fa una profezia anche su se stesso, il figlio, l’erede che sarà cacciato fuori dalla vigna; Gesù muore fuori da Gerusalemme, fuori dall’accampamento e viene rifiutato da quegli stessi vignaioli che non avevano voluto riconoscere chi era stato mandato dal Padre. Ora questa è una rampogna molto pesante, nata nell’anno 80 d.C., quando Matteo scrive e la comunità cristiana si è resa conto che ormai doveva prendere in mano le sorti dell’avvento del Regno di Dio. Ecco perché l’ultima frase dice “Gli sarà tolto il Regno di Dio, che sarà dato a un popolo che ne produca frutti”».

Un messaggio, quest’ultimo, che ci interroga ancora oggi: «Ora, cari fratelli – conferma l’arcivescovo Valentinetti -, questa Parola non può rimanere solo specifica per quel tempo, ci dobbiamo interrogare se non dice qualcosa anche a noi. Chi siamo noi? E io mi sono dato una risposta. Siamo contemporaneamente la vigna che dev’essere coltivata, ma contemporaneamente siamo anche i vignaioli. Siamo la vigna che deve essere coltivata perché siamo tutti, dal Papa in giù, vescovo, presbiteri, diaconi e il popolo di Dio che dev’essere accompagnato. E certamente la responsabilità dell’essere vignaioli grava molto sulle nostre persone. Per la nostra Chiesa diocesana di Pescara-Penne, grava fortemente su di me e grava sui miei collaboratori sacerdoti, diaconi, laici impegnati. E sento tutto il peso e sento fortemente che questa Parola, questa sera, è rivolta a chi è chiamato ad essere in vignaiolo, perché Gesù prima o poi verrà a chiedere il frutto. E siamo capaci noi di dare questo frutto? Siamo capaci di offrire quello che desidera? Signore, abbi misericordia di noi che ci misuriamo, questa sera, con un vignaiolo di alto calibro che, chiaramente, il suo frutto l’ha dato a Gesù. Ma tutti siamo peccatori. Lui stesso ce l’aveva ricordato tantissime volte, San Pio. Ma bisogna stare attenti, perché se voi potete godere del ruolo di essere la vigna, in qualche modo siete anche voi i vignaioli in forza di che cosa? In forza del battesimo, in forza della cresima, in forza della vocazione che avete ricevuto, di far parte di un gruppo di preghiera di Padre Pio. Una vocazione che chiede una risposta, impegno di preghiera, ma che chiede anche un impegno di evangelizzazione e impegno di testimonianza cristiana, che chiede una fede a tutta prova, cristallina. Il Signore non vi chiede di essere militanti. No, non vi chiede questo. Vi chiede, attraverso la testimonianza di San Pio, di essere soprattutto dei credenti che spargono amore, che spargono misericordia, che spargono perdono, che spargono pace, che spargono longanimità (indulgenza), che spargono carità nel silenzio, nel nascondimento, nella piccolezza, nella quotidianità. Siete anche voi quei vignaioli che la domanda di dare il tutto “se sarà fatta a me e sarà fatta ai miei collaboratori, sarà fatta anche a voi”».
Dunque siamo tutti nella stessa barca: «Siamo tutti dentro questo mistero che è l’avvento del Regno di Dio – sottolinea l’arcivescovo di Pescara-Penne – e non voglia il Signore che ci tolga l’avvento del Regno per darlo ad altri! Questo Regno vogliamo mantenercelo veramente molto stretto, intensificando dunque questa nostra fede. Una fede che, purtroppo, in molte circostanze in questi tempi sta vacillando, in qualche situazione viene sempre meno, viene sempre meno in evidenza, viene sempre più messa da parte. Ma noi ne siamo responsabili? Forse sì, ne siamo responsabili in maniera molto veritiera quando diamo cattiva testimonianza. Ed è pericoloso perché molte volte noi, che siamo più assidui alle preghiere, alle riunioni, alle situazioni di vita parrocchiale, molto spesso non diamo buona testimonianza. Molto spesso siamo quelli che, in qualche modo, sgattaioliamo di fronte a una fede da comunicare. E la fede da comunicare si comunica con gli esempi, si comunica con la dolcezza, si comunica con il sorriso. Non si comunica arroccandosi dentro le proprie stanze, nei propri gruppetti. Si comunica fondamentalmente allargando gli spazi. Papa Francesco ci sta dicendo “Ascoltate tutti, ascoltate tutti, ascoltate tutti”. E per ascoltare tutti bisogna allargare il cuore e bisogna uscire».

Da qui l’invito di monsignor Tommaso Valentinetti: «Capisco che molto spesso è molto più comodo e molto più facile stare rintanati nelle nostre piccole realtà e forse anche in qualche sacrestia – esorta il presule -, ma è l’ora riuscire dalle sacrestie, è ora di uscire da questi piccoli luoghi. È il momento in cui la vigna del Signore deve produrre tanto frutto. È ora che questa “uva buona” possa essere donata. E sapete perché Gesù sceglie l’esempio della vigna? Perché se avesse scelto il grano, esso matura ogni anno mentre la vigna per maturare impiega 6, 7, 8 anni. Qualche volta per dare frutto buono ce ne vogliono 10, il che vuol dire che dobbiamo avere pazienza e dobbiamo perseverare in questo coltivare la vigna del Signore con tanta pazienza e tanta umiltà. Quanta pazienza ha avuto quell’uomo, quanta umiltà ha avuto quel santo e quanto amore è riuscito moltiplicare. Che il Signore, allora, ci conceda di essere fedeli a questa Parola, ma di essere fedeli anche alla parola di San Paolo “Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti“. È questo che chiedo al Signore per intercessione di un grande santo. Amen».
Intanto domani la festa in onore di San Cetteo culminerà alle 17.30 con la processione della statua del santo – accompagnata dal Complesso bandistico Città di Termoli – attraverso viale D’Annunzio, Ponte D’Annunzio, via Caduta del Forte, piazza Duca d’Aosta, Ponte Risorgimento, piazza Unione, via Conte di Ruvo, per poi rientrare nella Cattedrale di San Cetteo dove, alle 18.30, ci sarà la santa messa presieduta da monsignor Edgar Penã Parra, Sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato Vaticana, concelebrata dall’arcivescovo Valentinetti, dai canonici e dai sacerdoti diocesani con l’animazione liturgica del Coro diocesano diretto da Roberta Fioravanti.
Foto: Gisella Mariani