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“La società attende cristiani autentici che diffondano la cultura dell’amore”

“Quanto è bello, quanto è soave che i fratelli vivano insieme come olio profumato che scende sul collo e sulla barba di Aronne” - afferma l'arcivescovo Valentinetti -. Con queste parole del salmo, voglio esprimere tutta la mia gioia per questa celebrazione del nostro santo patrono San Cetteo per la devozione del popolo pescarese, per la devozione dell'Arcidiocesi di Pescara-Penne - che si fregia di averlo come patrono - e perché questa solennità potesse avere ancora più lustro e significato

Lo ha affermato monsignor Edgar Penã Parra, Sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato Vaticana che ieri, nella Cattedrale di Pescara, ha presieduto la messa in onore di San Cetteo

Monsignor Penã Parra pronuncia l'omelia

È stata una festa di San Cetteo tornata all’antico quella celebrata ieri, con la tradizionale processione della statua del santo che ha attraversato via D’Annunzio, piazza Garibaldi, Ponte D’Annunzio, via Caduta del forte, piazza Duca d’Aosta, Ponte Risorgimento dove l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti ha impartito la benedizione sulla città, piazza Unione e via Conte di Ruvo, per poi rientrare in Cattedrale dove ha presieduto la santa messa monsignor Edgar Penã Parra, Sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato Vaticana, accolto dal saluto dell’arcivescovo Valentinetti che ha concelebrato con lui unitamente al vicario generale dell’Arcidiocesi di Pescara-Penne monsignor Francesco Santuccione, ai canonici e ai sacerdoti della diocesi, con l’animazione liturgica del Coro diocesano diretto da RobertaFioravanti: «“Quanto è bello, quanto è soave che i fratelli vivano insieme come olio profumato che scende sul collo e sulla barba di Aronne”. Con queste parole del salmo, voglio esprimere tutta la mia gioia per questa celebrazione del nostro santo patrono San Cetteo per la devozione del popolo pescarese, per la devozione dell’Arcidiocesi di Pescara-Penne – che si fregia di averlo come patrono – e perché questa solennità potesse avere ancora più lustro e significato. Voi sapete bene che io invito ogni anno un fratello vescovo che possa coniugare con noi la sua letizia e quella della Chiesa intera. In questo momento di fraternità e di gioia, abbiamo scomodato negli anni passati sicuramente fratelli significativi, ma quest’anno ci siamo permessi di chiedere la carità addirittura al Sostituto della segreteria di Stato, che è molto vicino al Santo Padre a Papa Francesco, scelto da Papa Francesco proprio per questo compito. Probabilmente questa frase, Sostituto della segreteria di Stato di Stato dice poco, ma insieme con il Segretario di Stato – che pure è stato ospite di questa celebrazione – e insieme ad un altro confratello vescovo, è tra i primi tre collaboratori del Papa per guidare la Chiesa universale. Sua eccellenza viene da una terra lontana, ma a noi molto cara perché abbiamo parecchi sacerdoti del Venezuela presenti nella nostra diocesi. E ringraziamo veramente il Signore per il dono di questi fratelli che stanno svolgendo il loro ministero in mezzo a noi. Tanti sono stati i predecessori di Sua Eccellenza. Io ne dico uno solo, a me molto caro. Fu sostituto della segreteria di Stato Giovanni Battista Montini, che poi divenne Paolo VI. Non lo so, auguri».

L’arcivescovo Valentinetti presiede la processione di San Cetteo

Successivamente, nell’omelia, monsignor Parra ha condotto un’ampia riflessione sulla figura di San Cetteo: «Desidero innanzitutto salutare tutti i presenti e porgere i più cari saluti e la benedizione apostolica di Papa Francesco – esordisce monsignor Edgar Penã Parra -. Ringrazio l’arcivescovo, monsignor Tommaso Valentinetti, per le sue parole fraterne e anche per l’invito e per avermi accolto qui, nella città di Pescara, a condividere con voi il giorno di festa del vostro patrono San Cetteo, patrono di questa Arcidiocesi di Pescara-Penne. Vengo in mezzo a voi come un “pellegrino”, ben sapendo che questo è un altro nome con il quale viene chiamato e venerato dato San Cetteo. Egli, infatti, fu pellegrino di giustizia e di pace non soltanto durante la sua vita o nel suo ministero episcopale, ma perfino nella sua morte. Come sappiamo, infatti, fu gettato nel fiume, ma nonostante gli fosse stata legata una pietra al collo, il suo corpo fu trasportato dalla corrente. Camminò, fece un vero e proprio pellegrinaggio giungendo presso la foce del fiume, proprio qui a Pescara. Nel venerare questo santo come patrono della diocesi, siamo riportati a una dimensione fondamentale della nostra esperienza di fede, che è l’essere pellegrini. Tutti lo siamo, tutti siamo pellegrini dai più piccoli, gli scout qui presenti che saluto con affetto a tutti, anche i più grandi, anche gli anziani, tutti siamo pellegrini. La fede non è una semplice osservanza esteriore di precetti, una risposta preconfezionata ai problemi della vita ma, come ci ricorda frequentemente Papa Francesco, è anzitutto un’esperienza di discepolato. Imparare a essere discepoli di Cristo, mettersi alla sequela di Gesù, camminare dietro a Lui, seguire le sue stesse orme. L’Apostolo Pietro, in una delle sue lettere, scrive “Cristo patì per voi lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme”. E possiamo dire che San Matteo ha seguito le orme di Gesù, soffrendo per il Vangelo fino al sacrificio della stessa vita».

Partendo da questo presupposto, il Sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato Vaticana ha rivolto un primo invito ai tanti fedeli che hanno gremito la Cattedrale di Pescara: «Guardando a Lui – afferma il presule – anche noi possiamo chiederci cosa significa oggi seguire le orme del Signore ed essere martiri del Vangelo. La liturgia della Parola che abbiamo appena ascoltato, ci suggerisce anzitutto un aspetto fondamentale, essere fedeli a Dio. Di questa fedeltà fatta perseveranza perfino nell’ora atroce della prova e della sofferenza che non manca a nessuno di noi, i momenti della prova, della sofferenza, vengono sempre durante tutta la nostra esistenza, ci parla la storia dei fratelli Maccabei – nella prima lettura che abbiamo sentito – che pur di restare fedeli a Dio si lasciano uccidere. Questa è la fedeltà che Gesù ha portato fino alla fine, perseverando nella missione che il Padre gli aveva affidato, abbracciando anche il calice amaro della morte di croce. Questa è la fedeltà che hanno vissuto i santi e che ha vissuto San Cetteo e questa è la fedeltà richiesta anche a noi oggi cristiani, uomini e donne di questo tempo. Non una fede tiepida, una spiritualità ridotta, qualche gesto esteriore o qualche pratica religiosa, una religiosità occasionale che però non tocca la vita di tutti i giorni e non trasforma il cuore. Al contrario, i luoghi della nostra vita, la Chiesa, la società intera attendono cristiani autentici che siano davvero permeati dal Vangelo che, mettendo Dio al primo posto, sappiano riconoscere i falsi idoli e sappiano diffondere ovunque la cultura dell’amore. È questo che attende da noi la società, la Chiesa, i nostri familiari, anche noi stessi, diffondere ovunque una cultura dell’amore. Cristiani che, restando fedeli a Dio, giorno dopo giorno, imparino ad amare, a perdonare, ad accogliere come Lui, sapendo che proprio in questo modo si riescono a cambiare le cose, a trasformare le nostre relazioni, a guarire le ferite della società, anche se ciò avviene lentamente e attraverso un martirio quotidiano e alle volte silenzioso».

La Cattedrale di San Cetteo gremita

A tal proposito, l’altro prelato ha citato un discorso tenuto da Papa Benedetto XVI a Londra, nell’ambito di una commemorazione dedicata al cardinale Newman: “Ci insegna che la passione per la verità, per l’onestà intellettuale e per la conversione genuina comportano un grande prezzo da pagare. La verità che ci rende liberi non può essere trattenuta per noi stessi, esige da noi la testimonianza. Ha bisogno di essere udita e in fondo la sua potenza di convincere viene da essa stessa e non dall’umana eloquenza o dai ragionamenti nei quali può essere adagiata. In Italia un gran numero di nostri fratelli e sorelle e sorelle morirono per la fede. La testimonianza della loro fedeltà sino alla fine fu ben più potente delle parole ispirate che molti di loro dissero prima di abbandonare ogni cosa al Signore. Nella nostra epoca, il prezzo da pagare per la fedeltà al Vangelo non è tanto quello di essere impiccati come una volta, di essere affogati com’è successo a San Cetteo o squartati, ma spesso implica l’essere additati come irrilevanti, ridicolizzati o fatti oggetto di parodìa. E tuttavia la Chiesa non si può esimere dal dovere di proclamare Cristo e il suo Vangelo quale verità salvifica. La sorgente della nostra felicità, ultima come individui e quale fondamento di una società giusta e umana”.

Ma non solo: «Essere discepoli del Signore – precisa monsignor Parra -, implica poi un’altra cosa, portare avanti la buona battaglia della fede. Abbiamo ascoltato l’apostolo Paolo che ci presenta la vita spirituale come un grande campo di battaglia. Si tratta di un vero combattimento interiore a cui, da sempre, la tradizione cristiana ci invita. Come afferma poi Papa Francesco, per andare avanti nella vita spirituale si deve combattere. La lotta è contro le insidie del male che ogni giorno possono assediarci. Sono le cosiddette opere della carne, cioè le invidie, le gelosie, l’egoismo che spesso avvelena le nostre relazioni, alle volte anche in famiglia, le ingiustizie che spesso ricadono sulla vita dei più deboli e la lista potrebbe ancora essere lunga. San Cetteo ha vissuto in un momento storico segnato da queste turbolenze e si è distinto come apostolo della giustizia, apostolo della pace e dell’amore. Le sue armi non sono state quelle violente del mondo come le vediamo oggi. Come dice il Papa frequentemente, “la martoriata Ucraina” e da sabato scorso l’attacco a Israele. Non queste violente armi violente del mondo o quelle astute del mondo pure, ma ha indossato l’armatura di Dio di cui ci parla San Paolo. Qual è questa armatura? È la verità che ci fa liberi, dice il Vangelo di Giovanni, la corazza della giustizia, lo scudo della fede, la spada della Parola. La perseveranza… Quanto è importante anche per i giovani e per i bambini perseverare, essere costanti, cominciare qualcosa, ma portarla a termine: la preghiera. E San Paolo aggiunge che “i piedi siano calzati e pronti a proprio propagare il Vangelo della pace”. Essere cioè apostoli e pellegrini di pace in tutte le situazioni, come fece proprio San Cetteo, che cercò di tessere delle relazioni pacifiche anche tra i capi Longobardi che si facevano guerra tra di loro».

Monsignor Penã Parra saluta le autorità

Un esempio, quest’ultimo, molto attuale anche per noi: «Lo dicevo prima – osserva il Sostituto agli Affari generali della Segreteria di Stato Vaticana -, per le guerre che si scatenano nel nostro cuore, per i conflitti che a volte nascono nelle nostre relazioni, nella comunità civile e alle volte anche in quella religiosa. Per le guerre e le violenze, i cui fuochi devastanti segnano ancora la storia del nostro pianeta e, in questo momento, dell’Europa e del Medio Oriente. Il Vangelo, cari fratelli e sorelle, ci chiama a questo essere fedeli a Dio, allo stesso tempo ad attingere da lui la forza, l’armatura spirituale per resistere al male e perseverare nel bene e nell’amore, diventando testimoni di giustizia e di pace in ogni situazione della nostra esistenza. Può essere che questo spirito evangelico e questo impegno di vita ci chiami al martirio? Magari non a quel martirio che ha sofferto Cetteo, al martirio della vita quotidiana, di essere fedele a Dio ogni giorno. Magari non si tratterà del martirio fisico, ma di quella fedeltà quotidiana ai nostri impegni, di quella perseveranza nel cercare di fare il bene, di quell’amore verso il prossimo e di tante piccole cose nascoste nelle nostre giornate, le quali esigeranno da noi il sacrificio di una vita che si offre e che sceglie di restare dalla parte della luce, a qualunque costo. Ricordiamoci, come afferma Papa Francesco, che “Non c’è strada della santità senza qualche rinuncia e senza il combattimento spirituale”. Ma in questa battaglia deve consolarci la parola di Gesù, che abbiamo ascoltato nel Vangelo di oggi, “Chiunque commette il peccato resta schiavo del peccato, ma se ci affidiamo a Lui, se rimaniamo nella sua Parola e seguiamo le sue orme nella nostra vita di tutti i giorni, allora saremo liberi davvero e per sempre”.

Da qui l’auspicio finale di monsignor Edgar Penã Parra: «È questo ciò che desideriamo e – conclude l’arcivescovo -, devo dire, oggi questo io desidero per ognuno di voi e per questo celebro l’Eucaristia per questa Arcidiocesi e per voi qui presenti. Essere liberi per sempre. Questo è ciò di cui abbiamo bisogno, la vera libertà interiore, dinanzi alle seduzioni del male, la libertà dello Spirito che ci rende persone capaci di rinunciare al male e impegnarsi per il bene, per la giustizia e per la pace, come fece il nostro santo. La libertà evangelica, che ci rende testimoni di santità e di amore ovunque, nelle famiglie, nei quartieri della delle nostre città e nella nostra società in generale. San Cetteo, che ha lasciato questo esempio mirabile, è una testimonianza evangelica audace. Preghiamo insieme perché custodisca ognuno di voi qui presenti, custodisca i vostri cari, custodisca e benedica le vostre intenzioni perché interceda per noi e soprattutto perché ci dia la gioia di essere autentici apostoli del Vangelo. E così sia».

Fotoservizio e collaborazione tecnica: Gisella Mariani

About Davide De Amicis (4384 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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