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“Adorare Dio e amare i fratelli col suo amore, questa è la grande riforma”

"In ogni diocesi, in ogni parrocchia, in ogni comunità si adori il Signore! - esorta il Papa - Perché solo così ci rivolgeremo a Gesù e non a noi stessi; perché solo attraverso il silenzio adorante la Parola di Dio abiterà le nostre parole; perché solo davanti a Lui saremo purificati, trasformati e rinnovati dal fuoco del suo Spirito"

Lo ha affermato stamani Papa Francesco, presiedendo la santa messa a conclusione della prima parte del Sinodo sulla sinodalità

Papa Francesco pronuncia l'omelia - Foto Vatican media/Sir

È stata una messa intensa e significativa quella che stamani Papa Francesco ha presieduto stamani, nella basilica di San Pietro in Vaticano gremita da tutti i delegati, in occasione della conclusione della prima sessione della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi sulla sinodalità la quale si concluderà ufficialmente con la seconda parte dei lavori che riprenderanno ad ottobre 2024. E nell’omelia il Papa ha affidato a tutti i credenti un compito chiaro: «Amare Dio con tutta la vita e amare il prossimo come sé stessi – afferma -. Non le nostre strategie, non i calcoli umani, non le mode del mondo, ma amare Dio e il prossimo. ecco il cuore di tutto». “Adorare e servire”, i “movimenti del cuore” sono quindi stati approfonditi durante la meditazione: «Adorare – spiega il Pontefice – significa riconoscere nella fede che solo Dio è il Signore e che dalla tenerezza del suo amore dipendono le nostre vite, il cammino della Chiesa, le sorti della storia. Lui è il senso del vivere. Adorando lui ci riscopriamo liberi noi. Per questo l’amore al Signore nella Scrittura è spesso associato alla lotta contro ogni idolatria. Chi adora Dio rifiuta gli idoli perché, mentre Dio libera, gli idoli rendono schiavi».

Da qui il monito del Santo Padre: «Ci ingannano e non realizzano mai ciò che promettono – avverte -, perché sono opera delle mani dell’uomo. La Scrittura è severa contro l’idolatria perché gli idoli sono opera dell’uomo e da lui sono manipolati, mentre Dio è sempre il vivente – aggiunge Papa Bergoglio citando il cardinale Martini – che è qui e oltre, che non è fatto come lo penso io, che non dipende da quanto io attendo da lui, che può dunque sconvolgere le mie attese, proprio perché è vivo. La riprova che non sempre abbiamo la giusta idea di Dio è che talvolta siamo delusi: mi aspettavo questo, mi immaginavo che Dio si comportasse così, e invece mi sono sbagliato. In tal modo ripercorriamo il sentiero dell’idolatria, volendo che il Signore agisca secondo l’immagine che ci siamo fatta di lui».

Inoltre Papa Francesco ha messo in guardia i fedeli da un pericolo: «Pensare di controllare Dio, di rinchiudere il suo amore nei nostri schemi – avverte il Papa -. È questo il rischio che possiamo correre sempre. Il suo agire è sempre imprevedibile e perciò domanda stupore e adorazione. Sempre dobbiamo lottare contro le idolatrie. Quelle moderne, che spesso derivano dalla vanagloria personale, come la brama del successo, l’affermazione di sé ad ogni costo, l’avidità di denaro – il diavolo entra nelle tasche, non dimentichiamolo – il fascino del carrierismo; ma anche quelle idolatrie camuffate di spiritualità: la mia spiritualità, le mie idee religiose, la mia bravura pastorale. Vigiliamo, perché non ci succeda di mettere al centro noi invece che lui. E torniamo all’adorazione. Che sia centrale per noi pastori. Dedichiamo tempo ogni giorno all’intimità con Gesù buon Pastore davanti al tabernacolo. Adorare. La Chiesa sia adoratrice: in ogni diocesi, in ogni parrocchia, in ogni comunità si adori il Signore! Perché solo così ci rivolgeremo a Gesù e non a noi stessi; perché solo attraverso il silenzio adorante la Parola di Dio abiterà le nostre parole; perché solo davanti a Lui saremo purificati, trasformati e rinnovati dal fuoco del suo Spirito».

La basilica di San Pietro gremita da ecclesiastici e delegati sinodali

Quindi il Pontefice ha ricordato la vera grande sfida che la Chiesa deve perseguire: «Non esiste una vera esperienza religiosa autentica che sia sorda al grido del mondo – ricorda -. Non c’è amore di Dio senza coinvolgimento nella cura del prossimo, altrimenti si rischia il fariseismo. Magari abbiamo davvero tante belle idee per riformare la Chiesa, ma ricordiamo: adorare Dio e amare i fratelli col suo amore, questa è la grande e perenne riforma. Essere Chiesa adoratrice e Chiesa del servizio, che lava i piedi all’umanità ferita, accompagna il cammino dei fragili, dei deboli, degli scartati, va con tenerezza incontro ai più poveri. Dio l’ha comandato».

E a proposito degli ultimi, il Santo Padre ha rivolto un ulteriore ammonimento: «È un peccato grave sfruttare i più deboli, un peccato grave che corrode la fraternità e devasta la società – accusa il Papa -. Penso a quanti sono vittime delle atrocità della guerra, alle sofferenze dei migranti, al dolore nascosto di chi si trova da solo e in condizioni di povertà; a chi è schiacciato dai pesi della vita; a chi non ha più lacrime, a chi non ha voce. E penso a quante volte, dietro belle parole e suadenti promesse, vengono favorite forme di sfruttamento o non si fa nulla per impedirle. Noi, discepoli di Gesù, vogliamo portare nel mondo un altro lievito, quello del Vangelo. Dio al primo posto e insieme a lui coloro che egli predilige, i poveri e i deboli. Questa è la Chiesa che siamo chiamati a sognare: una Chiesa serva di tutti, serva degli ultimi. Una Chiesa che non esige mai una pagella di buona condotta, ma accoglie, serve, ama. Una Chiesa dalle porte aperte che sia porto di misericordia».

Quindi la citazione di San Giovanni Crisostomo: “L’uomo misericordioso è un porto per chi è nel bisogno: il porto accoglie e libera dal pericolo tutti i naufraghi; siano essi malfattori, buoni, o siano come siano, il porto li mette al riparo all’interno della sua insenatura. Anche tu, dunque, quando vedi in terra un uomo che ha sofferto il naufragio della povertà, non giudicare, non chiedere conto della sua condotta, ma liberalo dalla sventura”.

Infine l’augurio di Papa Francesco: «Che possiamo crescere nell’adorazione di Dio e nel servizio del prossimo. Adorare e servire – conclude –. In questa conversazione dello Spirito abbiamo potuto sperimentare la tenera presenza del Signore e scoprire la bellezza della fraternità. Ci siamo ascoltati reciprocamente e soprattutto, nella ricca varietà delle nostre storie e delle nostre sensibilità, ci siamo messi in ascolto dello Spirito. Oggi non vediamo il frutto completo di questo processo, ma con lungimiranza possiamo guardare all’orizzonte che si apre davanti a noi: il Signore ci guiderà e ci aiuterà ad essere Chiesa più sinodale e missionaria, che adora Dio e serve le donne e gli uomini del nostro tempo, uscendo a portare a tutti la consolante gioia del Vangelo».

About Davide De Amicis (4383 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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