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“Non scoraggiamoci per questo tempo difficile, annunciamo la fede”

“Ecclesia, semper reformanda est” - ricorda l'arcivescovo Valentinetti -. È una parola latina che non deve mai lasciarci. La Chiesa è sempre in riforma, è sempre in divenire, è sempre alla ricerca di modellare il suo paradigma di vita sulla realtà dove vive, ma non perché misconosce la dottrina, ma non perché misconosce la morale, ma perché si rende conto che la realtà dentro cui vive è totalmente diversa da quella precedente"

Questo l’incoraggiamento rivolto al popolo di Dio da monsignor Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne, in occasione del Natale 2023

Monsignor Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne

A poche ore dal Natale del Signore, negli studi di Radio Speranza, abbiamo voluto raccogliere le riflessioni e gli auguri dell’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti, quasi al termine di un anno intenso per la Chiesa di Pescara-Penne e per quella universale. Sarà questa un’opportunità per fermarsi a riflettere per riprendere il cammino con più slancio…

Eccellenza, si è da poco conclusa la prima sessione della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, dal tema “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione”. Un mese di lavori, ad ottobre, per discutere di vari temi. Alcuni di questi, come la necessità di realizzare una Chiesa sempre più inclusiva, missionaria e dedita all’ascolto applicando uno stile sinodale, ma anche l’uso del massimo rigore contro ogni abuso hanno raccolto la massima condivisione. Invece altri temi, come quello dell’accesso delle donne al diaconato – partendo dal presupposto di un loro maggiore coinvolgimento – e del celibato dei sacerdoti, sono stati maggiormente divisivi riportando ad un successivo confronto. Lei, nel tempo, ha sempre detto che con questo Sinodo la Chiesa si sarebbe avviata verso un nuovo tempo di grazia. Lo pensa ancora? Le cose stanno andando come sperava?

«Ma non si tratta di fare delle previsioni, si tratta di accogliere sicuramente un altro stile. Uno stile totalmente diverso da quello che abbiamo vissuto fino adesso, che è basato fondamentalmente sull’ascolto. Del resto il processo sinodale è stato caratterizzato proprio da una lunghissima fase di ascolto in cui chiunque ha potuto mettere in evidenza quali erano i suoi pensieri, le sue idee. Ma tutto questo per favorire che cosa? Per favorire una ricerca di comunione, una ricerca di partecipazione in vista di una missione, una missione rinnovata della vita della Chiesa. Ora le questioni particolari, come quelli che hai citato, che sicuramente sono oggetto di riflessione oggetto di discussione, saranno ulteriormente analizzate, saranno ulteriormente verificate, saranno ulteriormente approfondite e solo quando sicuramente ci sarà un “sensus fidei fidelium” (senso della fede di tutti i fedeli), che sia veramente opportuno, che sia veramente condiviso, allora probabilmente si potranno prendere decisioni che, in qualche modo, danno risposta ad alcune sensibilità, sicuramente molto importanti, che fino ad oggi non hanno trovato una risposta. Per cui, dire se è stato secondo i miei desideri o no, significherebbe mettersi da una parte, ma sarebbe il totalmente il contrario di quello che invece è lo spirito del Sinodo, che è quello di cercare un’unità di intenti su alcune problematiche e alcuni situazioni molto particolari».

Lei ha detto una cosa molto bella, ha detto ai fedeli della Chiesa di Pescara-Penne che, dopo questo Sinodo, si sta preparando un tempo di grazia, di nuova grazia per la Chiesa. Ne è sempre convinto?

«Ma sì, ne sono convinto perché la Chiesa non la dirigono gli uomini, la dirige lo Spirito Santo e sono 2000 e più anni che la sta dirigendo. Ora i tempi difficili di cambiamenti d’epoca, così come questo è un cambiamento d’epoca – così come l’ha definito Papa Francesco, nella Santa madre Chiesa ci sono sempre Stati. Le situazioni difficili che la Chiesa ha dovuto affrontare, anche le situazioni di corruzione del clero, del papato, di altre dimensioni non proprio rispondenti alla logica evangelica, sono state superate da situazioni e da realtà che, guarda caso, provenivano sempre dal popolo di Dio. Un esempio su tutti, Francesco, collocato nel mondo religioso, ma lui non nasce nel mondo religioso, Francesco nasce nel mondo laicale,  nel respiro di un mondo laicale che sentiva fortemente il bisogno del rinnovamento della Chiesa in un tempo in cui certamente gli uomini di chiesa o i responsabili della vita della Chiesa. Non erano sicuramente molto allineati alle dimensioni evangeliche. E allora ecco che nasce questa realtà, che poi diventa una congregazione religiosa, che ha contribuito al rinnovamento e a lasciare che lo Spirito Santo abbondantemente soffiasse sui fedeli, soffiasse sul popolo di Dio, soffiasse sulle stesse strutture della Chiesa che hanno continuato il loro cammino. Per cui “Ecclesia, semper reformanda est”. È una parola latina che non deve mai lasciarci. La Chiesa è sempre in riforma, è sempre in divenire, è sempre alla ricerca di modellare il suo paradigma di vita sulla realtà dove vive, ma non perché misconosce la dottrina, ma non perché misconosce la morale, ma perché si rende conto che la realtà dentro cui vive è totalmente diversa da quella precedente».

E allora davvero abbiamo grandi attese per quello che sarà il post-Sinodo…

«Che non sarà immediato, che non sarà subito, avrà bisogno di tanto tempo e di tanta maturazione».

La relazione finale del Sinodo ha riservato una attenzione verso la necessità di approfondire i temi dell’educazione all’affettività e alla sessualità. Un tema di stretta attualità, visto il perdurante dramma della violenza perpetrata contro le donne, anche giovanissime come la cronaca ha recentemente riportato. Tra l’altro lei, in occasione della recente Giornata mondiale della gioventù diocesana, ha raccomandato ai giovani – soprattutto i maschi – di prestare attenzione ai rapporti con l’altro sesso, richiamandoli a non approfittare delle fragilità di chi ci sta accanto. Il Governo si interroga sulle modalità per realizzare questi percorsi a scuola. Qual è il contributo che può dare la Chiesa dal suo punto di vista?

«La Chiesa è esperta di umanità e, come tale, se mostra a tutti la sua dimensione di umanità e il rispetto dell’umano sia nella realtà dell’essere uomini, sia nelle realtà dell’essere donne, certamente fa un grande servizio al bene comune. Ma si tratta veramente non tanto di educazione all’affettività, perché sicuramente di questo ce n’è sempre stato bisogno, ce n’è sempre stata una grande necessità. Così come l’educazione alla vita sessuale, perché non è solo una dimensione di affettività, è anche una dimensione di sessualità e, oserei dire ancor di più, una dimensione di genitalità. Sono tutti argomenti totalmente trascurati e, molto spesso, travisati che non vengono toccati. Ma la prima cosa importante è un’educazione al rispetto della vita umana, perché va rispettato l’uomo quanto va rispettato la donna, va rispettato il bambino quanto va rispettato l’adolescente, va rispettato l’anziano quanto va rispettata una persona matura. Il rispetto dell’umanità di ogni persona, che sia uomo o che sia donna, è il fondamento di questa nostra convivenza civile. E se non partiamo da questa dimensione di rispetto, di attenzione e soprattutto, oserei dire, di sguardo su quello che l’altro mi può dare, non quello che io posso pretendere dall’altro e che io posso anche offrire all’altro, io credo che sia la strada da percorrere con molta linearità e con molto senso dell’equilibrio».

Parlando di politica, tra le elezioni regionali, amministrative ed europee l’Abruzzo, così come molte altre regioni italiani, si appresta a vivere una lunga stagione elettorale. Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da una disaffezione dei cittadini verso la politica, rappresentata da una crescente astensione alle urne. A suo dire la politica sta, locale e nazionale, sta lavorando al meglio per ridurre questa distanza e riavvicinare la gente? Cosa manca?

«Cosa manca non lo so. Una cosa so, che la gente non va più a votare perché non si sente rappresentata in quanto coloro che ci stanno governando, probabilmente, si dovrebbero occupare più di bene comune. Molto spesso assistiamo a trasmissioni televisive, confronti anche elettorali, in cui non si dialoga, ma si litiga e questo non contribuisce certamente a portare l’elettore a un riconoscimento degli ideali della realtà della vita, che possa essere rispecchiata dalla propria idea e dalla propria esistenza. Si sta facendo una politica contro. Anche il ruolo della maggioranza e della minoranza, all’interno dei consessi nazionale, locale e regionale, sono realtà dove molto spesso si litiga. Il ruolo della maggioranza è quello di proporre, di guidare, di realizzare. Il ruolo della minoranza è quello di verificare, è quello di fare ulteriori proposte. Proposte diverse, proposte a completamento, proposte anche in aiuto, proposte che non si identificano per una spaccatura di idee, ma quanto per una ricerca del vero bene e della vera utilità comune. Il bene comune è trascurato. La gente non si sente rappresentata perché il bene comune è trascurato. Non si parla di bene comune. Tutt’al più, si parla molto spesso di interessi di parte, se non qualche altra volta in maniera ancora più pericolosa e perniciosa, si parla di interesse personale e questo è veramente deleterio. Allora, quando questo viene poi pubblicizzato, viene poi rappresentato, viene poi fatto conoscere, come è giusto anche che sia, certamente chi deve andare ad esprimere un vero un voto ci ripensa più volte e dice “Ma chi me lo fa fare?!”. Anche se questo è la malattia della politica, perché un popolo ha sempre i governanti che si merita. E sicuramente, forse, ritrovare una passione per il servizio alla politica da parte di tutti, anche da parte di noi cattolici, in maniera molto più seria e molto più convinta, ci potrebbe dare maggiore una capacità di risposta alle attese di un bene comune che va sicuramente valorizzato».

Restando in tema, proprio da questi giorni è possibile avviare le pratiche per richiedere l’assegno di inclusione, il nuovo sussidio statale destinato a sostenere i cittadini più fragili e poveri, i cui criteri di accesso sono molto più stringenti rispetto al Reddito di cittadinanza ormai eliminato. Non a caso i dati della Caritas diocesana di Pescara, già dimostrano come coloro che chiedono aiuto ultimamente sono soprattutto ex percettori del Reddito di cittadinanza. Secondo lei si sta facendo abbastanza per tendere la mano ai bisognosi?

«Non posso che condividere la preoccupazione della del direttore di Caritas italiana e del direttore di Caritas diocesana. Forse il problema andava affrontato diversamente e soprattutto, probabilmente, sul Reddito di cittadinanza andava fatta una maggiore vigilanza, perché si sono verificati degli abusi che sicuramente non sono assolutamente giustificabili, ma sono molto preoccupato perché i numeri stanno crescendo. Sicuramente ci troveremo di fronte a persone che non potranno pagare l’affitto, persone che saranno sfrattate, persone che faranno fatica a trovare un alloggio ed è la classe dei nuovi poveri, delle nuove realtà di povertà, di quelli che stanno chiedendo un maggior sostegno da parte delle nostre strutture e parrocchiali e diocesane. Sicuramente verificheremo. D’altra parte, se il governo ha ritenuto di dover abolire il Reddito di cittadinanza forse, molto probabilmente, più preso da una smania di carattere ideologico nei confronti di un partito che l’aveva promosso, si poteva tranquillamente anche riformarlo più che abolirlo, così come c’è stata comunque una verifica, ci sarà una verifica nella logica di questo Assegno di inclusione. Se funzionerà, se avrà il merito di dare delle risposte, non possiamo parlare mai per preconcetti e parlare mai per assolutizzazione pregresse, andremo a verificare, andremo a vedere e se ci sarà da dire che le cose non vanno bene, non avremo mai timore di dirlo così come sempre».

Ultimamente si parla molto dell’avvento dell’intelligenza artificiale nelle nostre vite e dei rischi che potremmo correre, in caso di un suo sviluppo incontrollato. Anche Papa Francesco, nel messaggio per la Giornata mondiale della pace del prossimo 1° gennaio, ha messo in guarda i governanti dall’idea di realizzare una dittatura tecnologica, dove l’intelligenza artificiale potrebbe sostituire la mediazione umana alimentando disuguaglianze e ingiustizie. In un suo recente intervento ha dichiarato di non avere paura del progresso tecnologico, ma secondo lei sapremo dominarlo?

«Spero di sì, ma le mie opinioni, i miei voti valgono molto poco di fronte a quella che è la realtà che poi ci circonda. Senza dubbio ogni progresso scientifico va adoperato secondo i criteri di un rispetto della persona rispetto dell’uomo. Se l’intelligenza artificiale dovesse mettere in crisi la dimensione umana, questo è l’ultimo baluardo, sicuramente non ha dato i buoni risultati. Del resto, l’energia atomica quando fu scoperta? Fu scoperta per un servizio positivo. Che poi l’uomo l’ha trasformata, per una gioco molto negativo, per cui siamo tutti sotto scacco tutti di questa possibile guerra mondiale nucleare, certamente è l’uomo che decide cosa fare delle ricerche scientifiche. Queste ultime, di per sé, sono buone, bisogna vederle come le si usa. Se l’intelligenza artificiale serve solo per creare nuove armi, così come si paventa ulteriormente in questi ultimi tempi per una sperimentazione, che sta accadendo, di nuove possibilità di armamenti, certamente non è il modo per lasciare che l’intelligenza artificiale possa produrre dei buoni effetti. Anzi, ne sta producendo già molto cattivi».

Conosciamo tutti il grande impegno della Chiesa, di Papa Francesco e il suo personale per la difesa del creato. Un impegno rilanciato dal Papa, anche attraverso l’esortazione apostolica Laudate deum e il suo intervento letto dal cardinale Parolin, pochi giorni fa, alla Cop 28: la Conferenza sul clima che ha messo nero su bianco la transizione in uscita dalle fonti energetiche fossili, per arrivare alle emissioni zero di gas serra entro il 2050. Un risultato che per alcuni è parso un compromesso al ribasso, non indicando azioni concrete per farlo, mentre per altri è stato un successo insperato, considerando che anche il presidente dell’Assise è a capo della locale società petrolifera. Secondo lei ha ancora un’efficacia questo tavolo di confronto?

«Sicuramente parlare non fa male, se non si parlasse sarebbe peggio. Il problema è saper parlare e sapere che cosa si vuole. Ora, secondo me, stiamo decidendo – molto velatamente, ma molto progressivamente – la nostra piccola autodistruzione, non solo perché il clima sta cambiando, ma perché in realtà ci sono dei fenomeni irreversibili già in madre natura che, sicuramente, ci stanno mettendo fortemente in crisi. Sapremo reagire? Sapremo trovare le soluzioni? Probabilmente, siccome non ha ancora abbiamo toccato il fondo, ma ci stiamo per arrivare – il 2030 secondo me sarà uno snodo non indifferente da questo punto di vista – ci sono ancora le velleità che si possa continuare a lucrare denaro su realtà che ormai, si è capito molto bene, essere la distruzione dell’umanità. Ma il problema qual è? È che ci sono interessi vitali di nazioni, interessi vitali di popoli interi che, chiaramente, rivendicano i loro diritti. Trovare gli equilibri su questa strada non è facile. Io, quando ero presidente di Pax Christi, a proposito delle questioni da affrontare e da risolvere per i conflitti che nascevano e che nascono tuttora, pensiamo al conflitto israelo-palestinese, pensiamo al conflitto russo-ucraino, ma pensiamo ai tantissimi altri conflitti che ci sono in giro nel mondo, dicevo sempre che se l’Onu resta quello che è non abbiamo altro scampo che continuare a declinare semplicemente verso la fine. Ma se l’Onu, cioè la Società delle Nazioni, l’organizzazione Nazioni unite, comincia a togliere la possibilità del veto ad alcuni Paesi più forti, rendendo la comunità umana planetaria capace di decisioni equamente a maggioranza da condividere, e se si desse spazio maggiore non alla rappresentanza dei governi, ma alla rappresentanza dei vari parlamenti democraticamente eletti, sicuramente forse si potrebbero percorrere altre strade. Ma capisco di essere un utopista su questa strada. L’avevo già preconizzato a quel tempo, lo posso ripetere in questa circostanza, ma capisco che molto spesso non siamo stati molto ascoltati».

Ma parliamo anche di lei. Domenica 17 dicembre 2023 sono ricorsi i 18 anni dalla presa di possesso dell’Arcidiocesi di Pescara-Penne avvenuta il 17 dicembre 2005. Che anni sono stati e qual è stato il suo ricordo più bello?

«Sono stati anni belli, anni di ricerca, anni di condivisione, anni di costruzione ed edificazione di una comunità, delle comunità parrocchiali e, soprattutto, l’entusiasmo con cui ci stiamo mettendo in gioco nuovamente per una nuova dimensione di processi pastorali che possono essere innovativi per la vita delle nostre comunità. Anche questo non è frutto solo della mia persona, o solo dei miei collaboratori, ma è grande grazia dello Spirito Santo che continua, credo, a sostenerci e a guidarci in questo cammino. Lo pregò e lo ringrazio per tutto quello che è stato dato e fatto in questo tempo».

La cosa più bella che si porta nel cuore di questi 18 anni in diocesi?

«Tutto».

Guardando all’immediato futuro, quali sono i suoi auspici per il cammino della Chiesa di Pescara-Penne?

«Che non si scoraggi mai nessuno nel vedere la realtà complessa dentro cui stiamo vivendo e che si mettano in atto quei processi pastorali, anche innovativi, che possano servire ancora una volta l’annuncio della fede e la missione del portare il Vangelo a coloro che lo decidono».

Infine, gli auguri e la benedizione dell’arcivescovo Valentinetti alla comunità diocesana pescarese…

«Buon Natale. Che il Signore protegga e custodisca tutti. Soprattutto ci sia una maggiore intimità nelle famiglie, dentro il focolare domestico, con più unità perché di questo abbiamo veramente bisogno. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo».

About Davide De Amicis (4460 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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