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“Reagiamo con fede alla negatività che genera morte e distruzione”

"Noi vogliamo rimettere la nostra fede - rimarca l'arcivescovo Valentinetti -. Ma soprattutto non una fede disincarnata, non una fede fatta solo di pratiche di pietà, ma una fede che è capace di rinnegare l'empietà, i desideri mondani, di vivere con sobrietà, con giustizia, con pieta, nell'attesa che quel Bambino un giorno, non più bambino, non più piccolo, non più escluso, tornerà nella gloria nella manifestazione del nostro grande Dio e Salvatore, Gesù Cristo"

Lo ha affermato stanotte l’arcivescovo Valentinetti, presiedendo la messa della notte di Natale nella chiesa dello Spirito Santo a Pescara

L'arcivescovo Valentinetti incensa la statua del Bambinello

Stanotte, intorno alla mezzanotte, con il canto della Kalenda proclamato dall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti nella chiesa dello Spirito Santo a Pescara, anche la Chiesa di Pescara-Penne ha celebrato il Natale del Signore. Il presule ha così dapprima scoperto il velo del Bambinello nel presepe, per poi incensarlo e dare avvio alla santa messa, pronunciando in seguito un’omelia sentita e densa di speranza: «La liturgia, fedelmente – ricorda l’arcivescovo Valentinetti -, ogni anno ci fa celebrare la solennità della Natività di Nostro Signore Gesù Cristo. E in questa notte, particolarmente, illumina questa celebrazione con le parole della scrittura. Quella di Isaia, sinceramente, in questo tempo, in questa situazione in cui stiamo vivendo, ci fa domandare “Ma si è realizzata questa Parola? Diventa vera questa parola? “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce. Su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse”».

L’arcivescovo Valentinetti pronuncia l’omelia

Una lieta novella, quella della nascita di Cristo, che assume un valore universale: «Papa Francesco – denota l’arcivescovo di Pescara-Penne – continua a ripetere che questo annuncio non è solo per noi cristiani, non è solo per noi cattolici, ma è per tutta l’umanità la quale purtroppo constata che le calzature dei soldati marciano ancora rimbombando e i mantelli sono ancora intrisi di sangue. E quando saranno bruciati e dati in pasto al fuoco? Le guerre, molto rappresentate, che in questi giorni continuano a bucare i mezzi di comunicazione di ogni genere di ogni tipo, ma anche le tante guerre misconosciute nascoste che ci sono in giro nel mondo ci fanno pensare che quel giogo non è stato ancora spezzato, che la sbarra sulle spalle del popolo dell’umanità e il bastone dell’aguzzino non è stato ancora divelto. E quella parola bellissima “La pace non avrà mai fine sul trono di Davide e sul suo Regno, che è consolidato con il diritto e la giustizia ora e sempre” è una pace calpestata, un diritto internazionale misconosciuto. Una giustizia che non conosce assolutamente la possibilità della verità. Eppure, anche la pagina del Vangelo ci ripete che l’arrivo di questo Bambino ci darà la pace: “Non temete, vi annuncio una grande gioia e sarà per tutto il popolo e sarà un tempo di pace”».

Quest’ultimo, come rilevato anche da monsignor Valentinetti, è un “mistero di contraddizione della Parola del Signore” davanti al quale viene da chiedersi: «Che cosa dire? – s’interroga il presule – Qual è l’anelito della speranza? Qual è l’anelito che brucia ancora nel nostro cuore e deve bruciare nel nostro cuore? Che quel Bambino è venuto veramente, è venuto nel silenzio, non è venuto nel rumore. È venuto mentre si contava una popolazione e Lui era uno dei contati, uno qualunque, non un emergente, non uno che voleva assolutamente mostrare la sua forza e la sua potenza. Anzi, nasce in una famiglia sconosciuta che non trova posto nemmeno in un albergo. Già dalla Natività ultimo fra gli ultimi, quasi a dire “Le sofferenze dell’umanità io le carico già sopra di me. Le sofferenze del mondo intero stanno già sulla mia vita, sulla mia esistenza e sono venuto per ridire una parola di speranza”».

Un messaggio di speranza rivolto particolarmente ad alcuni: «A chi non ha più speranza – sottolinea monsignor Tommaso Valentinetti -, a chi non conosce il cammino della fede. Sì, perché i primi ascoltatori di quell’annuncio sono stati dei pastori. Le interpretazioni sulla vita di questi ultimi sono molto interessanti. C’è chi dice che fossero gli emarginati della società, c’è chi dice addirittura che fossero i personaggi di malaffare che erano al di fuori del villaggio, al di fuori della città, perché essi erano reietti, lontani dal consesso civile. E allora, se questa è la verità, se questo è ciò che il Signore questa sera ci comunica ancora una volta, noi vogliamo rimettere la nostra fede. Ma soprattutto non una fede disincarnata, non una fede fatta solo di pratiche di pietà, ma una fede che è capace di rinnegare l’empietà, i desideri mondani, di vivere con sobrietà, con giustizia, con pieta, nell’attesa che quel Bambino un giorno, non più bambino, non più piccolo, non più escluso, tornerà nella gloria nella manifestazione del nostro grande Dio e Salvatore, Gesù Cristo, così come ci ha ricordato l’apostolo Paolo nella lettera a Tito».

I fedeli presenti nella chiesa dello Spirito Santo

Da qui l’esortazione rivolta al popolo di Dio e, in particolare, a quello della Chiesa di Pescara-Penne: «E allora – rilancia l’arcivescovo Valentinetti – possiamo dire che tutta questa realtà di negatività, che ci vede spettatori molte volte anche disattenti e superficiali, quasi che ci fosse l’ineluttabile, che continua a mietere morte, che continua a mietere vittime, che continua a mietere distruzione, che continua a mietere dolore, non ci appartenesse. Ma ci deve appartenere con una partecipazione attiva di una fede che costruisce una città degli uomini capace di reagire a queste negatività, capace di farsi interprete di queste bellissime profezie che non devono rimanere disattese ma che, nel nome del Signore, noi vogliamo raccogliere e vogliamo vivere nella nostra vita e nella nostra esistenza. Oggi è nato per noi il Salvatore, è nato più di duemila anni fa come abbiamo ascoltato nel canto della Kalenda, è nato allora ma è con noi, è in mezzo a noi e sta soffrendo e piangendo con noi e si sta recando nei luoghi più sconosciuti e più disparati anche oggi. Si sta recando in mezzo ai carcerati, si sta recando in mezzo ai poveri, si sta recando in mezzo agli stranieri, si sta recando in mezzo ai reietti, si sta recando verso le persone che subiscono violenza, si sta recando dovunque. Lui può essere ancora una volta segno di pace, di speranza, di amore, di misericordia e di perdono».

Da qui la preghiera finale dell’arcivescovo di Pescara-Penne: «Vieni, Signore Gesù – conclude monsignor Valentinetti -, illumina la nostra vita ancora una volta. Facci riscaldare il cuore, non tanto per la bella poesia del presepio e del Natale, non tanto per la commozione che ancora una volta ridesti nel nostro animo, ma quanto per maturare una fede forte e sincera, amen».

About Davide De Amicis (4458 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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