Fede: “Non serve per avere miracoli, ma per attraversare la croce”
"Il Signore Gesù ci dice 'Se hai attraversato questo mistero, entrerai dentro un altro mistero che è la vita al di là della morte, ma che è la risurrezione anche in questa vita'. Vivere la croce con questa dimensione, ci dà la possibilità di vivere una vita bella, buona e felice"
È stata molto partecipata la santa messa, presieduta ieri sera dall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti nella basilica della Madonna dei Sette dolori a Pescara colli, in occasione della presenza della reliquia maggiore di San Francesco d’Assisi – un lembo del saio di 10 centimetri per 5 intriso del sangue delle stimmate (ricevute dal santo 800 anni fa il 17 settembre 1224) custodite nel Santuario de La Verna – che si concluderà oggi alle 15: «Così come lui – premette il presule iniziando la celebrazione, concelebrata dal parroco Frà Leon Francis Dbritto e da altri frati cappuccini e sacerdoti – ha messo tutto nel cuore di Cristo crocifisso attraverso il mistero dei segni della passione, così mettiamo anche la nostra vita nel cuore di Cristo crocifisso».
Nella successiva omelia, l’arcivescovo Valentinetti ha approfondito il senso e il valore della presenza di questa reliquia: «La presenza del sangue di San Francesco – afferma -, la reliquia del sangue sgorgato dal costato aperto di Francesco e le letture stesse che questa celebrazione ci ha fatto proclamare, ci riportano alla riconsiderazione del mistero della croce. Tra Francesco e la croce ci fu un rapporto straordinariamente forte e potente. Il crocifisso parlò a Francesco, l’immedesimazione al mistero della crocifissione attraverso il dono stimmate ha suggellato la vita stessa di questo santo. Ma tutto questo ci pone un interrogativo. Dobbiamo fare i conti anche noi, se siamo credenti, se viviamo nella fede, nella fiducia, nell’abbandono delle mani del Signore, con la dimensione della croce. San Paolo dice “Per me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo”. Ma quando la croce, mi riferisco alle malattie, alle sofferenze, alle contraddizioni, ai momenti difficili – interiori ed esteriori – nella nostra vita. Quando questa croce, dentro una storia umana, bussa alla porte della mia vita, come reagiamo? Diciamocelo francamente, ce la scrolleremo volentieri di dosso. La croce è difficile da portare, è difficile da accogliere, è difficile da abbracciare, eppure San Francesco lo ha fatto anche quando è stato contraddetto. Un grande cammino per l’approvazione della regola e che croce, in un tempo molto difficile all’interno della vita della Chiesa. È stato contratto dai suoi stessi fratelli, in particolare nell’ultima fase della sua vita. Ha vissuto anche l’esperienza del rifiuto».
Un’esperienza, quest’ultima, che spesso viviamo anche noi: «Che cosa facciamo di questa croce? – si interroga l’arcivescovo di Pescara-Penne -. Ci sono delle soluzioni che vorremmo immediate… “Signore, toglimi la croce, fammi il miracolo, qualunque nome abbia questa croce”. Oppure cerchiamo di dare un nome alla croce… “È il demonio che mi sta facendo dei malefici o che mi sta mettendo in lite con altre persone”. Niente di tutto questo. La fede non serve per i miracoli, ma per attraversare la croce. La fede e la fiducia in un abbandono totale nelle mani del Signore, serve per attraversare la croce che, prima o poi, bussa alla porta della nostra storia. Chi di noi può dire di non aver mai sperimentato una dimensione di croce? Chi di noi può essere esente dalla croce? Ma la tentazione di bypassare il mistero della croce è una tentazione molto forte. C’è quella bellissima parola di San Paolo ai Corinzi, che dice “Mentre i greci chiedono la sapienza e i giudei chiedono i miracoli, io predico Gesù Cristo e Gesù Cristo crocifisso, scandalo per giudei e obbrobrio per i pagani”. Eh sì, perché è molto più facile ridurre il cristianesimo a filosofia, a sapienza umana. È molto più facile pensare che il nostro sia il Dio con la bacchetta magica, pronto a risolvere tutti i nostri problemi. No, non è così, la fede non è questa, la fede è quella di Francesco che è entrato dentro questo mistero della croce, e con lui tanti altri santi e tanti altri credenti e tanti altri anonimi cristiani che hanno vissuto, magari, in un letto della malattia, in una contraddizione della vita, in una dimensione di dolore spirituale in unione a Cristo Gesù Signore della vita e della morte».
A questo punto, monsignor Valentinetti si è chiesto se la croce sia per sempre, per tutta la vita: «No – replica l’alto prelato -, se attraversiamo questo mistero con queste cognizioni, il Signore Gesù ci dice “Se hai attraversato questo mistero, entrerai dentro un altro mistero che è la vita al di là della morte, ma che è la risurrezione anche in questa vita”. Vivere la croce con questa dimensione, ci dà la possibilità di vivere una vita bella, buona e felice. Sapete, i credenti normali, i cristiani normali, i sacerdoti normali, i diaconi normali, i vescovi normali – e io sono uno di questi – attraversano tante contraddizioni, portano tante croci. Ma ciò che conta non è quello che appare esteriormente, ma è questa fedeltà ad un amore sconfinato che, questa sera, trova conferma in questa presenza. E sia lodato il Signore, ringraziando i padri cappuccini che hanno preso questa iniziativa di questa presenza che può rafforzare il nostro vincolo di amore con il Signore Gesù. “Se qualcuno vuol venire dietro a me, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”. Amen».