“Don Antonio e don Matteo, alzate la voce per difendere gli ultimi”
"Eccellenza – ricorda don Antonio Elia Pirro -, tra tante altre cose, una mi ha sempre colpito in questi anni. Dopo le rarissime volte nelle quali non rispondeva immediatamente al telefono, quando richiamava esordiva con l'interiezione “Eccomi”. Un segno tangibile di una profonda e veritiera vicinanza, esercitata con la discrezione e la delicatezza che le sono connaturali. E se oggi siamo preti, lo dobbiamo certamente al Signore, ma indubbiamente anche lei, e non solo perché ci ha ordinati, ma perché non ha mai smesso di darci la viva e concreta testimonianza che solo una vita donata è una vita che vale la pena essere vissuta"

Sabato sera, il 29 giugno, la grande emozione dei neo sacerdoti della Chiesa di Pescara-Penne don Matteo Mosca (32 anni da Palena, Chieti) e don Antonio Elia Pirro (33 anni da Peschici, Foggia) si è sciolta in un grande abbraccio scambiato con l’arcivescovo monsignor Tommaso Valentinetti, che li aveva appena ordinati presbiteri nella Cattedrale di San Cetteo nell’ambito di una celebrazione eucaristica, concelebrata dai sacerdoti del Capitolo metropolitano e dell’Arcidiocesi a cui si è aggiunto il rettore del Seminario San Pio X di Chieti don Luigi Primiano.

Nell’omelia, dopo la presentazione dei due candidati al sacerdozio, l’arcivescovo Valentinetti ha esordito rinnovando dapprima gli auguri per i 60 anni di sacerdozio del vicario parrocchia della Beata Vergine Maria del fuoco don Camillo Smigliani che venerdì 28 giugno ha celebrato i suoi 60 anni di sacerdozio e poi ricordando la tradizione, sempre rispettata, di ordinare i nuovi presbiteri nella solennità dei Santi Pietro e Paolo: «Mi sono fatto la domanda – afferma il presule -, perché questo giorno? Qual è il motivo più recondito per cui la Chiesa ordina dei presbiteri, per cui dei diaconi chiedono di essere ordinati in questo giorno? Il motivo è la pagina del Vangelo che abbiamo ascoltato (Mt 16,13-19 – “Tu sei Pietro, a te darò le chiavi del regno dei cieli”), perché in questa pagina ci sono due elementi. Primo elemento è Pietro che riconosce Gesù. Lo riconosce in mezzo a moltissime idee “Chi dice la gente che io sia?”. E tutti rispondono, più o meno, qualcosa di importante. Anche oggi si cerca Gesù in luoghi non corretti, non veri, in molte filosofie, in molte spiritualità strane, ma Gesù è quello del Vangelo, non ce n’è un altro. E dunque a questo Gesù voi consacrate la vita, riconoscete questo Gesù e vi legate per sempre al suo sommo ed eterno sacerdozio. Il secondo motivo per cui si celebra in questo giorno è che, oltre a riconoscere Gesù, Gesù riconosce Pietro e cioè riconosce la Chiesa… “A te darò le chiavi del Regno dei cieli. Su di te fonderò la mia Chiesa. Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”».

Da qui il primo invito ai due novelli presbiteri: «Riconoscerete sempre la Chiesa – sottolinea l’arcivescovo Valentinetti -, la comunità dei credenti in toto, a partire dal Papa fino all’ultimo fedele, in una discendenza gerarchica, ma di una comune appartenenza all’essere popolo santo di Dio. Riconoscete sempre questa Chiesa, che vi ha generato alla fede insieme con tante realtà di cui siete stati partecipi nel vostro cammino di formazione. Non ultimo il Seminario, le realtà parrocchiali, i movimenti e le associazioni che avete in qualche modo seguito. Ma riconoscete la Chiesa soprattutto in una logica di obbedienza, non cieca, ma una bella obbedienza sempre partecipata, sempre vissuta, sempre amorosamente desiderata. Se farete così e se sarete dentro questa logica, sicuramente avrete il coraggio di fare le scelte di Gesù e le scelte della Chiesa. E quali sono le scelte di Gesù? I poveri, i peccatori, gli ultimi, gli abbandonati! Farete anche con la vostra voce la richiesta della giustizia, la richiesta della verità, la richiesta della fine di ogni combattimento, di ogni guerra. Alzate la voce, alzate la voce perché la giustizia trionfi, perché non ci siano più guerre, non ci sia più discordia! Se non alzate voi presbiteri e noi Chiesa la voce, chi la alzerà per difendere gli ultimi della terra? Siate sempre schierati. Fate una scelta di campo. Sì, una scelta di campo. Non un’adesione alla Chiesa e a Cristo diplomaticamente vissuta, ma un’adesione a Cristo e alla Chiesa sinceramente vissuta nella bellezza di un dono della vita. Non in una spiritualità meschina, non in una spiritualità da piccolo gruppo, non in una spiritualità “dei miei e dei tuoi”, ma una spiritualità aperta al mondo, aperta alla storia, aperta alle dimensioni più belle della vita, in un riconoscimento che ogni uomo, ogni donna, è creatura del Signore e ha bisogno di tanto amore e soprattutto di tanta misericordia. Se farete così, sarà vostro compito incarnare anche la dimensione Paolina».

Da qui il riferimento alla seconda lettura di sabato, la seconda lettera di san Paolo Apostolo a Timòteo 4,6-8.17-18: «Questa lettura ci dice una cosa bellissima – osserva l’arcivescovo di Pescara-Penne -. Paolo, che fa il sunto della sua vita… “Ho combattuto la buona battaglia, ho conservato la fede, ora non mi resta che attendere la corona che mi è stata preparata”. Ma qual è la battaglia che Paolo ha fatto? Aprirsi a tutte le genti. Paolo, l‘ho detto anche ieri sera (venerdì 28 giugno per chi legge) nell’omelia quando abbiamo celebrato il sessantesimo di Don Camillo, è stato il primo che ha riconosciuto il cambio d’epoca. Perché? Prima di tutto dall’Ebraismo è passato al Cristianesimo. Operazione non semplice, tant’è vero che per questo è stato perseguitato. Secondo passaggio, dall’“Ebraismo cristiano” a un Cristianesimo per tutti. Ma nel 60 d.C., questo era facile da fare? Tu che studierai i padri della Chiesa (il riferimento è a don Antonio Elia Pirro che studia Patristica), ti renderai conto quanto è stato complicato questo passaggio, anche dopo questo cambiamento d’epoca».
Da qui il riferimento all’attualità, interessata da un altro passaggio epocale: «Nella Chiesa, oggi – ribadisce monsignor Valentinetti -, dobbiamo accettare questo cambiamento d’epoca. Non possiamo più rimanere seduti nelle nostre tradizioni, seduti nelle nostre cose fatte da sempre. La Chiesa è vostra, io sto per “ammainare le vele”, come dice San Paolo. Vedete che cosa fate, ma questo lo dico soprattutto ai presbiteri più giovani. Vedete che cosa fate, perché la Chiesa è vostra e conducete questo popolo di Dio».
In chiusura di omelia, il presule ha ripreso anche la prima lettura (Atti degli Apostoli 12,1-11): «Sarete disposti a fare questo? – si chiede monsignor Tommaso Valentinetti – Sarete contraddetti. Pietro l’hanno messo in catene. Sarete contraddetti! Le contraddizioni, purtroppo, di fronte a questo processo di Vangelo, processo di sequela, sono sempre dietro l’angolo: un po’ per l’assalto del demonio, un po’ per gli invidiosi, un po’ per i malpensanti, un po’ per le cattive lingue. Ci sono, ci sono sempre state nella vita della Chiesa e ci saranno anche nei vostri confronti. Ma non vi preoccupate, ci sarà l’angelo del Signore che vi prenderà e vi farà uscire da ogni contraddizione e allora, con gioia, riprenderete la sequela. Auguri!».

Al termine della santa messa solenne di ordinazione presbiterale, don Matteo Mosca e don Antonio Elia Pirro hanno voluto rivolgere alcuni ringraziamenti, alcuni dei quali sono andati al servizio liturgico diocesano e al Coro diocesano (diretto da Roberta Fioravanti) che ha animato il rito, ma anche alle rispettive comunità di origine (Palena e Peschici), le cui rappresentative erano presenti in Cattedrale: «Il primo e più grande ringraziamento – esordisce don Antonio – va alla Santissima Trinità, che è stata vera artefice di quanto abbiamo vissuto e unica “regista” di tutto quello che oggi ci ha portati ad accogliere, immeritatamente certo, un così grande dono qual è quello del presbiterato. Siamo immensamente grati di essere immersi in una storia di salvezza, che oggi si concretizza nella realizzazione di un progetto eterno che il Signore ha pensato da sempre per noi. All’origine della nostra decisione di intraprendere il cammino verso il presbiterato, abbiamo incontrato il Rinnovamento dello Spirito, che qui è molto rappresentato, declinato nella comunità di Gesù Risorto a Pescara, e tante altre esperienze diocesane sotto la guida dell’allora responsabile delle Vocazioni don Marco Pagniello. Però da subito abbiamo conosciuto questo clero, che non era il nostro d’origine, e immediatamente ci siamo sentiti accolti, benvoluti e soprattutto con il clero giovane si è creata da subito una bella sintonia. Un clero i cui membri, oggi, possiamo chiamare confratelli. E permettetemi di esprimere una gratitudine personale nei confronti di Don Michele Cocomazzi, parroco di Castiglione Messer Raimondo, i cui fedeli oggi sono accorsi in gran numero per gioire con noi. Don Michele è stato sempre disponibile per qualsiasi necessità, generoso nell’accoglienza e munifico nel dare una parola di consolazione, quando lo sconforto delle naturali difficoltà del cammino prendeva il sopravvento».
In seguito, i due neo presbiteri hanno ringraziato anche le comunità in cui – nei sette anni di formazione in Seminario – hanno svolto il servizio pastorale. In particolare, don Antonio Elia Pirro ha ringraziato la parrocchia di Santa Maria Madre della Misericordia a Roma (dove svolge gli studi di Patristica), dove ha svolto l’ultimo anno di diaconato. Quest’ultimo è stato invece svolto da don Matteo nella parrocchia di San Giovanni Battista e San Benedetto Abate che, in parallelo, ha approfondito gli studi di Pastorale familiare nel Pontificio Istituto teologico “Giovanni Paolo II” matrimonio e famiglia a Roma. Inoltre non è mancato un saluto alle comunità parrocchiali che accoglieranno i due nuovi sacerdoti nel loro primo incarico, altrettanto presenti in Cattedrale: quella di Santa Marina a Roccafinadamo (Farindola), dove don Matteo Mosca sarà parroco unitamente alla comunità di Penne che lo vedrà vicario parrocchiale a disposizione del parroco don Andrea Di Michele, e quella di San Luigi Gonzaga a Pescara dove don Antonio Elia Pirro sarà vicario parrocchiale a disposizione del parroco e vicario generale dell’Arcidiocesi di Pescara-Penne don Amadeo José Rossi.

Ma il ringraziamento più importante i due novelli presbiteri l’hanno lasciato alla fine: «Quello più doveroso – sottolineano i due nuovi preti – va a lei, Eccellenza, l’arcivescovo (Valentinetti), il nostro arcivescovo. Fin dal primo istante del nostro incontro, è sempre stato estremamente disponibile. Come si dice, un padre, ma forse è stato più un fratello maggiore, tante volte con uno sguardo lucido e attento il quale prima che seminaristi ci ha sempre visti come le persone che eravamo. Uno sguardo veicolato da una profonda saggezza, capace di darci ogni volta fiducia e conforto e infonderci un rinnovato vigore quando i momenti più bui la facevano da padrone».
A tal proposito, don Antonio Elia Pirro ha voluto raccontare un aneddoto personale: «Eccellenza – ricorda il neo sacerdote -, tra tante altre cose, una mi ha sempre colpito in questi anni. Dopo le rarissime volte nelle quali non rispondeva immediatamente al telefono, quando richiamava esordiva con l’interiezione “Eccomi”. Un segno tangibile di una profonda e veritiera vicinanza, esercitata con la discrezione e la delicatezza che le sono connaturali. E se oggi siamo preti, lo dobbiamo certamente al Signore, ma indubbiamente anche lei, e non solo perché ci ha ordinati, ma perché non ha mai smesso di darci la viva e concreta testimonianza che solo una vita donata è una vita che vale la pena essere vissuta».
E monsignor Tommaso Valentinetti, da parte sua, ha accolto con gioia e commozione queste parole di riconoscenza: «Sono stati troppo generosi nel ringraziamento – conclude il presule – ma, permettetemi di dirlo, forse nelle contraddizioni, queste sono le consolazioni della vita. Che il Signore vi accompagni».