Don Amadeo, 25 anni di sacerdozio: “Il Signore ha conquistato la mia libertà”
"C'è questa bella preghiera eucaristica che dice - afferma don Amadeo - 'Signore, donaci occhi per vedere necessità dei fratelli. Infondi in noi la tua Parola per confortare affaticati e oppressi. Fa che ci impegniamo al servizio dei poveri sofferenti, perché la tua Chiesa sia testimonianza viva di verità, di giustizia, di libertà'. Penso che queste parole siano il riassunto di questo venticinquesimo anniversario"
La parrocchia di San Luigi Gonzaga a Pescara darà il via all’anno pastorale 2024-2025 vivendo la Settimana del giubilo, dal tema “Rallegratevi con quelli che sono nella gioia” (Rm 12,15), che avrà luogo da lunedì 9 a sabato 14 settembre.
IL PROGRAMMA DELLA SETTIMANA DEL GIUBILO
In particolare, lunedì 9 settembre alle 20.30 si partirà con l’Incontro sinodale delle realtà parrocchiali, mentre l’indomani alle 19.30 ci sarà una preghiera che coinvolgerà i percorsi Eucaristia e Cresima, in occasione dell’inizio dell’anno scolastico, universitario e catechistico. Mercoledì 11 settembre alle 19 ci sarà l’appuntamento centrale della settimana, con la santa messa presieduta dall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti in occasione del 25° anniversario di sacerdozio del parroco di San Luigi Gonzaga, nonché vicario generale dell’Arcidiocesi di Pescara-Penne don Amadeo Josè Rossi. All’interno della stessa liturgia eucaristica avrà luogo anche l’ingresso del nuovo vicario parrocchiale don Antonio Elia Pirro. Giovedì 12 settembre, dalle 21 alle 22 in piazza San Luigi Gonzaga, ci sarà la Preghiera sotto le stelle (in caso di maltempo l’evento si terrà all’interno della chiesa). Venerdì 13 settembre, inoltre, dalle 19.30 alle 20.30 ci sarà un’Adorazione eucaristica di affidamento al nuovo anno pastorale. Infine, sabato 14 settembre alle 11 si terrà la santa messa con il conferimento del sacramento della Cresima.
Ma noi ci vogliamo soffermare in particolar modo sul 25° anniversario di ordinazione sacerdotale di don Amadeo Josè Rossi, che ha ripercorso questi anni di grande formazione e impegno pastorale davanti ai microfoni di Radio Speranza InBlu e ai taccuini de La Porzione.it.
Don Amadeo, dunque, quello di mercoledì 11 settembre sarà un grande giorno di festa per la comunità parrocchiale di San Luigi Gonzaga?
«Abbiamo voluto associare al mio 25° anniversario di ordinazione sacerdotale l’ingresso di don Antonio Elia Pirro in parrocchia. Sono stato ordinato sacerdote non a caso l’11 settembre 1999, perché in Venezuela è la festa di Nostra Signora di Coromoto, patrona del Venezuela. Il suo nome non esprime un luogo, bensì una persona a cui è apparsa la Madonna l’11 settembre 1652, l’indio di Coromoto. Per noi che siamo nati e cresciuti in Venezuela ha una grande importanza Nostra Signora di Coromoto, perché è un appellativo con cui i cattolici venerano Maria in seguito alla sua apparizione. È un culto della Vergine molto diffuso in Venezuela e non solo. Ad esempio ci sono tanti italo-venezuelani, qui in Italia, che hanno lasciato il Venezuela, ma continuano questa devozione alla Madonna. È importante anche capire che per noi fa riferimento questa a vocazione, perché è stato Pio XII, nel 1950, a dichiarare Nostra Signora di Coromoto patrona del Venezuela e Papa San Giovanni Paolo II incoronò la statua nella sua visita al santuario mariano di Guanare (la mia diocesi di origine) mentre, successivamente, Papa Benedetto XVI elevò il Santuario nazionale di Nostra Signora di Coromoto al rango di basilica minore. Per questo l’importanza di questa data dell’11 settembre, che è divenuto anche il giorno dell’ordinazione sacerdotale».
Parlavi di questo tuo 25° anniversario di ordinazione sacerdotale. Cosa ti resta di più di questo periodo lungo di esperienze tra Italia e Venezuela? Cosa ti porti dietro?
«La cosa che mi colpisce di più è che il Signore ha conquistato la mia libertà. Quando io ho deciso di fare il passo definitivo, facendo gli esercizi spirituali ho trovato questa frase che poi ho presentato al mio vescovo Sua Eminenza Baltazar Enrique Porras Cardoso. Gli ho detto “Eccellenza, sono pronto. Il Signore ha conquistato la mia libertà”. Perché a 26 anni tante cose passano per la testa, anche in riferimento alle scelte da fare, anche per tutto il percorso del Seminario, dato che vi sono entrato alla prima media quando avevo compiuto appena 11 anni. È stato tutto un percorso, fino all’ordinazione sacerdotale, di riflessione, di scelta quotidiana. Quindi sentire che la mia libertà, quello che io volevo donare al Signore, lui l’ha accettata per me è stata una grazia grande. È un sacramento del quale io non mi sento degno. Penso che il Signore, nella sua infinita misericordia, ci chiama in servizio a lodare lui, a servire fratelli e sorelle in modo particolare. Penso a quelli più lontani, più bisognosi. C’è questa bella preghiera eucaristica che dice “Signore, donaci occhi per vedere necessità dei fratelli. Infondi in noi la tua Parola per confortare affaticati e oppressi. Fa che ci impegniamo al servizio dei poveri sofferenti, perché la tua Chiesa sia testimonianza viva di verità, di giustizia, di libertà”. Penso che queste parole siano il riassunto di questo venticinquesimo anniversario».
E ora come ripartire, con quali auspici, per i prossimi 25 anni – e molti altri ancora – di sacerdozio?
«Chiedo al Signore che mi conserva, che mi dia ancora la forza nel senso fisico, che mi dia anche la serenità, la sapienza e l’intelletto per poter discernere le scelte da fare. Logicamente abbandonarsi a Lui, perché se lasciamo che il Signore possa agire in ognuno di noi, le opere che possiamo compiere le facciamo nel Suo nome. Non siamo noi. Perché tante volte c’è questo rischio, soprattutto nei primi anni di sacerdozio. Uno pensa di conquistare il mondo. C’è questa visione tante volte. Perché siamo giovani, pensiamo che abbiamo tutta questa forza, questa capacità, per merito proprio. E tante volte possiamo mettere da parte il Signore, per essere protagonisti noi. Questo è un grande rischio che io, qualche volta, ho sperimentato. E allora ho dovuto rallentare, ho dovuto riflettere e tornare indietro e dire, “Guarda, Signore, vai avanti, io ti seguo”. Sì, penso che quando il Signore ha rimproverato Pietro dicendogli “Vai dietro a me, Satana, perché tu pensi secondo gli uomini non secondo Dio! Io questo rischio, qualche volta, l’ho sperimentato».
E allora ti aspettano altri 25 anni di grande meditazione, riflessione, ma anche di grande azione da parte tua?
«Sì, di azione di grazia al Signore per i suoi benefici, per tutto quello che ha compiuto nella mia persona, è Lui che ci guida, soprattutto chiedendo anche al Signore la capacità di chiedere perdono, perché tante volte se puoi sbagliare, tante volte non ci alziamo con il piede giusto. Ti ho sempre detto che uno si deve alzare sempre sereno per vivere una giornata tranquilla e finirla in pace. E quando dico di vivere una giornata tranquilla, non vuoi dire di non avere problemi. Uno può avere dei problemi, ma deve saperli gestire con tranquillità perché si è alzato sereno. E la pace solo Dio te la può dare. Quindi è qui dove io mi abbandono al Signore. In questo percorso che mi ha fatto giungere ai 25 anni di sacerdozio sono tanti i pensieri, tanti i ricordi, partendo anche dalla famiglia di origine. Mio padre che già è morto, che il Signore gli conceda la vita eterna, prego sempre per lui, che ci ha inculcato, insieme a mia madre che sta con me in parrocchia, a vivere la fede. Sì, perché i primi passi sono in famiglia, la prima catechesi, i primi esempi della vita cristiana. Insieme ai miei tre fratelli ho vissuto i primi passi nella mia parrocchia d’origine, in Venezuela nello stato di Portuguesa, in un paese che si chiama Turén che è il granaio del Venezuela ed è composto d 37/38 cittadinanze. Infatti, dopo la Seconda guerra mondiale, così come mio nonno, tanti sono emigrati da altri Paesi, come l’Italia, la Spagna, la Germania e così via. Ho avuto un parroco che è stato 38 anni lì, spagnolo di Leon, padre Fideliana che è stato il mio maestro perché facevo il chierichetto da quando avevo 7/8 anni. Lui era molto severo, ma era un grande liturgista. Quindi anche vivere con lui la Liturgia, i momenti di preghiera e andare soprattutto in quella missione nelle contrade… Mi ricordo la parrocchia, con la chiesa principale, che aveva anche 36-38 chiesette piccole perché era un territorio grandissimo, con la frazione più lontana che stava ad un’ora e mezza in macchina. Tutta pianura, perché è una zona agricola molto bella. Ho imparato da lui a stare vicino alla gente, a vivere anche momenti difficili, a sapermi adeguare ai più bisognosi con quello che ci davano anche da mangiare. È stato un bell’esempio nell’umiltà, nella semplicità e questo per me è rimasto. Nella vita sacerdotale, insieme alla preghiera, l’Eucaristia è il centro della vita cristiana. È lì dove noi siamo chiamati, nel Signore, a fare presente questo sacramento che porta il suo corpo e il suo sangue per gli altri e soprattutto per la vita eterna. Quindi la gente in noi vede il Signore che si manifesta, nella nostra umiltà, nella nostra miseria, attraverso il compimento di questo grandioso miracolo che il Signore ci ha lasciato ed è l’Eucarestia».
Infine, don Amadeo, qual è l’invito che fai non solo ai parrocchiani, ma anche ai pescaresi tutti, per partecipare a questa Settimana del giubilo ed essere giubilari e felici all’inizio di quest’anno pastorale 2024-2025?
«La prima cosa che chiedo è la preghiera per il mio ministero sacerdotale. Che Dio mi conservi e chi mi potrà accompagnare personalmente, sarò grato di riceverlo in parrocchia così come sarò grato di celebrare l’eucaristia con l’arcivescovo monsignor Tommaso Valentinetti e gli altri concelebranti che vorranno assistere. Un pensiero va anche alle parrocchie dell’Arcidiocesi di Pescara-Penne che mi hanno accolto in questi 20 anni, che ricorreranno a ottobre, del mio ministero in diocesi. Arrivai a ottobre 2004 passando da Val Vomano, attraverso il contatto con don Simone Chiappetta che ringrazio, Penna Sant’Andrea, Montegualtieri, quindi nella parrocchia di Sant’Antonio di Padova a Montesilvano e poi nella parrocchia di San Silvestro a Pescara con don Marco Pagniello. Poi ho fatto un po’ di esperienza dando una mano anche a Fontanelle e Madonna della pace. Infine sono tornato nel Teramano a Scorrano, Montegualtieri, Poggio Le Rose e Cermignano paese. Tanti bei ricordi. Sono grato per l’accoglienza di questa terra abruzzese, che mi hanno fatto sentire a casa, anche se mio padre è di origine laziale, di Latina. Quindi rivolgo anche un ricordo a tutti i miei parenti, i miei familiari qui in Italia e a tutti coloro che potranno accompagnarci – insieme ai miei parenti e familiari – l’11 settembre per vivere questo momento di grazia e di benedizione anche con l’ingresso di don Antonio Elia Pirro come nuovo vicario parrocchiale. Rivolgo un invito speciale ai parrocchiani di San Luigi Gonzaga, che mi hanno fin qui accolto in questi due anni, e ai giovani della Pastorale universitaria che in questa parrocchia si riuniscono. Un saluto a tutti loro che il Signore li benedica. Dio benedica tutti».