Nuovo anno scolastico: «Dobbiamo condurre i nostri ragazzi al vero umanesimo»
«Siamo in un cambiamento d'epoca e non è più possibile fare il docente come l'abbiamo fatto fino a qualche decennio fa, perché la vita sta mutando sempre più rapidamente»
Ieri mattina, l’Arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti ha partecipato all’incontro “La scuola al centro”, per l’inaugurazione dell’anno scolastico 2024/2025, voluto dall’assessore alla Pubblica Istruzione e agli Asili Nido, Valeria Toppetti, nella Sala Consiliare del Comune di Pescara. Lo scopo centrale del convegno, come ribadito dalla stessa Toppetti, era «mettere al centro l’emergenza educativa, che purtroppo oggi è presente nella nostra società, lo sappiamo, non soltanto a livello locale dove sono accaduti i fatti drammatici, ma anche a livello nazionale e senz’altro internazionale. Oggi i giovani vivono un momento difficile e allora noi genitori, noi insegnanti, noi istituzioni non dobbiamo sentirci arrivati, non dobbiamo sentirci realizzati, ma dobbiamo sentirci in cammino insieme ai nostri giovani».
Dopo i saluti istituzionali di rito, affidati al sindaco Carlo Masci, al Presidente del Consiglio Regionale Lorenzo Sospiri, al Presidente della Provincia Ottavio De Martinis, al Provveditore agli Studi Pierangelo Trippitelli e alla direttrice del Conservatorio Luisa D’Annunzio il Maestro Roberta De Nicola, la parola è passata ai relatori per sviscerare le problematiche legate al rapporto giovani/adulti nella sfera educativa e relazionale, in pieno spirito di collaborazione fra tutte le figure che assumono il ruolo di guida nella fase di crescita.
«Siamo in un cambiamento d’epoca e non è più possibile fare il docente come l’abbiamo fatto fino a qualche decennio fa, perché la vita sta mutando sempre più rapidamente», così ha esordito monsignor Tommaso Valentinetti nel suo intervento affermando l’importanza di lavorare insieme per guidare i giovani nel cammino della vita. «Lo dico anche per i miei parroci, per i miei operatori pastorali, per i miei catechisti non ha più senso fare catechismo così come si faceva una volta, perché i ragazzi non recepiscono le verità della fede: dobbiamo condurli noi sui campi del vero umanesimo, che oggi sono il campo della pace, il campo della salvaguardia del creato, il campo dell’integrazione sociale, il campo della cultura, il campo dell’esperienza, di entrare in rapporto col mondo della sofferenza, col mondo della disabilità, col mondo della non valenza culturale. Questo significa avere il coraggio di essere maestri non solo docenti. Poi si pone anche il problema del rapporto con la realtà adulta – ha continuato il presule – e della valenza educativa che viene meno quando gli adulti non vogliono essere adulti, ma vogliono rimanere giovani. Detto questo io posso solo dire “Collaboriamo”, perché anche le nostre parrocchie sono in crisi, noi non abbiamo più la presenza dei giovani, prima arrivavano fino alla cresima, adesso arrivano fino alla prima comunione poi vanno via e allora collaboriamo, per una società che sia capace di ricercare un umanesimo vero così da rientrare anche dentro le dimensioni religiose».
Al tavolo dei relatori anche il Magnifico Rettore dell’Università Degli Studi Gabriele D’Annunzio di Chieti e Pescara, Liborio Stuppia e il professor Carlo Petracca, già Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale Abruzzo ormai in pensione che ha trattato il tema dell’educazione nell’era digitale. «Il covid – ha spiegato Stuppia – ha avuto un effetto devastante sulla socializzazione di questi ragazzi, che, chiusi per due anni nella loro stanza, si sono ritrovati scaraventati all’università di colpo e hanno mostrato una fragilità, che ci deve preoccupare molto. Dobbiamo stare attenti perché, in virtù di questo, molti ragazzi hanno avuto la tendenza a nascondersi, in conseguenza di ciò molti si sono iscritti alle università telematiche e hanno aumentato il circolo vizioso dello stare chiusi in camera, secondo l’idea che si potrà fare anche un lavoro in smart working e alla fine diventerà normale vivere in una stanza. L’università è proprio l’opposto: quando c’è un campus, c’è voglia di condivisione».
Il professor Petracca ha invece tenuto una vera e propria lectio magistralis per gli educatori presenti, non solo sui metodi educativi ma anche su come affrontare determinate problematiche che oggi sono sempre più predominanti nell’educazione dei ragazzi. Nel suo discorso è stata toccata la nota dolente dell’iperconnesione, ovvero la necessità di utilizzare internet a scapito delle relazioni reali: «Le tecnologie, nonostante siano state sempre un fattore di crescita, sono ambivalenti: sono utili all’uomo, ma possono recare anche danni, perché portano delle tendenze che incidono sullo sviluppo dei giovani. Chi si occupa di educazione deve anche contenere i comportamenti negativi che l’uso delle tecnologie genera nei nostri giovani».
Seduta nella platea della Sala Consiliare anche Olga Cipriano, nonna di Thomas Cristopher Luciani, il diciassettenne rimasto vittima lo scorso giugno proprio della spirale di violenza che nasce dal disagio giovanile. Presenza importante, quella di nonna Olga, che ha portato un messaggio di coraggio e di fiducia nei valori: «Oggi come oggi se non hanno un punto di riferimento i ragazzi si perdono lungo la strada, bisogna instaurare un rapporto molto diretto con loro, devono essere ascoltati, soprattutto nella scuola, che rappresenta una seconda famiglia. Oltre alla cultura, la scuola deve dare un messaggio di sicurezza ai ragazzi, rendendoli consapevoli di loro stessi».
L’incontro è stato aperto dal violino di Michelangelo Piovano Spina, che ha eseguito un allemanda e una corrente di Bach, e chiuso dall’attore Ugo Dragotti, che ha recitato un testo scritto dal medico reatino Francesco De Sanctis e intitolato Studiate.