Monsignor Cuccarese: “Ci ha lasciato il dono della carità. Io ho continuato”
"Che il Signore allora, a causa di queste realtà della vita e di queste realtà del ministero – conclude monsignor Valentinetti -, ma a causa anche di ciò che nella sua coscienza ha vissuto con più difficoltà e con più fatica, possa aprirgli le braccia del paradiso. E soprattutto possa ricevere il premio promesso ai servi fedeli"

Anche il segretario generale della Conferenza episcopale italiana monsignor Giuseppe Baturi ha fatto pervenire il suo messaggio di cordoglio, in seguito alla scomparsa dell’arcivescovo emerito di Pescara-Penne monsignor Francesco Cuccarese, avvenuta a Roma lo scorso 11 marzo all’età di 95 anni.

Ne ha dato notizia ieri sera l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti presiedendo, nella Cattedrale di San Cetteo a Pescara, una santa messa in suffragio dell’indimenticato presule emerito: «Tornato alla Casa del Padre dopo una lunga vita dedicata alla Chiesa e al Signore – ricorda l’arcivescovo di Pescara-Penne -. Una parte di questa vita, ben quindici anni, è stata spesa a favore di questa comunità diocesana. Si unisce al nostro cordoglio e alla nostra preghiera il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, monsignor Baturi, il quale in un messaggio a noi indirizzato ha rivolto al Signore suppliche e intercessioni per l’anima fedele di monsignor Cuccarese e a noi di perseverare nel cammino di fede sulle orme di tutti i vescovi di questa diocesi, soprattutto dei vescovi che intercedono per noi nella Casa del Padre». Una liturgia eucaristica concelebrata dal vicario generale don Amadeo Josè Rossi, dal parroco della Cattedrale monsignor Francesco Santuccione, dai sacerdoti del Capitolo metropolitano e da una rappresentanza dei sacerdoti dell’Arcidiocesi.

Nella successiva omelia, l’arcivescovo Valentinetti ha ricordato i segni più importanti lascati dal suo predecessore nella Chiesa di Pescara-Penne: «Meditando sul mistero della morte – osserva l’alto prelato -, che prima o poi ci rende partecipi del grande mistero della conclusione della nostra vita terrena e la grande apertura alla realtà eterna, la parola del profeta Isaia diventa più che mai attuale. In questo tempo di Quaresima, quando attraverso la liturgia domenicale abbiamo meditato sulla fede, abbiamo meditato sull’alleanza e domenica prossima mediteremo proprio sulla conversione. “Cessate di fare il male, imparate a fare il bene. Cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendente giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova”. La carità copre una moltitudine di peccati. E dentro questa logica della carità, siamo chiamati a convertirci. Una delle cose belle che Monsignor Cuccarese ha lasciato in eredità a questa comunità diocesana, e che io ho potuto apprezzare e ho potuto continuare nello stesso stile, nello stesso servizio, è stato proprio il dono della carità. Per sua opera la Caritas diocesana ha preso forma, si è sviluppata in molteplici servizi e sempre per sua volontà, nel 1999, monsignor Cuccarese, con la collaborazione dell’allora direttore della Caritas don Nicola Ielo – anche lui ormai nella Casa del Padre – inauguravano la Casa di accoglienza (Il samaritano) per i malati sieropositivi. Coloro che erano passati attraverso la malattia dell’Aids, erano rimasti coinvolti a causa della droga o di altre malattie dentro questo mondo e questa casa sussiste ancora oggi. È suo dono, è un’attenzione particolare che lui ha avuto verso “l’orfano, la vedova”, per la ricerca della giustizia, per imparare a fare il bene».

Quindi il presule ha continuato a scorrere i testi del profeta Isaia “Se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana. Se sarete docili e ascolterete, mangerete i frutti della terra, ma non vi ostinate, non vi ribellate”: «Tutti portiamo dentro il nostro cuore – ammette il presule -, dentro la nostra vita, pregi e difetti. Tutti coloro che in qualche modo sono battezzati, sperimentano costantemente la dimensione dell’esaltazione di grazia, ma l’avvilimento del peccato. Anche noi sacerdoti, anche noi vescovi. E allora possiamo forse invocare la misericordia del Signore, perché se nell’anima di questo fratello vescovo ci fosse ombra di peccato, tutto possa essere perdonato dalla misericordia di Dio. Perché lui, il Signore, ha l’iniziativa. Dice Papa Francesco che “Dio perdona sempre, Dio perdona tutto”. E allora la pagina del Vangelo, che ha richiamato particolarmente noi che abbiamo responsabilità all’interno della comunità ecclesiale, diventa fortemente vera. Perché non sono tanto le apparenze che devono qualificare la nostra vita, quanto la sostanza».

E a tal proposito, l’alto prelato ha annoverato un’altra innovazione pastorale introdotta dall’arcivescovo emerito Cuccarese: «È stato grande promotore della pastorale della famiglia – aggiunge l’arcivescovo Valentinetti -. Si è impegnato a fondo a cominciare i cammini di fede per la preparazione al matrimonio con la collaborazione di alcune coppie di coniugi, che sono ancora in mezzo a noi nonostante l’età avanzata, con la collaborazione di alcuni sacerdoti di cui qualcuno già nella casa del Padre. Ha creduto fortemente a questo principio che per potersi sposare, bisognava fare un cammino di fede e che il cammino di fede non poteva cessare celebrato il matrimonio, ma che doveva continuare. Ricordo come fosse ieri, nella sala dello Spirito Santo, una riunione della Commissione regionale della Pastorale della famiglia, quando io ero ancora sacerdote non più giovanissimo e avevo l’impegno nella mia diocesi di origine di Lanciano-Ortona. Monsignor Cuccarese scese dall’episcopio, venne e salutò tutti quanti noi. Ci salutò fraternamente, ma oserei dire paternamente, accompagnato da monsignor Vincenzo Amadio allora vicario generale. Ci abbracciò uno per uno per ringraziarci del dono che stavamo facendo nella nostra vita a questo servizio pastorale».
Quindi la preghiera di affidamento di monsignor Tommaso Valentinetti: «Che il Signore allora, a causa di queste realtà della vita e di queste realtà del ministero – conclude il presule -, ma a causa anche di ciò che nella sua coscienza ha vissuto con più difficoltà e con più fatica, possa aprirgli le braccia del paradiso. E soprattutto possa ricevere il premio promesso ai servi fedeli. Questo ci conceda il Signore per la sua grazia. Amen».