Immigrati, tra pregiudizio e “convivialità delle differenze”
«Un immigrato ogni dodici residenti». È questo il dato registrato ieri alla presentazione del Dossier Caritas-Migrantes 2010. Quasi 5 milioni – il 7% della popolazione italiana – le persone regolarmente soggiornanti con un aumento di 3 milioni di unità nell’ultimo decennio e di 1 milione nell’ultimo biennio.
«Intanto, però, – constata il Dossier – complice la fase di recessione, sono cresciute anche le reazioni negative. Gli italiani sembrano lontani, nella loro percezione, da un adeguato inquadramento di questa realtà [… ]su questa distorta percezione influiscono diversi fattori, tra i quali anche l’appartenenza politica». Nella ricerca Transatlantic Trends (2009), ad esempio, gli intervistati hanno ritenuto che gli immigrati incidano per il 23% sulla popolazione residente (sarebbero quindi circa 15 milioni, tre volte di più rispetto alla loro effettiva consistenza) e che i “clandestini” siano più numerosi dei migranti regolari.
Stesse percentuali, circa, per la piccola porzione adriatica: 84400 è il numero indicato dal Dossier alla voce Abruzzo, regione considerata “più a nord del sud” perché con il maggior numero di immigrati rispetto al meridione, il 5,7% contro il 2,7% del resto del mezzogiorno. Il 10% è la presenza di migrantes tra i 18-39 anni – fascia produttiva – il 20% i minori. Circa 19000 gli occupati nella provincia teramana, 17000 in quella teatina, 15000 nell’aquilano, 13000 nel pescarese. Diverse le nazionalità: sono presenti perlopiù rumeni, albanesi, marocchini, cinesi, venezuelani, polacchi e macedoni.
«Gli immigrati – interviene Suor Rita Esposto, comboniana responsabile a Pescara dei Migrantes – fanno lavori che gli italiani non vogliono più sostenere e, nonostante le violenze che spesso subiscono, penso soprattutto alle badanti, riescono a guadagnare per loro stessi e per le famiglie di origine. Danno servizi e contribuiscono ad alleviare la povertà: un doppio servizio».
Gli immigrati, infatti, contribuiscono alla produzione del Prodotto interno lordo per l’11,1% (stima di Unioncamere per il 2008). «Venendo essi a mancare, o a cessare di crescere, nei settori produttivi considerati non appetibili dagli italiani (in agricoltura, in edilizia, nell’industria, nel settore familiare, ecc.), il Paese sarebbe impossibilitato ad affrontare il futuro».
Come ogni anno, inoltre, il Dossier Caritas/Migrantes ridimensiona l’enfasi data al fattore criminalità con motivazioni fondate: è dimostrato che «il ritmo d’aumento delle denunce contro cittadini stranieri – tra i tanti esempi citati dal testo statistico Caritas – è molto ridotto rispetto all’aumento della loro presenza; il confronto tra la criminalità degli italiani e quella degli stranieri, ha consentito di concludere che gli italiani e gli stranieri in posizione regolare hanno un tasso di criminalità simile».
«Quanto pregiudizio! – continua suor Rita – col rischio di non percepire quanta ricchezza ci sia nella “convivialità delle diversità”. Dal contatto con gli immigrati ho riscoperto valori che noi abbiamo perso come l’accoglienza, la condivisione e quella concretezza di vita che li porta a non vivere nel mondo dei sogni, ma ad osservare con una attenzione maggiore il bisogni degli altro. Ho visto, altresì, persone deluse, perché hanno la coscienza di essere sfruttati».
Il dossier è occasione per Caritas e Migrantes per dichiararsi sulla necessità del controllo delle coste, ma anche per sottolineare che «il rigore va unito al rispetto del diritto d’asilo e della protezione umanitaria, di cui continuano ad avere bisogno persone in fuga da situazioni disperate e in pericolo di vita. Il contrasto degli sbarchi – affermano – non deve far dimenticare che nella stragrande maggioranza dei casi all’origine dell’irregolarità vi sono gli ingressi legali in Italia, con o senza visto, di decine di milioni di stranieri che arrivano per turismo, affari, visita e altri motivi».
L’ analisi svolta da Suor Rita Esposto circa la ” convivialità delle diversità ” come ricchezza ,ma che tale poi non si manifesta,dipende certamente da un fattore culturale sulla nostra incapacità dell’ accettazione degli immigrati nel nostro Paese , nei nostri luoghi quotidiani. Incombono nelle nostre menti le paure sicuramente dei nsotri bisnonni quando già nei Rom , i primi immigrati veri , vedevano i ” ladri di bambini ” e tutto ciò che questa etnia generava nell’ immagginario collettivo tanto da generare nella nostra società il rifiuto dello straniero-immigrato in quanto tale. Noi poi , popolo di conquiste di terre sparse nel mondo oggi ritrovarci ” invasi ” dagli immigrati di ” dubbia moralità ” di ” dubbi costumi ” accettare questo capovolgimento di fronte sotto il nuovo profilo demografico culturalmente ci terrorizza . Ci terrorizza di per se anche un nuovo venuto italiano in un condominio di 40 famiglie storiche di un palazzo di città , ci si guarda con sospetto, con paure e pregiudizi . Ci fa paura il ” diverso ” dalla nostra appartenenza nel nostro luogo , Paese o condominio che sia . Ma certamente l’immigrato è preso di mira perchè è comunque,poi, diverso da Noi …ma quel diverso da Noi che alla fine ci fa comodo da poterlo sfruttare contro i suoi diritti civili e umani per fini unicamente di utilità economica il più delle volte se non poi arruorarlo nei clan criminali per spaccio di droga e sfruttamento della prostituzione o nell’ organizzazione di traffici di umani dalle varie sponde del mediterraneo per lo sfruttamento della manovalanza per esempio in agricoltura , i cosidetti nuovi schiavi. E allora dinanzia a questo panorama di basso livello umano /culturale come è possibile percepire la ricchezza nella ” convivialità delle diversità ” se non si riscopre nelle nostre coscienze il valore dell’ uomo , dell’ essere umano titolare per natura divina del diritto alla vita e alla dignità ? Come riusciamo a vedere nell’ immigrato un nostro fratello ed accettarlo come tale nelle sue diversità culturali se non predisponiamo il nostro cuore alla sua accoglienza come il Cristo ci ha insegnato a mezzo della sua Parola ? Ma sono troppi gli egoismi che si insediano nei nostri cuori e che rendono impossibili ,talvolta , passi umanitari di disponibilità fraterna . Sono processi culturali molto lunghi che la nostra società fa fatica a recepire maggiormente oggi in un regime di crisi economica che ci vede l’ uno contro l’altro in una competizione di ” sopravvivenza ” e dove certamente l’immigrato costituisce la nostra ” minaccia ” .